PALERMO – Leoluca Orlando arriva alla conferenza stampa indetta a Palazzo delle Aquile per parlare di politica, raccontando prima di tutto i suoi impegni di giornata per le iniziative legate a Palermo Capitale della Cultura. Il sindaco rivendica di avere avviato un “cambio culturale” e ricorda i riconoscimenti nazionali e internazionali. Ricorda il lavoro svolto sulla mobilità sostenibile: “Abbiamo avviato tutte le forme di sharing, manca solo u gnuri sharing”. “Mancano gli scecchi”, scherza un cronista. “No, cinn’è assai”.
(il video di Roberta Zarcone)
Orlando torna sul consueto elenco di risultati ottenuti su, fronte delle partecipate, della mobilità urbana, del bilancio. “Sono il sindaco del mattone con consumo di suolo zero”, dice. Ricorda “l’affollatissima assemblea cittadina” al Golden. “È possibile che si realizzi un cambio culturale senza un cambio politico? È evidente che noi abbiamo affermato un cambio culturale. Il mio partito si chiama Palermo. Lo confermo esprimendo un appello a tutti i cittadini, a tutti gli elettori a cogliere la condizione eversiva governativa di questa esperienza”.
“Questo tipo di appello lo faccio a tutti. Palermo non è Roma, aggiungerei per fortuna. Faccio appello che sostengano la candidatura che non ho ancora presentato. E voglio esprimere sin da adesso un ringraziamento a tutti coloro che esprimono un apprezzamento per la condizione speciale di questa amministrazione. Io non transigo: nessuno cambierà lo scenario culturale che si sostanzia nelle esperienze che ho elencato. Noi dobbiamo rafforzarlo questo cambio. Ringrazio tutte le forze politiche che faranno un passo indietro aspettando la dimensione civica di questa esperienza. Un apprezzamento a tutte le forze politiche che hanno sostenuto questa esperienza – ancora -. E chiedo loro un passo indietro. E a quelle che vorranno sostenerla. E lo chiedo anche a loro. Qui non discutiamo del prossimo governo del mondo, dell’Europa, dell’Italia e della Sicilia. Qui parliamo della città. Se si pensa che questa esperienza debba proseguire ed essere migliorata, iniziano cinque anni di primarie di scelta dei cittadini per scegliere la guida per il 2022″.
“Se questo ragionamento è accettato è evidente che non ci saranno accanto a me simboli di partito – prosegue -. Lo dico non ponendo una condizione ma rivolgendo un invito a fare tutti un passo indietro per farne due in avanti. Facciamolo per questa straordinaria, bellissima città che dopo anni di sacco, cemento e violenze, ora è un nodo di connessioni. Il listone è la negazione di quello che sto dicendo – aggiunge Orlando -. Noi avremo liste civiche. Avremo una pluralità di liste con una pluralità di presenze e nessuna sarà riferibile al governo nazionale o regionale”, dice il sindaco rispondendo ai giornalisti. “Non sono più gli apparati di partito ma sono i cittadini che scelgono senza avere condizionamento ideologico di tipo partitico. L’invito che faccio è di farsi contaminare da me. Io non ho partito. Ne ho fatto uno e ne ho sfasciati tanti. Il listone deve essere una lista civica non fare riferimento a una coalizione nazionale o regionale”, spiega ancora più chiaramente Orlando.
E ancora: “Palermo è Palermo. Le liste saranno civiche e non faranno riferimento a coalizioni che sostengono governi altrove. Saranno fatte da candidati, non da partiti”, insiste Orlando, discostandosi nei fatti dall’impostazione proposta dal Partito democratico. I dem avevano infatti studiato l’ipotesi di una lista che facesse riferimento alla coalizione che a Roma aveva sostenuto il governo Renzi e che altrettanto sta facendo con l’esecutivo Gentiloni. Un orientamento che si era concretizzato con un listone denominato ‘Patto per Palermo’, già anticipato da Livesicilia. Nel simbolo messo a punto dagli strateghi della comunicazione dei dem il chiaro riferimento ai colori del Pd, e dei centristi. Una impostazione che però non sembra piacere a Orlando, che ieri aveva registrato l’insofferenza degli alleati di sinistra.
Il sindaco, inoltre, annuncia anche controlli sull’etica dei candidati. “Io ritengo che il Partito democratico abbia l’interesse a partecipare a un progetto”. E quando gli si fa notare che così si smonta l’impostazione proposta dal Pd al tavolo della trattativa. “Io non ho smontato niente”, risponde. Ma esclude che nella coalizione ci saranno atteggiamenti di “tanto a me, tanto a te”, perché “il sindaco sono io e le scelte le faccio io”.
Ora la palla passa ai potenziali alleati. La soluzione salomonica trovata dal Pd di una rinuncia al simbolo giustificata dalla scelta politica di una lista di coalizione è stata di fatto messa in crisi dall’uscita odierna del Professore. E la strada dei dem per un accordo si fa sempre più stretta.