PALERMO – Un incontro tra gli studenti statunitensi della sede di Firenze della New York University e i vertici di Confindustria Sicilia, per spiegare cos’è realmente la mafia, quali sono i costi dell’illegalità e quale sia il reale stato dell’imprenditoria in Sicilia. È quanto accaduto oggi pomeriggio alla sede regionale dell’associazione degli industriali, con i ragazzi statunitensi che hanno potuto tenere un confronto con il vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ed Antonio La Spina, ordinario di Sociologia all’Università di Palermo. “All’interno di un corso sull’analisi comparata delle organizzazioni criminali – spiega Salvatore Sberna, ricercatore presso l’Istituto universitario europeo – abbiamo organizzato una visita a Palermo, per far incontrare i nostri ragazzi con magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine, politici ed imprenditori impegnati nel contrasto delle organizzazioni mafiose”.
Serrato il confronto tra Catanzaro, La Spina e gli studenti, che hanno potuto porre le proprie domande agli interlocutori siciliani. Il vicepresidente di Confindustria ha potuto spiegare come la mafia si è evoluta e cosa adesso rappresenta per l’economia siciliana. “Gli imprenditori che vogliono lavorare nella normalità – ha detto Catanzaro – possono oggi farlo tranquillamente. Ciò che noi, come associazione, abbiamo concorso a fare, insieme allo Stato ed alle forze sociali che in questa direzione si muovono, è garantire la trasparenza ed il consumo critico, così da arginare l’intervento della malavita. La mafia negli anni è cambiata ed oggi, come noi, vive nel mondo dell’economia malata, della burocrazia malata e della politica malata; ha seguito l’evolversi stesso dell’economia siciliana: quando l’economia era prettamente agricola ha cercato il controllo del territorio, con l’avvento dell’urbanizzazione ha cercato il controllo degli appalti e delle costruzioni, adesso cerca il controllo delle nuove tecnologie, delle energie e del terziario”.
Il vicepresidente di Confindustria Sicilia ha poi voluto sottolineare i metodi attraverso i quali gli imprenditori combattono la mafia. “Gran parte degli investimenti ha bisogno di un’autorizzazione per iniziare ad operare. Confindustria lavora sulla fase dei controlli, verificando le certificazioni per scoprire prevalentemente se e quanto sia libera e meritoria di quelle autorizzazioni l’impresa che intende investire”. Catanzaro ha inoltre voluto sottolineare il ruolo di associazioni come “Addio Pizzo” nella lotta al racket delle estorsioni, piaga ben nota dell’economia non solo in Sicilia. “Senza l’interazione con associazioni come Addio Pizzo, gran parte del lavoro che portiamo avanti non sarebbe possibile e, in alcuni casi, non sarebbe nemmeno potuto iniziare; va detto che gli imprenditori giovani iniziano già con una nuova mentalità libera dai retaggi delle estorsioni, mentre gli imprenditori over 50 hanno ancora difficoltà nel recepire questa mentalità: sono questi ultimi la parte più difficile del lavoro che svolgiamo”.
La Spina ha voluto spiegare agli studenti la connessione tra la mafia e l’economia, evidenziando un intreccio che ha dimensioni sempre più ampie. “I fenomeni criminali hanno ormai una dimensione globale, non riguardano più soltanto Sicilia, Calabria o Campania; riguardano tanti ambiti, come ad esempio le transazioni economiche, e si sono dunque allargate verso quei luoghi dove l’economia è più florida che nel meridione d’Italia. D’altra parte, però, è impossibile eliminare la dimensione territoriale delle associazioni mafiose, nonostante il fenomeno si sia globalizzato: esempi come la richiesta del pizzo o il controllo della politica territoriale spiegano bene che la mafia ha bisogno di un radicamento nelle regioni d’origine, per creare delle basi solide e delle tentacolari ma forti interazioni con le cellule esportate ed espatriate”.