PALERMO – Un vero e proprio tsunami. Travolgente. E che rischia di lasciare dietro di sé soltanto macerie. È una analisi impietosa quella del presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante. Che, a due giorni da un voto che ha di fatto consegnato un Paese all’ingovernabilità con un pareggio al Senato tra il centrosinistra di Pierluigi Bersani e il centrodestra Silvio Berlusconi, afferma senza giri di parole: “Se non si dovesse trovare una soluzione, nel giro di sei mesi l’Italia è destinata alla bancarotta di mercato”.
Un vortice ingestibile, che ha già fatto capolino portando lo spread, ossia il differenziale tra i Btp e i Bund, a quota 350 punti per poi ripiegare leggermente a 344 in chiusura (sopra comunque la cosiddetta quota Monti, il livello considerato gestibile pari a 287 punti) e Piazza Affari in profondo rosso a -4,89%. “Un Paese credibile – commenta Montante – è attraente per gli investitori stranieri e per le proprie imprese. Un Paese instabile, viceversa, fa scappare chiunque voglia fare impresa. E questo non possiamo permettercerlo, soprattutto se si considera il fatto che quelle poche aziende che ancora resistono, sono ormai allo stremo delle forze”.
Ma tant’è. Le urne parlano chiaro. E senza un accordo forzato tra quegli stessi partiti nemici giurati fino a due giorni fa, il governo non si potrà fare. E a rendere più complesso il rompicapo, questa volta c’è anche il ciclone Grillo che, con percentuali da record, ha fatto man bassa di voti garantendosi 54 senatori (di cui 6 eletti in Sicilia) e 108 deputati (di cui 13 made in Sicily).
“Il Movimento 5 Stelle – afferma il presidente degli industriali – ha saputo interpretare le esigenze del Paese. Cosa che non hanno fatto i partiti tradizionali. Il successo di Grillo è direttamente proporzionale all’incapacità dei suoi competitor di evolversi. Grillo è andato nelle piazze, ha parlato con la gente. E il fatto che in una terra irredimibile come la Sicilia, Grillo abbia fatto l’en plein è un dato che deve fare riflettere”.
Quindi il capo degli industriali dell’Isola si sofferma sulla campagna elettorale: “In un Paese dilaniato dalle problematiche socio-economiche, dalla crisi finanziaria dovuta all’indebitamento e dalla mancanza di liquidità delle piccole e medie imprese (ossia il 60 per cento del tessuto economico italiano), che non riescono ad accedere al credito, nessuno dei candidati ha parlato di sviluppo, di programmi per proteggere i marchi storici italiani, di tutela delle nostre aziende”.
Una bocciatura completa, insomma. “Ma bisogna guardare al futuro – aggiunge – e ciò che serve è una azione di grandissima responsabilità non per fronteggiare il Movimento 5 stelle, che è ormai una realtà, ma per dare delle priorità al Paese”. Quindi dice: “Ciò che manca, e metto la Sicilia al primo posto, è un piano industriale per far vedere ai potenziali investitori ciò che si intende fare nel prossimo futuro e soprattutto i tempi che si intendono rispettare. Se questo non avverrà, da qui al prossimo giugno gli imprenditori scapperanno”.