CATANIA – Era stato assolto nel troncone di primo grado con la formula del rito abbreviato per non aver commesso il fatto. Maurizio Zuccaro è tornato nelle aule di piazza Verga per assistere personalmente alla parte di requisitoria dell’appello del processo “Iblis” che il Procuratore Generale Gaetano Siscaro gli ha dedicato. L’esito finale, non l’avrà lasciato soddisfatto, nonostante uno sguardo freddo e impassibile: “Chiedo – ha affermato il Pg rivolgendosi alla Corte presieduta dal giudice Tafuri – che venga riformata la sentenza di primo grado e che l’imputato venga condannato”. L’entità della richiesta, in termini numerici, si saprà però soltanto dopo le festività, successivamente toccherà agli avvocati difensori prendere la parola per le repliche.
Il grande accusatore. A puntare con decisione il dito contro Maurizio Zuccaro, è stato su tutti Santo La Causa. L’ex reggente operativo della famiglia mafiosa dei Santapaola, diventato collaboratore di giustizia nel 2012. In un interrogatorio fiume datato 25 maggio, La Causa, conosciuto tra gli affiliati con lo pseudonimo di “Marco” riferiva particolari inquietanti su imprenditori vessati, estorsioni, ma anche affari in cui sarebbe rientrato l’imputato, da un prestigioso lido balneare lungo la costa fino alla partecipazione in una società che avrebbe gestito una tra le più rinomate location della movida ai piedi dell’Etna.
Il fulcro della vicenda sarebbero però quello riguardante gli attriti che secondo La Causa ci sarebbero stati tra Zuccaro e Angelo Santapaola, vittima della lupara bianca nel 2007 e su cui è in dirittura d’arrivo un altro processo sempre all’interno del filone processuale dell’inchiesta “Iblis”. “Dopo la mia ultima scarcerazione – spiegò il collaboratore ai magistrati – nell’anno 2006, io venni messo al corrente dei problemi che Zuccaro aveva con Angelo Santapaola […]I rapporti poi tra loro divennero tesi perché Santapaola non tollerava affatto il comportamento di Zuccaro, volendo assumere egli il comando assoluto del gruppo”. Una diatriba tutta interna che, sempre stando alle parole di La Causa, portò Zuccaro addirittura ad ordinare l’uccisione di Santapaola. Il progetto tuttavia non venne portato a compimento: “perché venne subito conosciuto da Santapaola poiché Rainondo Maugeri era a quest’ultimo legato da rapporti di amicizia”. Dichiarazioni, quelle di La Causa, valutate però dal giudice di primo grado nel luglio 2012 come insufficienti dal punto di vista logico e normativo. La Corte adesso sarà chiamata a una nuova valutazione delle prove, dopo l’appello dei Pm di primo grado, Antonino Fanara e Agata Santonocito.
Per Zuccaro, cognato di Vincenzo Santapaola e nipote di Benedetto Santapaola, in passato era già arrivata la condanna all’ergastolo. Il boss è stato ritenuto dai giudici il mandante dell’omicidio di Salvatore Vittorio, affiliato al clan Puglisi-Savasta, i cui resti vennero recuperati soltanto nel 2011 all’interno di un pozzo in contrada Vaccarizzo, dopo una segnalazione anonima. Coinvolto anche nel procedimento “Dionisio”, Zuccaro, è uno dei nomi chiavi che compaiono all’interno dell’inchiesta sulla morte di Luigi Ilardo.