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Covid, ma chi me lo fa fare?

Me lo chiedo da qualche giorno. Ma a me, ma chi me lo fa fare? Questo continuo mettermi di traverso...
MANOVRA A TINAGLIA
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3 min di lettura

Me lo chiedo da qualche giorno. Ma a me, ma chi me lo fa fare? Questo continuo mettermi di traverso contro quella che considero una progressiva ed inaccettabile disumanizzazione della società, a me, che vado per i 66 anni, chi mi ci porta? Niente di particolarmente impegnativo, sia chiaro. Osservo scrupolosamente, a malincuore e masticando amaro, le regole imposte. Per il resto, il mio “mettermi di traverso” non va oltre le mie esternazioni su FB, le discussioni con amici, poche vis a vis, numerose per telefono o su whatsapp.

Che poi, se ci penso, mi procurano solo guai. Quando mi va bene, mi danno del burlone o del provocatore, e ci ridono sopra. Per il resto, me le sono prese tutte. Dal negazionista, al complottista, all’asociale. Mi hanno dato del disumano, di chi gioca col culo degli altri. Sono stato bannato ed ho bannato a mia volta. Molti mi aspettano al varco, pronti a rinfacciarmi tutte le mie “malefatte” (quali? Io le chiamo peccati di pensiero o psico-reati) non appena beccherò il Covid. Vorrei tranquillizzarli. E’ solo questione di tempo, lo sto aspettando, e non certo per fare il gradasso o lo spaccone. Il fatto è che sono convinto che, prima o poi, verrà anche il mio turno, ad onta del mio praticato distanziamento sociale e della mascherina che odio con tutte le mie forze. E quando arriverà, mi giocherò la mia partita. I pronostici mi danno per battuto in partenza, in ragione della mia età. Può darsi. Io, mi giocherei una bella tripla. Ma, ripeto, è solo questione di tempo, e la partita andrà giocata comunque. Ne riparliamo al 90°.

Ecco perché mi chiedo chi me lo fa fare. In fondo, tutti quei presìdi che potevo considerare avamposti, argini, alla disumanizzazione della società, non toccano palla. La Chiesa, per esempio. E lo dico da laico. I giovani, privati del diritto alla socialità. Dato non pervenuto. Le madri. Che dovrebbero lottare come tigri a difesa dei loro “cuccioli”. Nisba. Non parliamo dei giuristi, il cui silenzio è, a dir poco, imbarazzante. 

Tutto tace. Nessuna opposizione. Rassegnazione, plauso, addirittura. Tutto all’insegna del “primum vivere”. “Vivere?”. Si, è vero. Molti scendono in piazza a manifestare. Sono le varie categorie di lavoratori di questo o quel settore. Non li sopporto. Non sopporto le loro legittime proteste tutte connotate da altrettanto legittime rivendicazioni economiche. Nessuno che sia sceso in piazza per rivendicare il diritto a difendere l’umanità, la persona, l’essere umano.

Insisto. Ma chi me lo fa fare?  Mi ritiro in buon ordine nel mio “fortino”. Ho una discreta quantità di viveri esistenziali a mia disposizione, e voglio attingervi a piene mani. Vi racconto una cosa. Domenica scorsa, di buon’ora, ha telefonato mio nipote (5 anni). Ci chiedeva se eravamo impegnati, perché voleva venire a casa dei nonni per darci una mano a fare l’albero di Natale. “Sto con voi. Mangio da voi, faccio merenda da voi, e vi aiuto a fare l’albero, va bene?”.

Lui è fatto così. Quando la mamma o il papà vanno a prenderlo a scuola decide all’istante se andare a casa o venire dai suoi nonni. Ci vuole un bene dell’anima. Ma metto pure in conto che lo faccia perché per lui, casa dei nonni, è “l’America”. Va bene uguale. E se lui, che va a scuola, dovesse essere il mio, il nostro inconsapevole “boia” per il contagio, beh, vi assicuro che ne sarà valsa la pena.

Chiudo: sto pensando a mio padre. Mi adorava e lui adorava me. Per fortuna che è morto più di 20 anni fa. Ma ora, se lui ci fosse ancora, vecchio, gracile e malandato, non esiterei ad abbracciarmelo e a sbaciucchiarmelo, un giorno si, e l’altro pure. A volte vedo la scena. “Papà, lo sai che potrei contagiarti”?

“Fammi morire sazio e felice”.

Così mi direbbe.

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