PALERMO – L’avvocato Memi Salvo e Gaspare Canfarotta – trafficante di droga pentito – si danno appuntamento all’agenzia della Banca di Roma di via Sciuti a Palermo. Il penalista ha prenotato 30 mila euro in banconote da 500 euro. Sono parte della vendita della casa intestata alla madre. L’avvocato Salvo ha deciso, dice l’accusa, di fare soldi con la droga. Quei soldi che aveva guadagnato copiosi quando era uno degli avvocati più impegnati nella difesa dei mafiosi. Su tutti, i fratelli Graviano di Brancaccio si cui aveva finito per essere consigliere legale ed economico. Una vita al massimo fra locali notturni della Palermo bene, discoteche e cocaina. Poi, la batosta. L’arresto, la condanna, il carcere e uno stile di vita rivisto, per forza di cose, al ribasso. Fino a quando, Memi Salvo avrebbe deciso di tornare ai fasti di un tempo, ripartendo poprio dalla cocaina.
Quindici giorni dopo il prelievo dei contanti, Canfarotta parte per il Perù per incontrare un tale Victor, ex guerrigliero delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Quest’ultimo è il gancio per arrivare ad un grosso narcotrafficante, soprannominato El Gordo, che vive nel quartiere Callao di Lima. È con lui che Canfarotta, come lui stesso racconta, concorda la consegna di un chilo e mezzo di cocaina purissima.
Canfarotta rientra all’aeroporto di Punta Raisi il 3 marzo 2009. Viene controllato, identificato ma non fermato. Una scelta precisa dei poliziotti che da lì in poi monitorano i suoi contatti palermitani. E così alle 17.12 viene rintracciato da un’utenza telefonica intestata ad Aldo Monopoli, ma in uso a tale Memi. È l’avvocato Salvo che gli dice: “Ben tornato nel mondo civile, tutto a posto?”. Risposta: “Insomma, sì, diciamo però… poi ti spiego ci dobbiamo vedere per parlare di molte cose”.
Il corriere è previsto che arrivi a Palermo da Madrid, via Quito, in Ecuador, dove i controlli sono meno rigidi. Il giorno della consegna, però, Victor informa Canfarotta che il corriere è sparito. Il grossista, però, si impegna a risolvere il problema, Stavolta devono essere i palermitani a scegliere l’uomo che trasporti in Sicilia cinque chili di cocaina.
Cominciano i contatti frenetici “con Salvo, Monopoli e altri personaggi interessati alla spedizione – si legge nelle carte dell’inchiesta -. Tra questi, “Mimmo Marino, Christian Mancino, Elviro Paradiso (costruttore della famiglia mafiosa di Partinico), alcuni componenti di alcune famiglie mafiose individuate dall’avvocato Salvo e un esponente mafioso di Alcamo di circa 35 anni, con la passione per i cavalli”. Del carico, però, nei giorni successivi non c’è traccia. Memi Salvo è preoccupato e si sfoga con Canfarotta. “… non ti sei fatto sentire… non abbiamo notizie, come finì tutto bene? Quando vuoi tu ci vediamo e ne patrliamo mi informi perché sono sulla graticola per ora”.
Per risolvere la faccenda, Canfarotta decide di affidarsi a Johnny Luis Rodrigo Baron, anche lui indagato, un peruviano che vive a Chiusi, in Toscana. Il 10 marzo Canfarotta avvisa Salvo che “stasera arrivano”. Secondo l’accusa, si riferirebbe a Barone e alla compagna. Nell’affare è coinvolto pure Aldo Monopoli che però non versa la sua parte di soldi. Il penalista è stanco di aspettare: “… è meglio non contarci e levarci mano, che io ci avevo messo una croce su questi soldi e mi pare che è giusto fare così”.
La faccenda, però, si complica. I peruviano fanno sapere che invieranno la roba solo dopo avere ricevuto tutti i soldi. Finora ne hanno incassato 20 mila euro, bonificati su un conto corrente estero, sufficienti solo per l’acquisto di un chilo di cocaina e non dei quattro concordati. A rendere più difficile la trattativa ci si è messo pure l’arresto di Fumuso per associazione mafiosa. A questo punto Canfarotta decide di andare in Perù per rendersi conto di cosa sia accaduto. Un mese dopo la situazione non è migliorata. Lo dimostrano le parole di Memi Salvo: ”Io non posso continuare, capito? Mi sento un coglione in questo caso”. Nonostante gli sforzi, i palermitani, Memi Salvo compreso, resteranno a mani vuote.
Non si arrendono, però. E provano ad organizzare un secondo viaggio. Stavolta incaricano direttamente Aldo Monopoli di andare a prelevare la cocaina in Perù. Il viaggio di rientro si interrompe bruscamente all’aeroporto di Lima. Il 28 agosto 2009 Monopoli fa in tempo a inviare due sms a Canfarotta. La sequenza è inequivocabile. “Mi arrestano”. “Mi hanno arrestato”.
Intanto interviene il difensore dell’imprenditore di Partinico, Elviro Paradiso, l’avvocato Nico Riccobene per precisare che “il signor Elviro Paradiso non ha alcun tipo di rapporto con l’avvocato Memi Salvo nè con gli altri personaggi citati nell’articolo. Paradiso è stato assolto dalla Corte d’appello di Palermo dall’accusa di associazione mafiosa con sentenza del 7 maggio 2013”.