“Affievolire il 41bis”: E’ questo l’auspicio del Dipartimento per gli affari giuridici della Presidenza del Consiglio contenuto in una relazione presentata l’11 luglio scorso a Roma. Il rapporto, che contiene una presentazione del sottosegretario Gianni Letta, prende in esame le contestazioni e le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia a cui si addebitano particolari ritardi nel decidere i ricorsi presentati dai detenuti contro il carcere duro.
Rilievi che consentono al Dipartimento di “invadere” un campo tutto politico in una delle materie più incandescenti nella lotta antimafia: “In prospettiva – si legge – si potrebbe pensare di trasformare il 41 bis da regime speciale a regime ordinario di detenzione (derogabile, quando è il caso, in senso favorevole ai detenuti), o addirittura a pena di specie diversa, inflitta dal giudice con la sentenza di condanna, e prevedere meccanismi di affievolimento o revoca nel corso dell’esecuzione, alla stessa stregua di quanto accade attualmente per tutte le altre pene in genere”. L’obiettivo inoltre – sottolineano da Palazzo Chigi – eviterebbe i ricorsi al Tribunale europeo, la periodica reiterazione dei decreti per i detenuti e consentirebbe di liberare ”rilevanti risorse lavorative”.
Insomma il 41 bis costa e deve essere rivisto. Ma non solo. Perché il passaggio più delicato deve ancora arrivare. E’ quello in cui si parla dell’affievolirsi delle esigenze di mantenere il 41bis per coloro che da molti anni scontano la pena nei bracci speciali. “ I primi 41 bis – sostiene il rapporto – sono in proroga continua da circa 15 anni – per cui si percepisce, nella magistratura di sorveglianza, un certo disagio nel motivare la perdurante sussistenza, dopo tanto tempo di contatti con le associazioni criminali di riferimento, anche perché difficilmente la polizia svolge indagini sui condannati e dunque mancano relazioni di polizia giudiziaria effettivamente utilizzabili”.
Se questo principio passasse magari non Riina – di cui peraltro si hanno prove di reiterati e riusciti tentativi di comunicare all’esterno – ma sicuramente il suo braccio destro il boss Salvatore Biondino, uscirebbe dal 41bis e con lui centinaia di altri mafiosi.
L’auspicio del Dipartimento parte da un assunto: che i mafiosi al 41bis da oltre un decennio non hanno più rapporti con i loro sodali esterni e quindi non avrebbe senso che continuino a scontare la pena con i limiti imposti dal carcere duro. Un’assurdità, visto che se uscissero dal 41 bis riprenderebbero in pieno il controllo dell’organizzazione, commissionando anche dal carcere altri reati. Una proposta dettata dal caldo o da precisi calcoli politici?