PALERMO – La data è fissata e sul calendario del comune di Palermo è anche cerchiata in rosso: sarà il 31 luglio il momento della verità. Perché se entro quella data la quinta città d’Italia non avrà approvato il bilancio di previsione 2021 e non ci saranno altri rinvii da parte del governo nazionale, Palazzo delle Aquile andrà spedita verso la dichiarazione del dissesto.
Non che al momento la situazione sia rosea, visto che di fatto la spesa del capoluogo siciliano è bloccata e, al di là delle uscite strettamente necessarie, tutto il resto è praticamente fermo. Le relazioni della Ragioneria generale di via Roma da mesi intasano la caselle elettroniche di giunta e consiglio comunale e il grido d’allarme è sempre lo stesso: non ci sono abbastanza soldi. O meglio, quelli che ci sono vanno destinati agli accantonamenti previsti dal legislatore e per Palermo valgono ogni anno centinaia di milioni, col risultato che la liquidità è quasi azzerata e si fa ricorso sempre più spesso alle (onerose) anticipazioni di tesoreria.
Una situazione che è divenuta sempre più critica col passare dal tempo, anche se adesso la “deadline” è ben visibile all’orizzonte. Secondo l’ultima relazione degli uffici, al comune di Palermo servirebbero la bellezza di 130 milioni di euro: il deficit strutturale è di 79,3 milioni, il che significa che questa somma che già manca nel 2021 si ripeterà anche nel 2022; ma per quest’anno bisognerà aggiungervi anche i 51 milioni del fallimento Amia. Nel 2019 il Comune non ha incassato 52,4 milioni di euro di Tari e nel 2020 è andata anche peggio, arrivando a 57,6 milioni; l’anticipazione di tesoreria al 25 maggio è arrivata a 156,6 milioni, la più alta di sempre; ci sono 81 milioni di perdite nelle società partecipate (accantonati) e 7,4 milioni di partite di disallineamenti, oltre alla diffida Amat da 111 milioni. Per non parlare degli 800 milioni mai incassati in dieci anni.
Il risultato è uno squilibrio strutturale a cui non sarà possibile rimediare in alcun modo, a meno che non intervenga lo Stato con un “salva-Palermo” sulla falsa riga di quanto già si ipotizza per i comuni di Roma o Napoli. L’obiettivo del sindaco Leoluca Orlando è di evitare a tutti i costi la dichiarazione del dissesto che, per legge, compete al consiglio comunale su relazione degli uffici. Al momento non sembrano esserci alternative, ma il dissesto rappresenterebbe una macchia indelebile per la pluridecennale carriera politica del Professore che, pur di evitarla, le sta tentando tutte. Orlando, anche nella veste di guida dell’Anci siciliana, ha avanzato alcune proposte legislative, in primis l’inserimento della Tari in bolletta al pari del canone Rai, ma al momento nessuna sembra possa concretizzarsi in tempi così rapidi.
La speranza di Palermo di evitare il dissesto è legata o a un trasferimento eccezionale una tantum, magari per tutti i comuni dell’Isola, o a un allentamento dei vincoli di bilancio per gli enti locali, magari grazie a un intervento del Partito Democratico di Enrico Letta con cui Orlando è tornato a parlare in questi mesi, facendo risbocciare un amore che dovrebbe sfociare in un matrimonio alle prossime elezioni. Altrimenti il dissesto sarà inevitabile.