PALERMO – Difficile che a Catania gliela perdoneranno. Ma lui, lo storico amministratore delegato rossazzurro che con il patron Antonino Pulvirenti ha scritto la storia dei colori etnei, se ne sarà già fatto una ragione. Palermo, in fin dei conti, altro non è che la possibile chance attesa da una vita.
E’ uno che bada al sodo Pietro Lo Monaco: un passionale dal cuore machiavellico. Uno che nel mondo del futbol ha sempre vissuto nel ruolo di protagonista. Meno da giocatore e da allenatore, forse, ma certamente da indiscusso comprimario nelle vesti di dirigente. Un carattere spigoloso e a tratti volutamente permaloso quello di Pietro Lo Monaco da Torre Annunziata, che la sua storia dietro la scrivania l’ha cominciata col Savoia nell’allora serie C-2. Uno stacco deciso dal campo per scommettersi in un ruolo che gli si cuce subito addosso: niente più insegnamenti da dispensare sul rettangolo di gioco.
Il rapporto con i giocatori, da lì in poi, si forgerà nelle trattative del calciomercato tra le hall degli alberghi di mezza Italia. Dal Savoia in poi è una escalation di successi personali: galloni guadagnati ed appuntati al petto con la caparbietà di chi sa di essere sulla buona strada. Tant’è che subito dopo verranno le esperienze con la Reggina, l’Udinese ed il Brescia: percorsi dalle fortune alterne ed altalenanti, prima del colpo di fulmine scattato alle pendici dell’Etna.
Ad Acireale prende vita quella che si rivelerà essere un’accoppiata vincente; devastante sotto il profilo professionale. Antonino Pulvirenti e Pietro Lo Monaco segneranno un’era. Acireale sarà il trampolino di lancio verso l’opportunità colta al volo e, con la sicurezza di un generale in battaglia, dell’acquisto del Calcio Catania. Il sodalizio rossazzurro viene prelevato in serie B nel 2005. C’è da risollevare un ambiente demoralizzato dalle troppe promesse dal sapore marinaro (Gaucci docet) ma soprattutto c’è da ricostruire e riorganizzare dalle ceneri una struttura societaria allo sbaraglio.
Si occupa di tutto Pietro Lo Monaco. Conduce la campagna acquisti e mette i suoi uomini fidati e di competenza in ogni settore dell’organigramma. Indovinerà tutte le mosse. Anche sul fronte del calciomercato. Con colpi del calibro di Mascara e De Zerbi, la serie A viene centrata al primo tentativo. Lo Monaco diventa l’eroe di Catania. Ma da lì in poi comincerà anche una difficile convivenza con alcuni pezzi dell’ambiente etneo. A cominciare dal contraddittorio e in più di una occasione feroce rapporto con i giornalisti. “Voi cercate di smontare questo giocattolo? Beh, mettetevelo bene in testa: io non ve lo permetterò”, sgolò nel corso di una tesissima conferenza stampa a Massannunziata all’indirizzo dei cronisti presenti rei, secondo Lo Monaco, di avere ecceduto negli apprezzamenti in negativo alla squadra che due giorni prima in campionato non era stata particolarmente brillante. Ma, in fin dei conti, Lo Monaco era ormai entrato nella parte. Nella parte di chi accentra a sé tutte le decisioni (dal numero di palloni da portare al campo d’allenamento all’ingaggio dell’ultimo arrivato): Lo Monaco aveva costruito il suo personaggio. La stampa ci andava a nozze: decisamente meno Pulvirenti che quel giocattolo se lo vedeva pian piano sottrarre dalle mani.
“Io sono come un cane da guardia – ebbe a dire un giorno l’ex amministratore delegato rosso azzurro -: sono un aziendalista nel senso più puro del termine e l’azienda per me viene prima di tutto”. Pensieri e parole perfettamente sovrapponibili a quelle dette nella sua prima conferenza stampa da ad del Palermo. Il concetto di aziendalista per Lo Monaco è una costante, quasi una fissazione. Tanto da averlo usato come bigliettino da visita per l’ambiente palermitano.
Lo Monaco ha sempre ragione. Del resto, i successi sul campo gli danno ragione. Catania diventa una realtà affermata dappertutto e buona parte del merito è del primo dirigente etneo che indovina tutte le mosse e tutti gli uomini. Dagli allenatori (Marino, Zenga, Mihajlovic, Simeone, Montella: tanto per citarne alcuni) ai giocatori. Il gioco si fa adesso interessante. “Chi mangia fa molliche”, insinuava del resto tante volte regalando così un’altra perla da regalare ai giornalisti. Poi, però, inevitabile arriva la rottura con l’amato-odiato Antonino Pulvirenti. I contrasti sono di natura personale oltreché professionali. La personalità di Lo Monaco si è fatta troppo ingombrante: il suo decisionismo, il suo carattere accentratore non va più bene.
La rottura comincia a farsi definitivamente insanabile con la costruzione del centro sportivo di Torre del Grifo: un piccolo gioiello d’avanguardia sportiva da oltre 60 milioni di euro. Troppe divergenze, tra i due, anche lì. Alla fine della scorsa stagione – dopo un lungo preavviso con tanto di conferenza stampa – Lo Monaco molla tutto lasciando in dote al Catania plusvalenze per oltre 50 milioni di euro. Mica male. Subito dopo preleva il Messina (che ora passerà al figlio) prima di naufragare nella brevissima luna di miele con Preziosi a Genova.
Da Preziosi a Zamparini. Un corteggiamento che, in verità, parte da molto, molto lontano. L’acquisto del 10 per cento delle quote rosanero pare solo l’inizio. Chi lo conosce bene non ha alcun dubbio: Lo Monaco è destinato a diventare presidente rosanero. E anche a centrare risultati importanti. Tutto questo, ovviamente, Zamparini permettendo.