PALERMO – Il profondo rosso degli ultimi tre anni è solo un ricordo. Il Palermo, seppur alla sua maniera (ovvero grazie ai diritti tv e alle plusvalenze), ha invertito il trend degli ultimi bilanci, chiudendo in attivo l’esercizio relativo alla stagione sportiva 2014/15. Un attivo che sostanzialmente equivale ad un pareggio, dato che l’utile al netto delle imposte è di soli 296.885 euro, ma dopo aver perso 27,7 milioni solo nell’esercizio precedente (senza contare i 4 e i 19,4 milioni di passivo degli ultimi tre anni) era fondamentale ritrovare il segno positivo nella stagione del ritorno in massima serie. È il risultato di un percorso iniziato un anno fa, che punta ad una riduzione drastica dei costi e alla ricerca di nuove fonti di ricavo, ma che al momento deve fare affidamento su quelli che sono i punti di forza di tutte le medio-piccole della Serie A.
Le plusvalenze, indubbiamente, giocano un ruolo fondamentale nella strada verso il ritorno ad un utile positivo. Mai nell’ultimo quinquennio il club di viale del Fante aveva registrato un risultato di questo genere per ciò che riguarda la gestione economica del proprio parco calciatori: 38,7 milioni di plusvalenze, più altri 4,1 milioni dalle compartecipazioni, con un risultato positivo per ciò che riguarda la player trading (il raffronto tra costi e ricavi relativi al parco calciatori) pari a 15,7 milioni di euro. Tutto ciò non sarebbe potuto essere possibile senza la cessione di Paulo Dybala, contabilizzata prima del 30 giugno 2015, che ha fruttato una plusvalenza di 27,6 milioni di euro. Tra le altre plusvalenze, spicca quella dovuta alla cessione di Hernandez all’Hula City, pari a 7,3 milioni. Sciolto inoltre il nodo sulla cessione a titolo temporaneo di Muñoz alla Sampdoria, che ha versato sulle casse del Palermo 500 mila euro.
Alla domanda “cosa sarebbe il Palermo senza cedere i suoi gioielli?” arriva la solita, ineffabile, risposta: un club dal fatturato netto pari a 50,4 milioni di euro, a fronte di costi operativi pari a 68,1 milioni. Questo perché, sul fronte dei ricavi operativi, il club di viale del Fante e la maggior parte delle società calcistiche italiane faticano a non dipendere dai proventi televisivi. Le tv hanno portato nelle casse del Palermo 34,6 milioni di euro, ovvero 34,2 milioni in più rispetto all’esercizio facente riferimento alla stagione in Serie B (proprio nella giornata di domani si svolgerà l’udienza al Collegio di garanzia dello sport sul ricorso contro la Lega Serie B per la decurtazione da 1,5 milioni sui suddetti diritti tv, ndr) e 1,1 milioni in più rispetto all’ultima stagione disputata in massima serie, senza prendere parte a competizioni europee. I restanti 15,7 milioni arrivano dal botteghino (4,1 milioni, praticamente pari all’ultimo anno in A, ma addirittura meno della metà rispetto alla stagione 2010/11), dal settore commerciale (5,6 milioni contro gli 1,1 milioni del 2014) e altri 6 milioni di ricavi alla voce “altri proventi”.
La conclusione del rapporto con Puma, dopo l’anno della retrocessione e la stagione in Serie B, è stata manna dal cielo per il Palermo, che ha potuto così ritrovare una fonte di ricavo dalle sponsorizzazioni. Il club di viale del Fante resta uno dei tre club di massima serie a non avere ancora un main sponsor, ma riesce quantomeno a portare a casa 2,85 milioni dalle sponsorizzazioni di Joma e CMB (second sponsor da dicembre 2014 a giugno 2015). Nell’esercizio precedente, il Palermo ha ottenuto solamente 572 mila euro dagli sponsor, ovvero Puma (con la quale c’era una clausola di esonero nell’eventualità di una retrocessione in Serie B) e Sigma, second sponsor da agosto a febbraio 2014.
I costi del personale, pari a 41,8 milioni di euro, incidono per circa il 44% sul totale dei costi della produzione. Il dato è in aumento del 20% rispetto all’ultimo bilancio e ricopre l’83% del fatturato netto della società. La nota positiva arriva dagli ammortamenti, in calo da 23,3 a 22,2 milioni di euro, a testimonianza del percorso intrapreso dal club per ridurre il “peso” del parco giocatori sulle casse societarie. Un dato che indica, come d’altronde s’è visto tra gennaio e giugno, la presenza di tesserati prossimi alla scadenza del contratto: non solo Muñoz e Barreto, che hanno deciso di non proseguire il proprio impegno oltre la naturale scadenza dell’accordo, ma anche Morganella, che invece ha optato per il rinnovo. In aumento, infine, i costi per servizi, passati da 6,3 a 14,3 milioni, con ben 11,3 milioni di “spese amministrative, pubblicitarie e generali”. In questa voce è compreso l’importo versato a consulenti esterni per operazioni di mercato: su tutti, la Calcio Sudamerica LLC, a cui sono andati 4 milioni per la cessione di Dybala.