Droga a Catania, chi è il narcos Carmelo Scilio - Live Sicilia

Cocaina, pentiti, videotape: le accuse di narcotraffico a Carmelo Scilio

L'uomo è accusato di avere spostato droga tra la Calabria e Catania
OPERAZIONE "DEVOZIONE"
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CATANIA – Un narcotrafficante impegnato a rifornire di cocaina le piazze di spaccio catanesi, come emergerebbe dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Oppure un semplice consumatore di cocaina, con problemi di salute, a cui a volte è capitato di fare qualche cessione, come sostiene il suo avvocato difensore.

Sono due versioni diverse di una stessa persona, coinvolta nel blitz Devozione che ha smantellato un traffico di cocaina attivo tra la Calabria e Catania. Carmelo Scilio sarebbe, secondo l’accusa, il distributore a cui si rivolgevano diversi esponenti della criminalità catanese, e ancora oggi il suo gruppo sarebbe stato impegnato a “scalare” le piazze di spaccio catanesi.

Il blitz “Capricornus” e le videocamere

Melo Scilio è sotto gli occhi delle forze dell’ordine almeno dall’aprile 2019, quando nell’operazione “Capricornus” è accusato, e in seguito condannato, per essere stato a capo di un gruppo che trafficava cocaina e marijuana. Dall’agosto 2019 è agli arresti domiciliari nella sua casa di via Capricorno.

Proprio in questo periodo gli investigatori vengono a sapere che Scilio sarebbe impegnato di nuovo nel narcotraffico, con un gruppo diverso, e per questo piazzano delle videocamere davanti alla sua abitazione. In questo modo documentano il passaggio di diversi spacciatori, referenti di piazze di spaccio ed esponenti della criminalità catanese.

Da casa di Scilio in quel periodo, dal giugno al luglio del 2020, passano Bruno Cidoni e Antonio Pezzano, considerati i referenti calabresi del traffico e su cui si è sviluppata in seguito l’inchiesta Devozione. Passano Fabrizio Cavallaro, Gino Gueli e Francesco Mannino, considerati parte dell’organizzazione di narcotrafficanti guidata da Scilio.

Gli scambi di droga

Da Scilio passano anche Martino Carmelo Sanfilippo ed Emilio Gangemi. Il primo in quel periodo gestisce la piazza di spaccio di viale Grimaldi 18 ed è uno degli uomini di Carmelo Distefano, leader dei Cursoti milanesi. Il secondo è descritto come “uomo di fiducia” di Massimiliano Cappello, fratello del boss dei Cappello Turi. Gangemi avrebbe gestito una piazza di spaccio in via Capo Passero.

In poco più di un mese le videocamere davanti casa di Scilio documentano il passaggio di diversi personaggi coinvolti nel traffico e nello spaccio di cocaina. Molto spesso chi entra o esce ha in mano degli involucri marroni, segno, secondo gli investigatori, che nella casa in cui Scilio è agli arresti domiciliari stanno avvenendo degli scambi di cocaina.

Tutto finisce, almeno per la parte che riguarda Scilio, nel luglio 2020, quando l’uomo è arrestato nell’ambito di un altro procedimento. A quel punto gli investigatori si concentrano su Fabrizio Cavallaro, un altro pezzo del gruppo di Scilio, e soprattutto sui referenti calabresi Cidoni e Pezzano.

Le parole dei pentiti

La figura di Scilio è ricostruita, nell’ordinanza di custodia cautelare, anche attraverso le parole di quattro pentiti. Uno di loro è proprio Martino Carmelo Sanfilippo, che ha iniziato a collaborare con la giustizia dopo la sparatoria di Librino. Sanfilippo conferma di avere comprato cocaina da Scilio. Anche Carmelo Liistro, del clan Cappello, dice in un interrogatorio di conoscere Scilio come trafficante di cocaina.

Salvatore Castorina, ex membro dei Cappello, parla di Scilio in dettaglio, raccontando che in precedenza era un venditore di materassi e che grazie a questo lavoro ha sviluppato una rete di contatti in Sicilia che poi avrebbe usato per muovere la cocaina. Castorina aggiunge anche che Scilio avrebbe detto di “appartenere alla famiglia di Turi Cappello, di cui spendeva il nome”, e riferisce la voce secondo cui Scilio sarebbe stato un “confidente di polizia”.

La stessa cosa ma in termini più netti la dice anche Michele Vinciguerra, coinvolto nel 2022 nel blitz Kynera che smantellò un altro traffico di cocaina tra Calabria e Catania. Vinciguerra dice di non avere mai avuto rapporti con Scilio perché “si dice che questi sia sbirro e che passi informazioni alle forze dell’ordine”.

“Mai collaborato con la giustizia”

A smentire la collaborazione di Scilio con la giustizia, a qualsiasi titolo, è il suo avvocato Luigi Zinno: “Scilio non ha mai avviato nessun percorso di collaborazione con la giustizia né ha mai passato informazioni”.

In più, Scilio non avrebbe mai fatto parte di nessun clan catanese: “Il mio cliente non è mai stato parte di nessuna associazione – prosegue l’avvocato Zinno – ad accusare Scilio sono solo le parole di alcuni collaboratori, e proprio per questo abbiamo chiesto il confronto in aula”.

L’attività e la smentita

Nel momento del suo arresto per il blitz Devozione Scilio si trovava agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ed è stato poi portato al carcere di Siracusa. Tra i motivi per l’urgenza della misura cautelare il Gip cita una nota della Squadra mobile di Catania del marzo 2024 secondo cui anche il gruppo di Scilio sarebbe ancora attivo nel narcotraffico.

“Quanto al gruppo dello Scilio – scrive il Gip – emerge che quest’ultimo sta ponendo in essere una vera propria ‘scalata’ alle piazze di spaccio: a fronte di un indebolimento di gruppi contrapposti (su tutti quello dei Nizza, storicamente affiliato al clan Santapaola-Ercolano) il gruppo di Scilio sta cercando di prendere il predominio sulla piazza di spaccio di via Capo Passero”.

Su questa annotazione, l’avvocato di Scilio precisa: “Il mio cliente ha da tempo grossi problemi di salute di tipo respiratorio. È stato operato alla gola, ha bisogno di usare ossigeno e anche adesso, in carcere, ha bisogno di assistenza. Trovo difficile che trovasse il tempo di occuparsi di narcotraffico, o che volesse gestire delle piazze di spaccio”.


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