PALERMO – Centomila. Milleecento. Quattordicimila. È partita la tombola elettorale. Il Ponte, il Patto e i precari. Ecco gli ingredienti del nuovo libro dei sogni di Sicilia. I protagonisti principali, il premier e il governatore, uniti stavolta nel ruolo degli illusionisti. Di diffusori di fumo verso gli occhi gonfi dei siciliani.
Adesso il ponte piace a tutti. Pensate un po’, piace persino ad Antonello Cracolici e ai suoi compagni ex Ds. Gli stessi che sbraitavano e protestavano quando il progetto portava la targa di Totò Cuffaro, che ieri giustamente (e provocatoriamente) rivendicava: “Quei progetti sono i miei”. È scomparsa la mafia, insomma, il malaffae, i potentati. Ma anche il ponte di Renzi, come quello di Cuffaro, rischia di rimanere lì, sulla carta. A uso e consumo delle prossime tornate elettorali, dove il Pd dovrebbe (ma dia già una occhiata alle reazioni della gente di Messina) usare la leva dei centomila posti di lavoro garantiti dal megap-progetto. Una berlusconata con uno zero in meno. “Matteo Renzi, – attaccava il Movimento cinque stelle ieri in Aula – è la Wanna Marchi delle grandi opere. Viene qui a promettere infrastrutture irrealizzabili, un vizio che ha preso dai suoi predecessori”. Lo stesso Crocetta però ha aperto alla grande opera: “Sempre se ci sono i soldi, però…”. Nel frattempo, i pochi soldi destinati alle strade provinciali, poche settimane fa sono stati utilizzati per garantire gli stipendi dei dipendenti delle ex Province, innocenti vittime della riforma-flop del governatore. Mentre il ponte franato sulla Palermo-Catania non è mai stato ripristinato, nonostante un imbarazzante taglio di nastro dello stesso Renzi, pochi mesi fa. E mentre tra linee ferroviarie e autostrade, si impiega di più da Trapani a Ragusa di quanto impiegheresti da Napoli a Treviso. E così, persino qualcuno del Pd – nel caso specifico la deputata ex Cgil Mariella Maggio – ha alzato il dito: “Ma non sarebbe meglio, prima del Ponte, sistemare le strade?”. E magari, è stato chiesto ieri in Aula da Nello Musumeci, intervenire sul rischio antisismico, sulla riqualificazione urbana. Sulle falle di Sicilia, insomma.
Per quello, a quanto pare però, interverrà il Patto per la Sicilia e i sui cantieri. Già, perché nella tombola delle elezioni è importante anche tirare fuori il numero giusto, quello buono. Per Crocetta è “1.100”. Tanti sarebbero i progetti “quasi tutti già cantierabili” assicura il presidente. Ma quando mai. L’iter per sbloccare quei miliardi sotto i quali Crocetta e Renzi hanno apposto una firma all’ombra dei Templi di Agrigento servirà un procedimento lungo e faticoso. Anche perché al momento non esiste il documento “principe”, ovvero la delibera del Cipe. Quando questa sarà pronta, dovrà passare dal sottosegretario alla presidenza De Vincenti, poi dovrà avere il via libera dal Ministero per l’Economia e le Finanze, quindi dovrà essere firmato dal presidente del Consiglio Renzi e dal sottosegretario Lotti. Ma non è finita. Il documento dovrà quindi essere inviato alla Corte dei conti per la registrazione, quindi tornerà al Cipe, che dovrà rinviarlo al governo centrale prima del trasferimento delle risorse alla Regione che a quel punto potrà accertare le entrate. Ma non finisce qui. I soldi non verranno liquidati tutti in una volta, ma a scaglioni. Ovvero dapprima ecco un’anticipazione del cinque per cento, poi via via del dieci per cento solo tramite il rendiconto delle spese realmente compiute. Insomma, per farla breve, se il ritmo sarà quello della spesa dei fondi europei, altro che mille cantieri…
Intanto, incombe sull’isola un’emergenza per nulla emergenziale. È quella dei precari siciliani. Quattordicimila solo negli enti locali, altre migliaia in Asp e soggetti pubblici vari. Ogni anno, ovviamente, non si parla di loro fino agli ultimi mesi. Quando si prenderà atto che l’unica manovra possibile è una “proroghina” che sarà il frutto di qualche generosa deroga dello stato centrale, conquistata grazie all’impegno prezioso di qualche parlamentare siciliano. La solita storia, il solito copione. Se non fossimo già, di fatto, in campagna elettorale. E così, ecco sia Crocetta che i renziani saltare sul nuovo “carrozzone” della precarietà. Per Davide Faraone si chiama “Agenzia unica”, per il governatore risponde al nome “Resais”. Un calderone, comunque, nel quale far confluire questi eterni precari, come un purgatorio in attesa di una assegnazione. Una ipotesi rispedita al mittente dagli stessi lavoratori, a dire il vero, che la vedono come un passo verso l’addio all’agognato posto negli enti, dopo decenni di precariato. Ma da Roma e Palermo potrebbero presentarsi col classico aut aut: “O questo, o a casa”. E la manovra, raccontata così, sa tanto di salvataggio, di miracolo. Da “riscuotere” nei successivi mesi di campagna elettorale. Nel frattempo, altri piccoli “illusionisti” crescono. All’Ars, è il turno del deputato catanese renziano Gianfranco Vullo, che ha studiato un piano per l’assunzione di 1.200 giovani laureati attraverso incentivi. E ne ha già dato notizia, manco fosse cosa fatta. Il disegno di legge, invece, deve ancora essere persino discusso in Commissione. Fumo, insomma, al momento. O se si preferisce, un nuovo numero, nella tombola elettorale.