Dello sceriffo aveva la velocità e la precisione nell’uso della pistola. Abilità che però non furono sufficienti a Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo, la mattina del 21 luglio 1979. Quel giorno di trent’anni fa, infatti, il superpoliziotto venne preso alle spalle, centrato da sette colpi di pistola sparati dal boss corleonese Leoluca Bagarella, poco dopo essere entrato al bar Lux di via Di Blasi.
In polizia fin dall’inizio degli anni Settanta, quello di Boris Giuliano fu un ruolo di primo piano all’interno delle Forze dell’ordine, maturato soprattutto in seguito al suo lavoro in indagini importanti come quelle sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, o degli omicidi del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e di Michele Reina, l’allora segretario provinciale della DC.
Dotato di una estrema duttilità, Giuliano aveva messo a frutto gli anni trascorsi in America ad apprendere le tecniche investigative direttamente dagli uomini dell’Fbi. Rappresentava l’essenza dell’intelligente e fedele servitore dello Stato, capace di integrare la sua straordinaria tecnica nell’uso delle armi, ad un fiuto sopraffino nelle indagini patrimoniali. Fu tra i primi, infatti, a comprendere a fondo l’importanza dell’analisi dei movimenti bancari, per ricostruire al meglio tutte le dinamiche legate a Cosa nostra.
Un senso del dovere ed una dedizione al proprio ruolo che Boris Giuliano pagò con la vita quella calda mattina d’estate.
A.T.
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