E così, la prima grande delusione della nascente stagione è arrivata puntuale come un orologio…svizzero. Come nella stagione 2007-08, il Palermo non ha superato il primo ostacolo in Europa League. Anzi, peggio; perché allora contro il Mlada Boleslav si trattava dell’ultimo preliminare e l’eliminazione avvenne ai primi d’ottobre e non ai primi d’agosto. Si dirà che il Thun era più avanti nella preparazione. Si dirà che nel Thun giocano grandi fuoriclasse che rispondono ai nomi di Lezcano, Luthi e Lustrinelli (il famoso “Trio Lezcano”). Si dirà che mercato è lungo e che la squadra è ancora un cantiere aperto. Ma sarebbe da stupidi ignorare il responso del campo, campanello d’allarme che ci giunge sinistro dall’altra parte delle Alpi.
Qualche giorno fa scrivevo su queste pagine che l’organico del Palermo non è adeguato al modulo con la difesa a tre. Forse questa trasferta era un po’ particolare, nel senso che si doveva giocare per vincere e non semplicemente aspettare a ripartire, come evidentemente avverrà nella maggioranza delle altre. La partita ha confermato che la confusione regna sovrana tra terzini costretti a giocare all’ala, terminali offensivi evanescenti, assenza di catalizzatori di gioco a centrocampo. E’ bene che il sovrano assoluto che comanda al Palermo ne prenda atto evitando, qualora ne sia capace, le solite mistificazioni.
Il punto è sempre quello: l’assenza del filo logico di un progetto. Una continuità programmatica che non può limitarsi all’arido bilancio tra “pacchi presi” e “pacchi rifilati”. D’accordo, Zamparini è questo: prendere o lasciare. E poi, il fair-play finanziario impone ogni anno qualche cessione eccellente: è avvenuto con Pastore e Sirigu, con Cavani e Kjaer, con Amauri, Zaccardo e Barzagli. E va bene, lo sappiamo: trovare un buon allenatore è impresa titanica, come dimostra il fatto che in questi anni delle vacche grasse solo una volta la panchina del Palermo è stata occupata da un solo paio di chiappe per anno. Ma la rivoluzione tattica imposta quest’anno da Zamparini, ennesimo “punto e a capo” della sua gestione, avrebbe richiesto più tempo di assimilazione degli schemi e imposto più radicali correttivi d’organico. Un tempo che il calendario non ci ha concesso perché oggi il campo afferma che non è stata corretta la fase difensiva e che è stata disarticolata la fase offensiva.
Avendo ancora gli occhi umidi delle lacrime dell’Olimpico, mi domando se questa “rivoluzione” fosse davvero necessaria. Non sarebbe stato meglio ritoccare, piuttosto che rifondare ? Volendo correggere il problema difensivo artatamente considerato figlio di un padre di nome Delio e di una madre di nome Rossi, bastava semplicemente (anche cambiando allenatore) comprare gli uomini che servivano. Per esempio, due centrali argentini (tali Cetto e Silvestre) cui affidare anche il ruolo di chioccia del giovane connazionale Munoz. Non si poteva semplicemente investire sull’uomo di qualità che manca da anni in mezzo (Montolivo ?, Dzemaili ? Pizarro ? Yacob del Racing Avellaneda ?) per completare il trio con i due “mastini inossidabili”, per uno dei quali prevedo già un impiego “alla Simplicio”. E, ceduto Pastore, non si poteva provare a cambiare modulo tenendo Ilicic (con Zahavi pronto alla bisogna) e schierando due punte di cui una forte di testa?
Pochi puntelli (in campo e in panchina) per aggiustare una squadra dall’impianto di gioco consolidato facendo tesoro dell’esperienza delle passate stagioni. Il filo logico di un divenire, piuttosto che l’ennesima opera di demolizione e ricostruzione dalle fondamenta. Nella montante questione del “manicheismo zampariniano”, tra i“devoti passivi” e gli “ingrati attivi”, mi pregio di far parte del terzo polo dei “grati riflessivi”. E rifletto sul fatto che seguire il Palermo è quasi come leggere un libro di racconti. O un film a episodi. Ognuno ha la sua trama e i suoi protagonisti; non c’è un filo comune tecnico o (bestemmia inaudita) di sentimenti umani. Mi si dirà: “Questo è il calcio moderno, caro Vitogol”. Sì, però io che mi diverto sempre meno, temo che quest’anno non mi divertirò affatto. Perché, come si suole dire, “il buon giorno si vede dal mattino”. O, più sicilianamente: “Cu nasci Thun…….”.