CATANIA – Concorso esterno in associazione mafiosa, concorso in un presunto trasferimento fraudolento di beni e peculato. Anche, quest’ultima ipotesi, aggravata dall’aver favorito il clan mafioso dei barcellonesi. Sono le accuse che la Dda di Messina contesta a Salvatore Virgillito, presidente 60enne dell’Ordine dei Commercialisti di Catania.
Accuse che scaturiscono dal suo ruolo di amministratore giudiziario della ditta Bellinvia, confiscata al clan Ofria di Barcellona. Solo che Virgillito, secondo gli inquirenti, di fatto avrebbe consentito alla famiglia mafiosa di tornare a mettere le mani nella società. Il presidente è detenuto a Bicocca.
L’interrogatorio
Virgillito non si è sottratto all’interrogatorio di garanzia. Ha risposto per circa 4 ore al gip Salvatore Pugliese, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nell’ordinanza il giudice riconosce la sussistenza, in questa fase, delle esigenze cautelari. Virgillito ha parlato, per professarsi innocente.
Assistito dagli avvocati Alberto Gullino e Angelo Mangione, ha respinto le accuse. E i suoi legali hanno già fatto sapere che stanno per presentare ricorso al Tribunale della Libertà di Catania. Spetterà al collegio dei giudici, dunque, valutare la sua posizione.
Le ipotesi di reato
Tra le ipotesi di reato contestate al presidente dell’Ordine dei Commercialisti, come detto, c’è l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa “per avere contribuito“, sempre secondo l’accusa, “senza farne parte, agli scopi dell’associazione mafiosa”. Il tutto fino a giugno 2024.
Lo avrebbe fatto, stando alla prospettazione dei pm che coordinano le indagini, “in violazione degli obblighi connessi alla qualità di amministratore giudiziario dell’impresa”. Avrebbe consentito che l’attività dell’azienda fosse di fatto gestita da appartenenti alla famiglia del vecchio proprietario.
Il “concorso esterno”
Avrebbe taciuto all’autorità giudiziaria – e comunque ridimensionando – il ruolo svolto da loro. Non avrebbe detto nulla “sugli incontri che ha avuto con alcuni appartenenti alla famiglia Ofria”, che sarebbero stati “sistematicamente presenti, senza averne titolo, nei locali aziendali”.
E “non avrebbe adottato alcuna cautela, atta a evitare la distrazione, dalle casse aziendali, di ingenti somme di denaro, costituenti introiti in nero percepiti dall’impresa, a frante della vendita di pezzi di ricambio di veicoli”.

