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Diario di un occupante

24 ore con gli abusivi allo Zen
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Fa freddo allo Zen. Sono le undici: il vento soffia davanti alle case degli abusivi dell’insula 3, e asciuga le lacrime di un bambino che avrà si e no 6 anni. “oggi mi è collassato” racconta sua madre. Da gennaio, 34 famiglie, adesso ridotte a 21, vivono tra le case rimaste incomplete e le tende nei padiglioni.

Tra le risa traspaiono sguardi cupi, che rivelano quello che succederà l’indomani. La consegna delle case agli assegnatari: e per gli abusivi dell’insula 3 significa affrontare un nuovo sgombero.

Stretti dentro una tenda, tirata su proprio davanti agli appartamenti occupati, Vincenzo e Dario, raccontano cosa è successo in questi mesi: sgomberi, rioccupazioni, e ancora sgomberi. L’ultima occupazione, quella di venerdì scorso, è avvenuta perché “non abbiamo altro. Ma noi non vogliamo rimanere occupanti, vogliamo un intervento, che sia imminente” spiegano gli abusivi. E la rabbia non si sfoga solo verso le istituzioni e le forze di polizia. Le discussioni sono anche interne: c’è chi ha mollato il presidio tra uno sgombero e l’altro. Le leggi che regolano la vita dello Zen, non hanno vie di uscita: c’è chi deve andare a lavorare di notte, e non può rimanere come gli altri a vegliare sulle case. E dicono che chi non resta qui a lottare non può pensare di occuparle nuovamente.

Alcuni di loro decidono di fare un giro per vedere quale luogo poter proporre come nuova abitazione, per tentare il tutto per tutto, l’indomani : forse un immobile di nove piani, lasciato dalla regione in disuso.

Sono le tre mezza ed è il momento di entrare in tenda per qualche ora di riposo. Tutti gli altri, uomini donne e bambini dormono negli appartamenti che hanno rioccupato.

La sveglia la fanno i primi raggi del sole, che dalla tenda oramai si fanno sempre più accesi. I primi a svegliarsi decidono di fare un giro intorno al quartiere per controllare la situazione ma vengono avvistate soltanto due volanti dei vigili urbani.

Alle sette in punto l’arrivo delle camionette, dal lato opposto rispetto agli appartamenti da sgomberare: 4 per le forze di polizia e 3 per i carabinieri. gli uomini in tenuta antisommossa entrano nel padiglione e la reazione degli abusivi è immediata: le donne occupano le case con i bambini e gli uomini salgono sul tetto con una scala di ferro e corrono a chiudere le vie di accesso caricando pesi di cemento sulle botole ad impedirne l’apertura. Pochi istanti dopo le forze dell’ordine salgono negli appartamenti: nello sfondare una porta una Marcella, una delle occupanti cade, e inizia ad accusare dolori alla caviglia e al braccio, mentre Giovanni dice di aver ricevuto un pugno all’occhio sinistro, mentre bloccava il passaggio agli agenti a braccia alzate.

Gli uomini reagiscono alle prime urla delle loro mogli insultando le forze dell’ordine: la scala di ferro utilizzata per salire e una pietra vengono scagliate verso gli agenti. E un ispettore si fa subito chiaro: “non è questo il sistema per ottenere quello che volete, se ferite uno di noi saremo costretti ad intervenire.” Intanto poliziotti e carabinieri in tenuta anti sommossa, gli uomini della digos e i vigili urbani hanno raggiunto i piani più alti delle palazzine.

“Noi non scendiamo di qui finchè non ci date un’alternativa” continuano ad urlare dal tetto. Sono tante le porte su cui hanno bussato gli occupanti: sono state offerte case famiglia a donne e bambini, dove era possibile solo pernottare e i cui costi gravavano al comune più del doppio di un normale affitto; hanno chiesto al vice sindaco Scoma che di soldi ha detto di non averne; Lo IACP non ha saputo dare risposta e dalla visita a Lombardo hanno portato a casa solo promesse non mantenute.

“La sapete qual è la nostra situazione” grida sugli agenti una donna, che quando si sente rispondere “lo sappiamo”, incalza “allora perché non avete fatto niente?”. Ma non solo richieste di aiuto, anche offese e minacce, da parte degli occupanti mentre la frustrazione cresce da una parte e dall’altra. Alle otto entra nel padiglione la Croce Rossa: “non vi siete mai fatti vivi” protestano quegli abusivi che raccontano anche di non aver visto offrire un pasto, una coperta, delle cure, né dalla croce rossa né dalla protezione civile, in questi mesi. A quanto dicono, i referti medici dei bambini non sono affatto rassicuranti: dermatite, bronchite e infezioni per le scarse condizioni igieniche.

Le forze dell’ordine restano ferme a presidiare gli appartamenti e alcuni di loro transennano attorno alla scala dove si trovano le abitazioni che quella mattina avrebbero dovuto iniziare a viverci. E’ difficile dire chi sia veramente povero. “Essere abusivi allo Zen è la legalità: sono 4600 le famiglie dello Zen, di cui 2800 sono abusive” continuano ad urlare dal tetto gli occupanti, chiedono anche l’aiuto della seconda carica dello stato, Renato Schifani, anche lui palermitano.

Scende una barella dalle scale: è Marcella che viene portata all’ospedale in ambulanza, accompagnata da suo marito, che ha lasciato pochi istanti prima il presidio sul tetto. Per pochi attimi appare uno striscione: “non siamo solo elettori” titola. Tanta solidarietà ricevuta, ma ancora nessun “tetto legale” sopra la testa.

Intanto gli agenti si sono dati da fare per sbloccare la situazione: alle nove e trenta circa arriva la notizia di un possibile incontro con Milone, assessore comunale all’urbanistica. Nel giro di mezz’ora, scortati da vigili urbani e polizia, i rappresentanti degli abusivi sono seduti al tavolo davanti all’assessore, nel suo ufficio.

Vincenzo, il portavoce degli abusivi, accenna al riutilizzo dei beni confiscati come soluzione del problema, che però non viene tenuta in considerazione. La sua seconda proposta, quella di ricevere 19 appartamenti per le rispettive famiglie proprio all’interno dell’insula viene categoricamente scartata da Milone, anche di fronte a garanzie di ordine: “capisce che dal momento in cui io assegno a voi gli appartamenti, questi verranno automaticamente occupati da altri sfollati. Proprio perché quella abitativa è un’emergenza non è possibile privilegiare voi, rispetto a famiglie che, in alcuni casi, anche da vent’anni aspettano di vedersi assegnare una casa.”

Hanno provato ad assegnare spazi ad ambulatori, a caserme di carabinieri, a centrali di polizia, ad ambulatori, che sono stati puntualmente occupati, prima della loro entrata in funzione. Che quella che è stata propriamente definita “guerra tra poveri” non possa continuare, è chiaro anche a Milone, che avanza una nuova proposta: “in piazzetta Pace vi sono degli uffici in cui ho lavorato per otto anni. Una parte di questi è stata assegnata all’associazione “Palermo Differenzia”. Si tratta di una locazione temporanea , in attesa di una nuova soluzione”.

Così dopo un sopralluogo di Milone e altri tecnici, saranno gli abusivi a valutare la fattibilità dell’accordo. All’arrivo dei portavoce allo Zen, un’ora dopo la loro partenza, le domande arrivano velocemente. Gli occupanti restano al loro posto, così come polizia, carabinieri e vigili urbani. Anche Marcella è ora al balcone, e con l’annuncio di Vincenzo, dopo mesi di tribolazioni, una speranza di legalità, stavolta con il sostegno anche delle istituzioni, sembra ridare vita agli animi dello Zen.


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