PALERMO – “Noi scendevamo tutti a fare le rapine di camion e ci conoscevamo cosi… non avevo mai fatto conto con la mafia, ero soltanto un rapinatore”. Ed invece Giovanni Vitale mafioso lo sarebbe diventato qualche anno dopo. Mafioso e oggi pentito.
All’inizio, però, si occupava solo di assalti ai tir, tanto che Rosario Profeta, titolare di una ditta di auto trasporti e arrestato a fine 2015 con l’accusa di essere un pezzo grosso della mafia di Santa Maria di Gesù, lo volle accanto a sé. Chi meglio di un rapinatore poteva tenere altri rapinatori alla larga dai suoi camion. Il primo incarico di rilievo ricevuto da Vitale fu la raccolta del soldi delle scommesse sportive: “Tutti i soldi dei clandestini di Zen… San Lorenzo diciamo… me li davano a me i sacchi con i soldi e allora li consegnavo mi sembra che gli dicono ‘il topo dello Zen’… però se non mi sbaglio è il papà di un impiegato che c’è a Pallavicino… in una carnezzeria”.
Erano gli anni d’oro del totonero e del lotto clandestino. Gli affari andavano a gonfie vele. Vitale arrivava “in una specie di palestra… entravo là… mi davano i sacchi con i soldi, andavo a Pallavicino” e consegnava il denaro. Cera ancora in vigore il vecchio conio e Vitale veniva retribuito con 500 mila lire a settimana. L’incarico gli era stato assegnato da Domenico Serio, nome noto allo Zen. I soldi li consegnava a Giovanni Botta e Michele Catalano. Lavorava bene e arrivò il riconoscimento dei capi. E che capi: “… dopo tempo mi hanno fatto anche i complimenti dicendo che padre e figlio erano contenti di questa situazione come la svolgevo… penso che parlavano di Sandro Lo Piccolo e Salvatore Lo Piccolo”.
Poi, passò alla droga ed entrò in società con Rosario Profeta e Antonio Guida, che sarebbe divenuto pure lui un collaboratore di giustizia. Compravano cocaina ed eroina e la vendevano in tutta la città, dallo Zen alla Noce, da San Lorenzo al Borgo Vecchio. Vitale fa il nome delle persone da lui rifornite: “Guido Spina, Francesco Paolo Ricco, Felisiano e Tommaso Tognetti, Giuseppe Bonura, Vincenzo e Rosolino Lo Monaco, Ottavio e Gino u mitra Abbate, Domenico Serio, Nino Pizza, Filiberto Palermo e Massimo Billeci”. Compravano la droga dai grossisti napoletani o dai Fascella della Guadagna.
Infine Vitale si trovò fianco a fianco con Giuseppe Fricano, l’insospettabile meccanico sponsorizzato dal boss di Porta Nuova, Alessandro D’Ambrogio, per la nomina a reggente del mandamento di Resuttana. Gli fu affidato un compito delicato: “Profeta mi chiamò per dargli un aiuto all’ippodromo… si incontrava con Sergio Giannusa (altro pezzo grosso di Resuttana, ndr) e si organizzavano le corse dentro l’ippodromo…. Fricano aveva messo a Gigetto (Gigetto Siragusa) responsabile dell’ippodromo”.
Iniziava il nuovo corso all’interno della struttura di viale del Fante. Bisognava lasciarsi alla spalle “la baldoria… se dovevo fermare un cavallo ci andavo e già mi sbrigavo, e poi li lasciavo là e me ne andavo… a loro invece gli piaceva stare là. Noi quando fermavano i cavalli, anche quando c’ero io, non è che rimanevo là a vedermi le corse… facevo questo e subito me ne andavo. Meno mi facevo vedere meglio era…”. Assieme a Vitale all’interno dell’ippodromo avrebbero lavorato “Antonio Taralla, Nicola Geraci, Vincenzo Lucà e Antonino Siragusa”. Sono solo alcuni dei tanti nomi messi a verbale dall’ultimo pentito di mafia.