Dall'esordio con gli 883 a oggi |Max Pezzali si racconta - Live Sicilia

Dall’esordio con gli 883 a oggi |Max Pezzali si racconta

Cresce l’attesa per il concerto di Max Pezzali che si terrà al Palasport di Acireale il 17 Ottobre. E’ l’unica tappa siciliana del tour “Astronave Max”.

ACIREALE. Vent’anni di successi e una carriera strepitosa: la musica di Max Pezzali è una fedele compagna di vita per migliaia di fan. Ne è passato di tempo dall’esordio con gli 883, oggi quel ragazzo di Pavia è cresciuto, ma immutata è rimasta la passione per la musica che lo ha portato a vendere milioni di dischi. Astronave Max è il suo ultimo tour partito da Ancona che sta riscuotendo un enorme successo di pubblico. Lo show ipertecnologico, in cui rivivranno i più grandi successi di ieri e di oggi, è atteso il 17 ottobre al Palasport di Acireale. L’organizzazione è targata Giuseppe Rapisarda Management. In playlist previsti i classici come “L’universo tranne noi”, “Gli anni”, “La dura legge del gol”, “Sei un mito”, “Hanno ucciso l’uomo ragno”, “Non me la menare”, “Come Mai”, “Nessun Rimpianto”, “Tieni il tempo” con un video geniale costruito con spezzoni di film famosi e personaggi che ballano a tempo, da Elvis Presley in avanti. Il suo ultimo album, Astronave Max, lo ha dedicato al figlio Hilo di 7 anni. Prodotto da Claudio Cecchetto è già disco d’oro con oltre 25 mila copie vendute. In una lunga intervista Max Pezzali ci racconta la sua vita, rivelandoci aneddoti della sua carriera e infine ci confida i suoi sogni.

E’ iniziato da poco il nuovo tour. Due anni fa hai registrato il sold out in tutte le tappe. Quest’anno quali sorprese hai preparato per i tuoi fan?

Il pubblico potrà ritrovare i grandi classici dei repertorio Max Pezzali e 883 con l’inserimento poi di canzoni nuove dell’album Astronave Max, che cercheremo di contestualizzare. Spesso si tratta di pezzi che richiamano quelli del passato, c’è una linea di continuità tra il passato e il presente, perché tutto sommato anche nelle canzoni è un po’ sempre la stessa storia che si evolve. Sarà uno show ipertecnologico. Poi il palco credo sia uno dei più belli mai avuti con dei rendering spettacolari. Siamo certi che il pubblico porterà a casa dei bellissimi ricordi anche sul piano visivo.

Il tuo nuovo album, già disco d’oro, si chiama Astronave Max. A cosa è dovuta la scelta di questo titolo?

Secondo me crescere anagraficamente è un po’ come allontanarsi dalla terra, inizi a vedere le cose da una diversa prospettiva. Gli stessi astronauti quando descrivono la terra vista dallo spazio raccontano di quanto sia impressionante realizzare come l’enormità del nostro mondo diventi anch’essa qualcosa di piccolo e relativo vista da un punto lontano. E’ un po’ questo il senso del titolo, quando come me arrivi a 47 anni significa anche rendersi conto come tante cose che consideravi un tempo insormontabili, invincibili sono in realtà relative e crescendo inizi a vederle sotto una giusta prospettiva. E’ il grande capitale che ci lascia l’esperienza. Nulla in verità è assoluto.

Da agosto MTV trasmette il video del tuo ultimo singolo, “Come Bonnie Clyde”, tratto dall’album Astronave Max, appunto. Si ispira infatti all’omonima coppia criminale, ma anche al ‘Bonnie & Clyde’ di Beyoncè e Jay-Z ma in chiave più nostrana. Viene fuori questo confronto tra ricordi del passato assieme a momenti del presente …

E’ tutto il tema dell’album, diciamo. E’ un voler mettere quello che era la giovinezza, per quanti che come me lo sono stati negli anni ‘90, a paragone con l’essere giovane oggi. Tutto sommato è per far vedere che nonostante il mondo negli ultimi anni sia cambiato molto, in realtà i sogni, le aspirazioni i e le paure di chi è giovane sono immutate, quelle rimangono sempre le stesse.

Del Max Pezzali di oggi è meno evidente quell’anima ribelle che invece negli anni degli 883 veniva più fuori. E’ solo un’impressione o effettivamente anche Max Pezzali si sente più saggio rispetto prima?

Credo che sia normale nella vita, con il tempo che passa. Tutti diciamo nasciamo incendiari e poi moriamo pompieri. Forse crescere, avere dei figli ti fa guardare la vita diversamente. E ritieni certe cose meno importanti rispetto a come le consideravi da giovane. E una forma di serenità che inizia ad avere. Le cose che non puoi fare in realtà sono ben poco rispetto ai cambiamenti che, come la storia ci ha insegnato, il tempo ti porta poi a fare. La cosa più importante che possiamo fare è cercare di fare nel nostro meglio nel nostro centimetro quadrato. Coltivare le relazioni, trovare un po’ la serenità fa stare bene anche a chi ci sta accanto.

Oltre ad essere cantautore scrivi anche i testi delle tue canzoni. Ti sei sempre fatto notare per questo stile semplice, diretto ed efficace. Come avviene il tutto? Da cosa parti per scrivere i tuoi pezzi?

Ma in linea di massima non si tratta mai di un processo razionale, è molto più naturale e spontaneo di quanto sembri. Inizio da una melodia che ho in testa, ci costruisco attorno degli accordi. E poi mi chiedo: secondo te di cosa può parlare un pezzo con questa tipologia di andamento? Inizio cercare le parole che evoca. E’ un processo inconscio, inconsapevole le parole vengono in mente in base all’esperienza, alla memoria a quello che sto vivendo in quella precisa fase della mia vita. C’è sempre secondo me un po’ di autobiografico in quello che si fa, anche quando si scrive per gli altri. Si cerca sempre qualcosa di noi negli altri.

Facciamo invece un piccolo tuffo nel passato. Sei la storica voce degli 883. Per tutti i fan sono stati anni indimenticabili: “Come mai”, “Nord sud ovest est”, “Hanno ucciso l’uomo ragno” sono stai dei tormentoni indimenticabili ancora oggi protagonisti della musica. Tu che ricordo hai di quelli anni?

Ho un ricordo molto nitido, ma per certi versi all’epoca le canzoni nascevano quasi di getto, a seguito di un periodo in cui per molti anni io e Mauro Repetto scrivevamo canzoni che nessuno voleva sentire o cantare. Poi improvvisamente ci siamo ritrovati primi in classifica, quasi dall’oggi al domani, dalla sera alla mattina. Facemmo tre album di fila, ma in realtà era per la maggior parte materiale che avevamo già pronto o che preparavamo in corso d’opera. Mentre attorno a noi accadeva qualcosa che non capivamo, eravamo diventati famosi senza avere il tempo di rendercene conto. Sono passato in poco tempo dal vivere con i miei in una stanzetta, ad andare in giro per l’Italia fino agli Stati Uniti a registrare video e vivere esperienze strepitose. Però forse, ammetto, che non sono riuscito a godermi tanto quel periodo proprio perché non avevo neanche il tempo di fermarmi, andavo a cento all’ora e non ero consapevole fino in fondo di ciò che stavo vivendo. Oggi invece per me è diverso rispetto a quel tempo. Adesso cerco di godermi momento per momento con maggiore consapevolezza.

“Sei un mito”, successo tratto dall’album “Nord sud ovest est”, pubblicato nel 1993, è una canzone bellissima. Era una dedica a qualcuna in particolare?

Sì, era dedicata ad una donna, ma era anche una dedica ad un’idea in generale. Si trattava di una ragazza con cui avevo avuto una breve esperienza: quel piacersi senza avere il peso di prospettive future che uccidono, o pensare a quello che deve accadere dopo. Ecco, per me era rimasto un ricordo talmente strepitoso di quella sera, che ho deciso di dedicare una canzone all’idea di questa ragazza ‘mito’ che diventava tangibile. Peraltro, poi non ho più neanche rivisto quella ragazza, nonostante fosse come me di Pavia.

Come vivi invece il successo, visto che sono ormai vent’anni di carriera. Non ci fai caso, lo vivi serenamente, oppure, come accade a tanti artisti, preferiresti ogni tanto poter andare in giro per le strade senza essere riconosciuto e avere una vita più “normale”?

Ma credo che sia una questione del tutto personale. Se vuoi andare in giro tranquillo lo puoi fare comunque. Il successo in sé, la riconoscibilità è una cosa divertente e gestibile in realtà più di quanto non si pensi. Soprattutto il successo va preso con ironia, è quanto di più evanescente e immateriale ci sia. Oggi sei un fenomeno, domani sei nessuno. Devi sempre pensare che si tratta di una condizione temporanea che spesso non dipende dalla tua volontà o capacità: è qualcosa che semplicemente succede quindi occorre prenderlo con filosofia e misura. Pensare sempre che il tuo lavoro non è fare successo, ma quanto cercare di fare bene quello che ti piace fare e sai fare.

Già raggiunto tanti traguardi. Qual è ora il sogno di Max Pezzali?

Io continuo sempre a mantenere vivi i sogni perché credo siano l’unico elemento che ti permette di alzarti al mattino e porti un obiettivo. Spero solo di continuare a fare questo mestiere divertendomi e dando soddisfazione al mio pubblico. Qualora questo non dovesse accadere spero solo di trovare un’altra passione , un’altra possibilità di espressione che mi dia altrettanta gioia come quella che ho oggi grazie al mio lavoro.

Il 17 ottobre ci sarà finalmente la tappa acese del tour Astronave max. Quale è il tuo legame con Acireale e quindi con la Sicilia?

Ma la tappa di Acireale è sempre una tappa fondamentale dei miei tour, tornare a Catania è sempre una grande gioia per me. Il palazzetto poi è strepitoso e l’accoglienza meravigliosa. Peraltro ho un ricordo bellissimo del tour di due anni fa: un paio di giorni prima del concerto ci trovavamo già ad Acireale per le prove, così andammo a vedere il concerto dei Negramaro. Nel giro di sole quarantotto ore ho vissuto l’emozione di stare fra il pubblico a godermi quello spettacolo pazzesco e poi quella di salire sul palco per suonare. Non mi era mai capitato di vedere un concerto nello stesso posto in cui poi io avrei suonato poche ore dopo. E’ un ricordo bellissimo che mi porto nel cuore.

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