PALERMO – Pentiti vecchi e pentiti nuovi. Nelle indagini sulla mafia di oggi è forte l’impronta dei collaboratori di giustizia. Magistrati e investigatori sono stati bravi a incrociare le dichiarazioni, a volte anche a farne a meno, e a cercare i riscontri. È un grande puzzle a cui di recente si sono aggiunti i tasselli più importante con il pentimento di Francesco Colletti e Filippo Bisconti, capimafia di Villabate e Belmonte Mezzagno. C’erano anche loro nella nuova cupola.
Potere, scontri, affari, piani di morte: una decina di collaboratori di giustizia svelano la storia delle recente Cosa Nostra. Il mensile S in edicola ha dedicato uno speciale allo loro dichiarazioni, pubblicandole integralmente.
Da Villabate a Ciaculli, da Pagliarelli a Porta Nuova: i mafiosi si mescolano alla gente comune. Mentre passeggiano discutono di faccende delicate. Come le frizioni che ad un certo punto misero contro i capi mandamento di Palermo e provincia. Leandro Greco, giovane boss di Ciaculli, voleva tagliare fuori Colletti e Bisconti dalle decisioni importanti.
“… dopo circa un mese, credo, da quella riunione, quindi giugno, ma poteva essere inizio luglio, mi rivedo, mi incontro con Greco Michele e Greco Michele – racconta Colletti – mi dice, prima tutti gli elogi, sei una brava persona, bla, bla, bla, mi dice che nel prossimo appuntamento di settembre io non dovevo partecipare, non te la prendere, non è una cosa nei tuoi confronti”.
Colletti non gradisce le parole del giovane Greco. Teme di essere messo da parte e “ho cercato io a Bisconti, io, e io gli ho raccontato questa storia. Il Bisconti se n’è andato su tutte le furie…in via Maqueda a passeggiare a piedi, non ci siamo mai incontrati né in una casa, magari ci andavamo a prendere un caffè, ma ci facevamo lunghe passeggiate. Una volta da Via Mariano Stabile siamo arrivati al porto e siamo tornati di nuovo a piedi… si è infuriato perché ha pensato, ha pensato che invece il problema era contro di lui, cioè proprio, me l’ha proprio manifestato… dice: tutta questa… mi vogliono togliere un po’ della mia forza. Visto che lui ha i paesi, tutti i paesi, non facendo partecipare a nessuno dei paesi, si discutevano le cose un po’ più strette. Il Bisconti dice: “a me così non mi sta bene, ora noi facciamo un appuntamento…”.
Mentre lavoravano alla riorganizzazione di Cosa Nostra i boss dovevano occuparsi della gestione delle famiglie mafiose. E cosi i racconti dei pentiti scendono nei dettagli di una macchina organizzativa che gestisce il territorio in maniera capillare. I verbali si popolano di personaggi ancora a piede libero. Continua a leggere sul mensile S in edicola.