BIANCAVILLA. C’è la storia di Mohamed, che dal Togo è arrivato sino alle coste di Lampedusa al termine di una traversata disperata. Oppure quella di Saikou che dal Gambia è dovuto scappare per raggiungere prima la Libia e poi le sponde della Sicilia. O, ancora, quella di un altro Mohamed fuggito via dall’orrore e dalla persecuzione della guerra tra i clan della Somalia in lotta per il dominio delle terre e del petrolio. Una serie di incubi in sequenza che oggi hanno abbracciato il sogno inarrivabile solo fino a qualche settimana fa: quello di calcare con i propri scarpini un campo di calcio e sperare, chissà, di poter un giorno riuscire a sfondare. Sono i migranti del Cara di Mineo: prima squadra di calcio militante in un campionato Figc composta interamente da richiedenti asilo. L’Asd Cara Mineo ha debuttato quest’oggi in una domenica che è andata ben oltre il semplice calcio. E lo ha fatto sul campo dell’Atletico Biancavilla trovando una calorosissima accoglienza da parte delle istituzioni (con in testa il sindaco Pippo Glorioso) e dei supporters locali ma anche da quelli che oggi erano i loro primi avversari. Un tifo bipartisan certamente inedito per i campi italiani.
E’ finita 1-1. Ma, almeno oggi, il risultato non contava. E’ stato un bel match, combattuto ed avvincente: con buone trame di gioco. Di un livello certamente superiore rispetto a quello che si è abituati a vedere in Terza Categoria. Ma, come detto, la domenica di oggi aveva ben altri significati. “Siamo molto contenti per quello che sta accadendo: siamo felici!”, ci racconta Mohamed Musah, cresta alla Balotelli e scatto felino. “Se Balotelli è il mio mito? Certo! Ognuno di noi ha un modello calcistico – continua Mohamed – ed io sogno di diventare come lui. Ci voglio provare. Ci sono tanti calciatori ai quali ci ispiriamo come anche Asamoah e qui in Italia ci viene data una grande possibilità: stiamo sognando e vogliamo lavorare per fare in modo che il sogno di avveri”.
Si è parlato troppo spesso del Cara di Mineo per fatti di cronaca non sempre pregevoli: eppure, all’interno del Centro d’accoglienza già da due anni si fa attività sportiva; si propongono corsi e modelli per aiutare l’inserimento dei migranti; si prova a sopperire in ogni modo all’assenza delle istituzioni di ogni ordine e grado. Il direttore del Cara, Sebastiano Maccarrone, alla fine ha creduto nella possibilità di giocare a calcio anche fuori dal contesto del Centro: ed a giudicare dalla bella domenica di oggi, la scommessa può dirsi già vinta. Venticinque giocatori selezionati tra le migliaia che si trovano al Cara: in una rosa composta per la maggior parte da chi viene dal Gambia, dal Ghana, dal Togo, dalla Nigeria, dalla Somalia e dal Burkina Faso. Nei loro paesi d’appartenenza giocavano a livello dilettantistico.
Guanluca Trombino, Giuseppe Manzella e Vito Amendola sono gli allenatori e responsabili delle attività sportive: “Oggi a Biancavilla si è avverato un sogno. Ma è solo l’inizio: vorremmo che questa squadra diventasse un esempio. Ci sono ragazzi che si portano dappresso storie terribili e che oggi hanno la possibilità di riscattarsi dando qualcosa: dando il loro contributo su un campo di calcio cancellando la disperazione”. E mai come oggi la disperazione (ormai alle spalle) ha avuto il sapore della libertà.