PALERMO – È la storia di un “amore criminale” quello che viene fuori dalle parole di Salvatore Maniscalco. Di una relazione tormentata finita nel più tragico dei modi. Da alcuni giorni l’uomo, muratore di 38 anni, si trova in carcere con l’accusa di avere assassinato la moglie Concetta Conigliaro, scomparsa il 9 aprile scorso da San Giuseppe Jato, e di averne bruciato il cadavere. Non è più il solo indagato. L’ipotesi di favoreggiamento, infatti, viene contestata a Vincenzo e Antonio Caltagirone, padre e figlio, parenti di Maniscalco e proprietari del magazzino dove era nascosto il fusto dentro il quale sarebbe stato bruciato il corpo di Concetta. Assieme al presunto omicida raccoglievano il ferro abbandonato per le strade. “I due indagati si professano estranei ai fatti – spiega l’avvocato Giuseppe Pinella -. La vicenda che li riguarda è assolutamente marginale. Il racconto di Maniscalco sulla loro collaborazione lavorativa ha causato quella che consideriamo un’incomprensione investigativa che speriamo di chiarire al più presto”.
Il legale è stato convocato per assistere al conferimento dell’incarico al medico legale che analizzerà i resti umani bruciati. Non è detto che si riesca ad estrarre il profilo genetico per avere certezza che siano le ossa di Concetta. Non sono mancati due piccoli colpi di scena. Umane sono le ossa trovate dentro il fusto, è umane sarebbero pure, a differenza di quanto inizialmente emerso, quelle avvolte nel giubbotto di Concetta che qualcuno abbandonò qualche giorno dopo la scomparsa davanti all’abitazione della mamma della vittima. Resti di animali, probabilmente di un cane, sarebbero, invece, quelli avvolti in un sacco bianco accanto al fusto e che per questo si era pensato potessero appartenere alla vittima.
Maniscalco ha fornito più versioni dei fatti. Di certo ha ammesso di avere distrutto il corpo con il fuoco nel corso di un interrogatorio di difficile comprensione anche per le carenze linguistiche dell’indagato. Maniscalco, infatti, è analfabeta. In presenza del suo avvocato e del pubblico ministero ha confermato una serie di circostanze pur cambiando parecchie versioni, ma la sua non è stata una confessione. Concetta, infatti, a suo dire, sarebbe morta per un incidente.
Maniscalco ha innanzitutto ricostruito la storia di una profonda crisi coniugale: “Se n’è andata la prima volta nei miei zii, dice io voglio andare via da te e dai bimbi… è scappata di casa”. Maniscalco non si è mai rassegnato: “Io per dirci la verità, davanti a Dio, l’ho andata a prendere soltanto per i miei figli non volevo distruggere questa famiglia, forse ho sbagliato”.
La relazione era ormai naufragata: “Dopo è andata via di casa di nuovo ed è andata da un’amica… dopo è andata da sua madre… ho abbassato la testa davanti a Dio e ho andato a prenderla… dice voglio stare per i fatti miei tranquilla e l’ho lasciata nella sua stanza… facevo tutto io a casa”.
Maniscalco non ha tralasciato particolari per descrivere il rapporto burrascoso con la moglie: “… sempre mi ha alzato le mani, colpi di bastone, di scopa… hanno venuto i carabinieri”. Il peggio sarebbe accaduto al termine dell’ennesima lite. Il giudice Lorenzo Matassa ha cercato di cristallizzare nei ricordi di Maniscalco, confusi o presunti tali, gli ultimi istanti di vita della donna: “Quel giorno è venuta, lei comincia a picchiarmi davanti la gente là vicino, è entrata a casa nostra… diceva basta questo matrimonio è finito voglio andare via da questa situazione… ha cominciato a darmi botte.. io l’ho presa con le mano, il muro… ed io ci ho detto statti ferma… i bimbi erano giù… ci ho detto scendete perché la mamma è arrabbiata… al modo che è caduta a terra ha sbattuto la testa a terra e ho fatto una cosa brutta… davanti a Dio i bimbi non c’erano… non ce n’è coltello…”.
Maniscalco, dunque, ha ammesso di essersi macchiato di “una cosa brutta”, negando, però, di avere colpito Concetta con un coltello. Una circostanza emersa dai ricordi di una delle figlie. Il racconto è proseguito con un’altra ammissione: “Non ho capito più niente”. Le domande sono diventate incalzanti. Come l’ha colpita? “Con le mani… coltelli queste cose non ce n’è stato… diciamo che lei è caduta a terra e io invece di aiutarla perché lei soffre… quando si arrabbia ci manca il respiro… l’ho chiamata e non mi rispondeva. Ci ho messo la mano così e ho visto che non respirava più, ho preso una bottiglia d’acqua ce l’ho buttata sopra e non rispondeva più”.
Perché non ha chiamato un’ambulanza? “Ho sbagliato… e non ho chiamato a nessuno, perché volevo prendere che lei diceva tu devi andare in galera. Momenti di testa che ho sbagliato…”. Maniscalco non l’avrebbe soccorsa perché sapeva che il desiderio della moglie era di vederlo in galera. Un desiderio che poteva essere soddisfatto solo con la morte della ragazza: “… l’ho presa che io al momento non capivo più niente e l’ho messa sopra la macchina… così per come era vestita… in braccio… invece di aiutarla l’ho fatta proprio fuori… fuori a nasconderla per non fare capire niente a nessuno… ho visto così e la testa non capivo più niente e ho fatto questa cosa”.
L’ha bruciata? “Sì”. E la benzina? “L’ho comprata prima, io lavoro in campagna e mi serviva per lavorare… davanti a Dio nessuno mi ha aiutato”. Le indagini dei carabinieri del gruppo di Monreale non escludono, infatti, che Maniscalco sia stato aiutato nella fase di distruzione del cadavere.
Ha utilizzato un bidone? “Sì”. E le ha dato fuoco? ”Sì, me sono andato, perché avevo la coscienza sporca”. Com’era vestita? “Jeans, giubbotto rosso”. E le ha tolto il giubbotto prima di bruciarla? ”No”. Altro punto controverso: il giubbotto è lo stesso abbandonato nei pressi dell’abitazione della madre di Concetta, alcuni giorni dopo la scomparsa.
I carabinieri hanno stretto il cerchio su Maniscalco anche perché l’uomo ha inserito la sim del telefonino di Concetta nel suo cellulare. Un gesto giustificato dall’uomo “per farci capire ai carabinieri che sono stato io”. Fin qui le fasi della morte di Concetta e l’occultamento del cadavere. È stato lo stesso Manoscalco ad accompagnare i militari dove il corpo è stato bruciato, un fusto arrugginito abbandonato in campagna. È lo stesso luogo dove i carabinieri lo avevano visto dopo la scomparsa della moglie: “Ero andato là a prendere un po’ di verdura”, si è giustificato davanti al magistrato.
Nel corso dell’interrogatorio è emerso anche il possibile movente del delitto, e cioè la gelosia. Maniscalco ha raccontato di essere stato tradito dalla moglie. Ha parlato di un uomo: “Me lo sono visto a casa che i vicini mi hanno chiamato e mi hanno detto c’ha un altro a casa”. Un uomo “un po’ magro, lungo due metri” con cui lui ha visto uscire Concetta: “Erano mano con mano che uscivano di casa e ho fatto le foto e dopo hanno venuto i carabinieri”. Un uomo che lui stesso ha affrontato.: “Gli ho detto hai fatto giusto quello stai facendo? Dice tua moglie non ne vuole sapere più di te e ci ho avvicinato però io non volevo litigare”.