Contrada, rabbia e speranza: | "Ho servito fedelmente lo Stato" - Live Sicilia

Contrada, rabbia e speranza: | “Ho servito fedelmente lo Stato”

''Rifarei tutte le cose che ho fatto e non mi pento di nulla. Sono altri che non dovrebbero più fare le cose che hanno o non hanno fatto e pentirsi del loro comportamento. Non mi riferisco solo ai mafiosi pentiti, miei accusatori, ma anche, purtroppo, a qualcuno appartenente alle istituzioni''. Torna a parlare Bruno Contrada.
L'intervista
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”Rifarei tutte le cose che ho fatto e non mi pento di nulla. Sono altri che non dovrebbero più fare le cose che hanno o non hanno fatto e pentirsi del loro comportamento. Non mi riferisco solo ai mafiosi pentiti, miei accusatori, ma anche, purtroppo, a qualcuno appartenente alle istituzioni”. Torna a parlare e sembra lanciare messaggi Bruno Contrada, ex poliziotto e numero 2 del Sisde (servizio segreto civile) che sta finendo di scontare una condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo fa con l’ANSA tramite il suo legale Giuseppe Lipera. Dal 2008 in detenzione domiciliare nella sua casa di Palermo per gravi motivi di salute, a 80 anni Contrada cerca ancora la riabilitazione: il 5 giugno la Cassazione esaminerà il ricorso per la revisione del processo. L’annullamento della condanna in secondo grado per lo stesso reato del senatore del Pdl Marcello Dell’Utri, un mese fa, gli dà nuove speranze. L’ex capo della squadra mobile di Palermo e dirigente della Criminalpol sostiene di essere stato condannato solo per le accuse di mafiosi che volevano vendicarsi o che erano imbeccati da qualcuno.

”Su tali istigatori e suggeritori ho idee e sospetti – scrive Contrada -, ma non avendo prove non accuso nessuno”. ”Si accerterà e proverà che ho servito fedelmente lo Stato e le sue Istituzioni – dice -. Ma probabilmente quel giorno lo vedranno i miei figli e nipoti”. Nel ricorso si denuncia come irregolare il mancato inserimento nel fascicolo processuale del verbale del pentito Vincenzo Scarantino, che lanciò accuse false a Contrada, come accertato dal pm di Palermo Antonio Ingroia che lo interrogò. Scarantino fu il perno del processo sulla strage di via D’Amelio, demolito negli ultimi anni dalle rivelazioni del mafioso Gaspare Spatuzza. Contrada parla poi di Massimo Ciancimino e della presunta trattativa tra Stato e mafia per fermare le stragi del ’92-’93. A una domanda su chi sia ‘Carlo’ o ‘Franco’, l’uomo delle istituzioni che secondo Ciancimino incontrava il padre Vito, gia’ sindaco mafioso di Palermo, Contrada risponde di non averne ”idea alcuna”.

E aggiunge: ”Se un siffatto soggetto esiste davvero non vedo per quale motivo mai il Ciancimino (…) non ne faccia il nome o fornisca elementi validi per la sua identificazione”. ”Paura perche’ trattasi di un nome potente? – aggiunge -. Ma se ha avuto l’ardire di accusare ‘falsamente’ un ex capo della Polizia (Gianni De Gennaro, ndr)…”. Forse si tratta di ”strumenti fumogeni per occultare o sviare la verita”’, conclude. Contrada dice di aver saputo della trattativa dai media. ”Mai nessuno mi ha chiesto di trattare con la mafia per mettere fine alle stragi – dice -. Se qualcuno avesse osato farlo non avrei alcuna remora o timore di farne il nome, chiunque sia stato”. Contrada assicura infine di non avere rivelazioni da fare. ”Ho sempre riversato in atti ufficiali (in specie rapporti e informative) – scrive – ogni elemento di investigazione e di informazione acquisito. Questo è stato il mio modo di operare: modo corretto, purtroppo, non da tutti adottato e seguito”.

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