Confesercenti, Felice: "Le partecipate| non siano un ammortizzatore sociale" - Live Sicilia

Confesercenti, Felice: “Le partecipate| non siano un ammortizzatore sociale”

QUALE PALERMO PER PALERMO
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Alla vigilia di una campagna elettorale che eleggerà il successore di Diego Cammarata, la Confesercenti palermitana, per bocca del presidente Giovanni Felice, traccia un bilancio degli ultimi dieci anni e chiede al prossimo sindaco provvedimenti immediati per lo sviluppo. E fa un appello al consiglio comunale per un patto sulle cose da fare nella prossima consiliatura che accorci i tempi della burocrazia e dei processi decisionali sulle scelte strategiche per la città: “Palermo non può più aspettare”.

Partiamo da questi ultimi dieci anni. Come giudica il doppio mandato di Diego Cammarata?
“Nella prima sindacatura è stato portato avanti un lavoro progettuale che era già stato avviato in precedenza, sono state definite opere messe in cantiere da chi c’era prima, anche se non tutte sono state ultimate. In fase di attuazione si è visto qualcosa, in fase progettuale poco o nulla. La seconda sindacatura è invece coincisa con una fase di stanca, c’era ben poco da progettare. In questi ultimi quattro anni sono cambiate radicalmente le cose, è cominciata una crisi che ha portato al taglio dei trasferimenti, sono sorte difficoltà economiche impreviste e la giunta non è stata in grado di operare una selezione delle scelte strategiche per gli investimenti”.

Non salva proprio nulla?
“Il fatto che stia finendo”.

A quali risultati ha portato l’interlocuzione fra gli esercenti palermitani e l’amministrazione attiva?
“In questi giorni, con la mente, ho ripercorso il film degli ultimi dieci anni. Ricordo i tavoli di concertazione per la città, specie per la grande isola pedonale di cui si è discusso tanto. Eravamo disponibili a un confronto, a un ragionamento ma siamo stati oggetto di accuse e veleni. Adesso emerge la verità: non era un provvedimento di sviluppo, ma solo un provvedimento per il traffico. Non puoi chiudere il transito solo al traffico privato, ovvero quello dei clienti, e lasciare quello pubblico. Ecco perché ci opponevamo e i fatti ci hanno dato ragione. L’isola pedonale ha un senso se vissuta, se arredata nel modo giusto; se ci sono gli autobus parliamo di un’altra cosa. Quello che rimproveriamo di più a questa amministrazione è che non sono stati adottati provvedimenti per i piccoli commercianti rispetto ai grandi centri commerciali. Abbiamo chiesto di reinvestire nelle piccole attività gli oneri di urbanizzazione dei grandi gruppi internazionali, ma nulla di tutto questo è stato mai fatto”.

Cosa si aspetta dalla prossima campagna elettorale?
“Questa città non può permettersi sei mesi di campagna elettorale, più un anno per il riequilibrio con un sindaco che non capisce come muoversi. Vorrei che la politica si assumesse la responsabilità di un grande patto per la città da fare ora, al di là dell’amministrazione attiva, lo faccia il consiglio comunale eventualmente, e si determinino adesso le linee guida da seguire all’indomani delle elezioni. Se dobbiamo aspettare la trafila delle decisioni, con gli atti che dal sindaco vanno agli uffici e poi al consiglio, ci vorrà troppo tempo e la città non può aspettare. Ci vuole un salto di qualità, anziché della campagna elettorale i consiglieri compiano un atto d’amore per la città ragionando su alcune iniziative fondamentali, partendo dal bilancio e individuando investimenti e opere necessarie”.

Quali temi vorreste che fossero al centro della campagna elettorale?
“Stiamo tentando uno sforzo comune, insieme alle altre categorie, cercando con la consulta delle piccole e medie imprese di individuare temi comuni, al di là delle appartenenze politiche: ci vuole una condivisione dei principi e non dei singoli atti. Per esempio, bisogna fare una distinzione tra l’assistenza sociale e il lavoro: le società partecipate sono ammortizzatori sociali e non è possibile, se c’è un problema sociale si usano gli strumenti tipici, gli ammortizzatori, non si possono investire ingenti somme in società che non funzionano. Se avessimo dato lo stipendio minino garantito, avremmo potuto investire le altre risorse nelle opere pubbliche. Abbiamo trasformato l’assistenza sociale in lavoro e questo ha drenato tutte le risorse”.

Le partecipate sono, quindi, uno dei problemi più impellenti…
“Lo stesso sindaco dice che le partecipate sono un problema, ma si giustifica dicendo di averle ereditate. Ma le stabilizzazioni più recenti le ha fatte lui. Sostiene di averle trovate? Poteva mettere un punto fermo e cambiare registro. Il rapporto con lo Stato centrale non doveva essere inteso come una elemosina, ma era necessario sedersi attorno a un tavolo per trovare una soluzione al problema”.

Come vorrebbe che fosse Palermo fra dieci anni?
“Noi ci occupiamo di commercio, che è florido se la città è vivibile. Dobbiamo ragionare sulle infrastrutture, come la seconda circonvallazione, un’opera che dovrebbe consentire l’attraversamento esterno della città collegando la Provincia con l’aeroporto, un’opera necessaria anche per le Madonie. Non abbiamo strutture per il turismo congressuale; sappiamo che il turismo da solo non basta, ma può darci una grande mano. Siamo il capoluogo, la capitale di un’Isola e non lo sfruttiamo questo vantaggio. Siamo al centro del Mediterraneo, dovremmo dialogare con il Nord Africa ma non siamo in grado di farlo. Ci vuole un aeroporto che sia veramente internazionale, perché lo sviluppo va di pari passo con i collegamenti. Arrivando a Punta Raisi, dovrei metterci un’ora per arrivare ad Agrigento. Ci vuole un ragionamento con i comuni limitrofi, capire su cosa puntare, un coordinamento insomma sui temi dello sviluppo”.

In che stato è l’economia palermitana?
“La situazione è molto preoccupante. I negozi chiudono, viene una stretta al cuore vedendo tanti negozi abbassare la saracinesca. La situazione economica che è pesante. Ma non abbiamo un interlocutore in questi processi, c’è una rete commerciale troppo ampia rispetto al bacino d’utenza. Questo processo andava guidato, il problema della grande distribuzione è complesso. Il sindaco della città capoluogo dovrebbe farsi promotore di un progetto di sviluppo del territorio”.


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