Montante e il nuovo governo | "Un'operazione-verità sui conti" - Live Sicilia

Montante e il nuovo governo | “Un’operazione-verità sui conti”

Il presidente di Confindustria: ""Bisogna evitare le solite contrapposizioni che hanno sempre causato il blocco totale. Il voto ha bocciato tutto il sistema partitico".

Intervista al presidente di Confindustria
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9 min di lettura

PALERMO – Auspica un dialogo con chi otto giorni fa si è astenuto e con la nuova realtà che fatto irruzione nel mondo politico, il Movimento 5 Stelle. Chiede un’operazione-verità sui conti, “senza trucchi e senza inganni”, un nuovo piano di sviluppo e lo sblocco dei crediti per le imprese. Ma, soprattutto, invoca una nuova stagione che metta fine alla fase delle contrapposizioni politiche, “che hanno sempre causato il blocco totale e congelato tutte le emergenze”. A poche ore dall’insediamento di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione, il presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante definisce la linea delle richieste degli industriali al nuovo governo regionale. A partire da un elemento: la stabilità.
Partiamo proprio da questo. Crocetta si troverà a dover governare sostenuto da una minoranza. Le opzioni proposte, in questi giorni, sono state varie: un accordo al centro con i sostenitori di Gianfranco Micciché, un’alleanza con i grillini, un governo di minoranza che cerchi l’appoggio provvedimento per provvedimento o una große koalition montiana. Quale soluzione auspica Confindustria?
“Confindustria auspica che si evitino le solite contrapposizioni politiche che hanno sempre causato il blocco totale e congelato tutte le emergenze a discapito delle imprese, dei lavoratori e dei cittadini. Ci si auspica, inoltre, che la classe politica comprenda che bisogna confrontarsi con una realtà nuova che ha bocciato tutto il sistema partitico. Questa fascia di popolazione è il partito più grande, quello dell’astensionismo. Il presidente dovrebbe pensare prima di tutto a stabilire un confronto con la realtà degli astensionisti, con gli attivisti del Movimento 5 Stelle che comunque sono una novità, con chi ha avuto fiducia nel suo precedente operato e lo ha riconfermato con il voto, e con chi lo ha sostenuto politicamente. Una linea d’azione concreta e innovativa per costruire degli equilibri che assicurino governabilità e certezza dei risultati”.
A proposito di Confindustria e politica: gli industriali, negli ultimi anni, sono stati in qualche modo protagonisti della politica: ben due esponenti della sua organizzazioni sono stati assessori del governo Lombardo, salvo allontanarsene polemicamente nella fase finale. A conti fatti, è stata un’esperienza positiva?
“Confindustria non è mai stata la protagonista di una scena politica. Confindustria è un’associazione datoriale che difende gli interessi delle piccole, medie e grandi imprese nel nostro Paese, le rappresenta, le assiste in tutti gli àmbiti pubblici e privati. Confindustria Sicilia si è pure dotata di un preciso codice etico che stabilisce l’obbligatorietà delle dimissioni per chi ha cariche e decide di partecipare alle competizioni elettorali. Ricordiamoci comunque che Confindustria è un laboratorio in cui si lavora sulla conoscenza, si sperimentano nuovi modelli di organizzazione e gestione aziendale, si realizzano importanti studi su dati economici congiunturali a livello mondiale. Abbiamo anche un centro studi che elabora proiezioni sullo stato di crescita e di sviluppo dell’economia di tutto il Paese. È perciò chiaro che in questo mondo cresce una classe dirigente che spesso viene direttamente chiamata a rivestire ruoli tecnici in altre istituzioni o amministrazioni pubbliche, così come è successo in passato in vari territori. In questi casi da parte nostra c’è la soddisfazione di vedere come questi dirigenti siano intenti a portare avanti la propria attività nel rispetto dell’etica, della trasparenza e della legalità, lottando a tutti i costi contro la mafia che è il nemico che ostacola il sano sviluppo di alcuni territori”.
Riformulo la domanda. Come valuta complessivamente i cinque anni di governo Lombardo?
“È un governo che non ha saputo attrarre investimenti esterni. L’investimento velocizza la crescita economica e industriale perché distribuisce ricchezza, garantisce l’occupazione, aumenta il Pil e assicura una variabile costante in crescita delle entrate. In questo modo si stringe la forbice tra entrate e uscite. Va ricordata anche il risultato che tutta la Sicilia ne avrebbe avuto a livello nazionale e internazionale sia dal punto di vista competitivo che da quello dell’immagine. La linea sbagliata del governo è stata quella di non aver generato investimenti, ma attenzione a chi ha controllato questa linea. Ci sono stati assessori con una specifica delega che hanno cercato ininterrottamente di scavalcare i ruoli di altri loro colleghi, che avrebbero dovuto occuparsi di questo genere di operazioni, dei direttori a servizio dei controllori o dediti a bloccare tutti i meccanismi ad arte creando imbuti che bloccano ogni tentativo di sviluppo economico, come se ci fosse una regia unica per bloccare ogni investimento. Gli assessori che vogliono portare a termine i piani di sviluppo, devono purtroppo sprecare troppe energie per risolvere i problemi interni causati ad hoc dagli altri. Abbiamo finalmente capito che un assessore tecnico serio rimane commissariato dal suo stesso presidente e dal suo stesso direttore”.
Si riferisce al caso Venturi?
“A nessun caso in particolare. Abbiamo visto che il sistema funziona così”.
Le urne, lo diceva lei stesso prima, segnalano un dato: c’è una forte disaffezione dei cittadini nei confronti della politica, che si è tradotta in un tasso record di astensionismo e in un grande successo della forza politica più apertamente anti-sistema, il Movimento 5 Stelle. C’è spazio perché la politica riconquisti gli elettori?
“Le elezioni in Sicilia hanno rappresentato un’autentica rivoluzione politica che inaugura una fase in cui l’astensionismo, che come già detto è il primo partito in Sicilia, è un indicatore critico dello scollamento degli elettori dalla politica, e dove l’arrivo del Movimento 5 Stelle rappresenta una new entry che supera delle vecchie logiche che non piacciono più ai siciliani stanchi e delusi. Se ci si pensa bene comunque questa crisi potrebbe rappresentare l’inizio di un nuovo modo di fare politica e se i partiti comprendessero che l’astensionismo è un banco di prova importante potrebbero ristrutturarsi per presentare una nuova classe politica che dovrà essere in grado di riprendersi il proprio ruolo. Ci sono ancora dei politici ‘di razza’ che adesso devono fare il grande passo per capire bene cosa è successo, recuperare gli errori e portare i risultati della buona politica dentro la vita di ciascun cittadino”.
Veniamo al futuro. Quali sono le priorità del nuovo governo secondo Confindustria?
“Le priorità sono quelle di formare una squadra che deve accendere subito il motore. Servono assessori che siano come degli amministratori delegati. Delegati non solo dal presidente, ma anche dall’Ars. Poi bisogna fare una due diligence per mettere in luce lo stato reale in cui si trova la Regione e i suoi conti, facendo conoscere a tutti i siciliani i veri numeri del bilancio, senza trucchi e senza inganni. Promuovere un unico patto sociale tra il governo, il Parlamento siciliano, i cittadini ed i maggiori organismi che si occupano di comunicazione, per cercare di ridimensionare il problema occupazionale, il declino delle imprese siciliane sempre più in difficoltà, il rischio default del bilancio regionale, la mancanza di investimenti realizzati. Costruire e promuovere, con lo strumento della comunicazione, l’immagine di una nuova Sicilia che apre le porte verso l’esterno, per farsi conoscere e diventare attrattiva e competitiva per gli investitori. Progettare un piano industriale per lo sviluppo economico della Sicilia, prima d’ora mai avuto. Individuare i settori potenzialmente più competitivi come il turismo, l’agro-alimentare, i beni culturali, le energie rinnovabili e lo sviluppo delle macro e micro infrastrutture, almeno con lo sblocco delle opere cantierabili”.
Un patto sociale anche col mondo della comunicazione?
“Bisogna rilanciare l’immagine della Sicilia, coinvolgendo i più seguiti media siciliani: la partita si gioca all’esterno, sull’attrattività degli investimenti”.
Poco fa parlava del rischio default. Cosa deve fare Crocetta per rimediare?
“I conti in rosso della Regione, purtroppo, pesano sulle spalle dei cittadini e delle imprese, ed è a loro che il nuovo presidente dovrà pensare. Ci sono interi settori imprenditoriali bloccati perché le imprese non ricevono più i pagamenti dalla Regione per lavori già finiti e consegnati da tempo e adesso si ritrovano in pericolo di chiusura e pronti a portare i libri al tribunale. Bisogna partire subito al controllo sulla spesa dei fondi comunitari che è bloccata e sta creando ulteriori problemi a tutte quelle aziende che dopo l’ammissione a finanziamento dei loro progetti si ritrovano con le pratiche bloccate. Dall’altra parte però abbiamo fondi non spesi che aumentano ancora di più il disagio creato dal default. Il dissesto è totale”.
È ipotizzabile una nuova stagione di grandi privatizzazioni?
“In questo scenario la privatizzazione delle aziende pubbliche è una azione che la stessa Unione europea ha prescritto all’Italia e siamo obbligati a realizzare se vogliamo cominciare a risolvere il problema del default. Partiamo dal presupposto che le aziende pubbliche in un Paese moderno non possono rappresentare un costo per i cittadini: devono vivere di mercato e di proprie risorse, devono erogare un servizio sempre più efficiente e non possono fare concorrenza alle imprese private. Va ricordato inoltre che la Regione non decide di “passare” la gestione di un’azienda pubblica al privato, ma è l’investitore che sceglie. La scelta dipende dal tipo di business solo se il rappresentante del socio pubblico è eticamente valido, credibile e solvibile, se riscontra un buon grado di appetibilità e allora in quel caso l’imprenditore privato decide di investire. Bisogna fare molta attenzione alle false imprese private che non vivono di vero mercato, ma a solamente di sostegno pubblico, o ancora peggio privati con un unico committente che si identificano sempre e solo con la Regione. Considerato questo contesto abbastanza anomalo, il governo, dopo la due diligence, dovrà prendere una decisione netta su cosa può essere portato a reddito e cosa invece va completamente tagliato per evitare che rimangano degli inutili luoghi con assistenzialismo e clientelismo”.
È di questi giorni l’addio al mega-impianto Shell a Priolo. C’è il rischio di un disimpegno dei grandi capitali nei confronti della Sicilia?
“Se il sistema burocratico non viene snellito e non si decide di non imporre agli investitori niente di più rispetto a quanto richiesto in termine di legge, non saremo mai in grado di avere una crescita economica, né tanto meno potremo assicurare l’arrivo di altri investimenti  futuri. Dovremmo stendere i tappeti rossi agli investitori che hanno intenzione di venire a spendere in Sicilia e assicurare occupazione. In assenza di questa logica la burocrazia  malata è come la mafia: due vincoli mortali per il nostro benessere”.
A proposito di tappeti rossi: in questi giorni si parla di fondi cinesi per realizzare il Ponte sullo Stretto. Innanzitutto le domando se è un’opera prioritaria, ma in seconda battuta vorrei una sua opinione sull’eventualità di un finanziamento cinese.
“Prima del Ponte sarebbe meglio pensare alle infrastrutture minime per la competitività, come porti e interporti, autostrade, eccetera. Basterebbe che si sbloccassero le opere già finanziate. Nel caso di interesse da parte degli investitori esteri, credo che con le garanzie reali e nel giusto modo potrebbero rappresentare un’opportunità”.


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