CATANIA – Una “filiera di carburante di contrabbando” messa in piedi da presunto sodalizio criminale operativo nell’asse Sicilia Campania. Sono i particolari dell’indagine – coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica etnea – emersi quest’oggi nel corso delle conferenza stampa tenutasi nella sede comando della Guardia di Finanza etnea poche ore dopo il blitz scattato alle prime luci dell’alba. Oltre 150 finanzieri del Comando Provinciale di Catania, hanno eseguito 29 misure cautelari personali di cui 14 arresti domiciliari e 15 provvedimenti di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, nonché il sequestro preventivo di 25 impianti di distribuzione stradale di carburante ubicati tra le province di Catania, Ragusa, Siracusa ed Enna.
Gli indagati dovranno rispondere di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di prodotti petroliferi immessi nel mercato nazionale in evasione d’imposta (Accise e IVA), utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, falso ideologico, frode in commercio e turbata libertà del commercio.
Dalle indagini sono emersi due sistemi di frode attraverso cui sarebbe avvenuto l’approvvigionamento di carburante di “contrabbando” ad opera degli indagati. Un’attività che sarebbe stata perpetrata dalla presunta consorteria criminale grazie alla compiacenza di alcune stazioni di servizio a cui si appoggiavano. Nello specifico il primo canale illegale di fornitura riguarda l’utilizzo di gasolio agricolo (prodotto destinato alle macchine agricole e sottoposto a tassazione agevolata). Il carburante sarebbe stato prelevato da un deposito di Scordia, gestito dalla “G.p. carburanti del F.lli Mauro e Augusto Pillirone” e, mediante la presentazione di falsi documenti, i “libretti” U.M.A. (Utenti Macchine Agricole) sui quali sistematicamente gli indagati annottavano i prelievi di carburante agevolato. Il gasolio, in realtà, non sarebbe poi stata utilizzato per macchine agricole, ma “dirottato” e venduto ad autotrasportatori attraverso rifornimenti abusivi effettuati in zone di sosta e capannoni. Queste aree, secondo le accuse, sarebbero state gestite in assenza di qualsiasi precauzione antincendio e in spregio a ogni norma di sicurezza, con rischi elevatissimi per l’incolumità di coloro che si trovavano a maneggiare il prodotto ovvero in transito nell’area.
Il secondo canale, invece, riguarda il carburante per autotrazione, proveniente sì da regolari raffinerie e depositi commerciali siciliani e campani, ma poi commercializzato senza l’applicazione dell’IVA ricorrendo a documentazione di trasporto e fatture contraffatte. Gli indagati avrebbero falsificato i documenti compilandoli con destinatari diversi da quelli reali.
Nel presunto sistema delittuoso era coinvolta anche una società “cartiera” che, oltre a consentire il mancato versamento dell’IVA, risultava completamente sconosciuta al fisco. Il carburante prelevato tramite le società “CO.ME.CO srl” di Siracusa e la “Petrol Service S.a.s, sarebbe stato rivenuto senza l’applicazione dell’IVA pari al 21%. Ciò sarebbe stato possibile redigendo false dichiarazioni d’intento emesse dalla società “cartiera” campana “GI.SA.PE. s.r.l.”, amministrata formalmente Luigi Barbato – in realtà già titolare di un salone da parrucchiere – secondo le quali il prodotto era fittiziamente destinato all’estero in esenzione di imposte. In realtà il carburante non lasciava mai il territorio siciliano: qui veniva invece immesso nel mercato attraverso i canali ufficiali di vendita e utilizzando distributori stradali di carburanti prevalentemente localizzati a Catania e in provincia che lo rivendevano ai normali prezzi di cartellino (quindi applicando l’IVA) a ignari consumatori finali.
A completare il circuito criminale – secondo gli investigatori – ci sarebbe anche Francesco Tomarchio, all’epoca dei fatti dipendente di un’azienda che si occupava della manutenzione di impianti, esperto nella manomissione del conta litri delle colonnine dei distributori di carburante: la contraffazione dei contatori si rivelava essenziale sia per eludere i controlli fiscali sulle giacenze di carburante sia per aggirare le ispezioni delle stesse società petrolifere in quanto, proprio attraverso l’aggiustamento del contalitri, il prodotto di “contrabbando” erogato non veniva contabilizzato, perdendosi così ogni traccia del suo passaggio.
Tra i 14 soggetti arrestati, rivestivano il ruolo di promotori e organizzatori dell’associazione a delinquere: Sergio Leonardi, il “Capo”, gestore di fatto di un distributore stradale di Catania e principale artefice dell’opera di “convenzionamento” dei distributori ossia di ricerca sul mercato di operatori commerciali compiacenti, che si avvaleva della collaborazione di Eugenio Barbarino (titolare della PETROL SERVICE di Catania), Alessandro Primo Tirendi (Titolare della TIROIL Srl di Catania) e Damiano Sciuto (cognato di Leonardi e gestore “formale” di distributori stradali) per la realizzazione del secondo sistema di frode anche ricorrendo alla società cartiera campana “GISAPE” amministrata effettivamente da Giuseppe Savino; Giuseppe Forte, un pensionato catanese, “broker” nel settore del “gasolio agevolato” che operando, tra l’altro, con l’ausilio del figlio Salvatore (addetto alla fase di distribuzione e commercializzazione) si occupava delle forniture di carburante agricolo e della successiva cessione a clienti complici generalmente rappresentati da autotrasportatori.
Nei confronti di altri 15 indagati è stata applicata la misura dell’obbligo di presentazione, tra questi compare anche la figura di Salvatore Messina, organico al Clan “Cappello”. Un “criminale di spessore” – così come lo hanno definito gli inquirenti – attualmente detenuto nel carcere di Caltanissetta per il reato di associazione mafiosa, che sarebbe stato particolarmente attivo nella distrazione dagli usi consentiti del gasolio agricolo nonché nella ricerca di illeciti canali di approvvigionamento del carburante.
Ma l’indagine, nell’ambito della quale risultano indagate circa 100 persone, ha consentito di ricostruire una rilevante frode fiscale non limitata alle sole imposte (Iva e Accise) gravanti sul carburante contrabbandato. I dati acquisiti nel corso delle indagini di polizia giudiziaria, infatti, sono stati utilizzati dalla Guardia di Finanza per l’avvio di verifiche fiscali nei confronti di aziende coinvolte nelle illecite attività. In tale ambito, è stata rilevata la sottrazione a tassazione di oltre 45 milioni di euro in materia di imposte dirette, Iva per circa 30 milioni di euro, accisa per circa 4 milioni di euro e Irap per oltre 1,5 milioni di euro.
L’elevato volume di carburante contrabbandato, “stimabile in oltre 1.200.000 litri, – scrivono investigatori – “lascerebbe appena comprendere l’entità del danno provocato ai commercianti onesti dello specifico settore effetto della sleale concorrenza praticata dagli indagati, in beffa agli ignari consumatori che pagavano a prezzo pieno il carburante di contrabbando, e alle compagnie petrolifere all’oscuro del passaggio sotto traccia, attraverso loro distributori stradali, del prodotto in contrabbando”.
Tutti i nomi: Tra i promotori della presunta “filiera di carburante di contrabbando” finiri agli arresti domiciliari Sergio Leonardi, Giuseppe Forte, Tirendi Alessandro, Salvatore Carlo Forte, Eugenio Barbarino, Damiano Sciuto, Giuseppe Savino, Giancarlo Sardella, Angelo Laudani, Salvatore Sporto, Luigi Barbato, Natale Forte.