PALERMO – E’ la storia di un presunto errore medico che coinvolge un poliziotto. Di un intervento non andato per il verso giusto, di una vita stravolta e di una causa di risarcimento in corso.
Dal 2017 è previsto il cosiddetto “accertamento tecnico preventivo” dinanzi al presidente del Tribunale di Palermo. Cosa che ha fatto l’avvocato Sergio Burgio per conto del giovane agente in servizio a Termini Imerese.
Il Tribunale altro non fa che nominare un perito che valuti il caso ai fini della conciliazione della lite. La perizia serve a fare emergere, nei casi di presunta malasanità, eventuali responsabilità per negligenza, imperizia, imprudenza da parte dei sanitari.
Il calvario del poliziotto inizia nel 2016 quando si sottopone ad un elettrocardiogramma e ad un eco cardiogramma. Il medico dell’ospedale militare si accorge subito che le condizioni sono serie. Nella successiva visita, stavolta all’Ingrassia, scopre di avere un grave aneurisma all’aorta e deve immediatamente essere operato.
Si decide di eseguire l’intervento alla clinica Villa Maria Eleonora. Il paziente non si risveglia, viene trasferito all’Ismett dove 12 ore dopo riceve il cuore di un donatore napoletano e viene sottoposto ad un trapianto. La sua vita è stravolta. Episodi di rigetto, nuove cure, riabilitazione.
I familiari si rivolgono all’avvocato Burgio che incarica un cardiochirurgo di esperienza e di fama internazionale e un medico legale affinché, esaminate le cartelle cliniche, si cerchi di comprendere cosa effettivamente sia accaduto in sala operatoria. La conclusione è che, secondo gli esperti, è stato commesso un errore fatale. Da qui la la causa civile per risarcimento danni.
E siamo giunti alla all’accertamento tecnico preventivo. La perizia disposta dal giudice ha fatto emergere l’errore nell’utilizzo di una cannula da parte dei due cardiochirurghi che operano a Villa Maria Eleonora: “Sussiste il nesso di causalità tra verificare, nel caso in cui sussista il suddetto nesso causale tra l’eventuale sussistenza di una condotta imprudente da parte dei sanitari, in relazione alle cannule di perfusione coronarica utilizzate (segnalate nel foglio redatto dal tecnico perfusionista) per l’infusione della cardioplegia. Sarebbe stato necessario utilizzare cannule di perfusione coronarica consone alle coronarie da incannulare, previo un adeguato studio dei vasi coronarici. Sulla base degli elementi disponibili oggetto di valutazione una condotta prudente cui avrebbero dovuto uniformarsi i dottori Fattouch e Dioguardi parimenti sarebbe stata quella di valutare con maggior attenzione la congruità delle cannule scelte per la cardioplegia, nel caso di specie come già detto non consone; l’adozione di siffatta condotta sarebbe valsa ad evitare – le conseguenze patite dal ricorrente rappresentate da una grave mancanza di perfusione miocardica causa di un infarto devastante nel periodo per operatorio”.
I due medici continuano a ribadire, tramite l’avvocato Ermanno Zancla, che gli stessi periti hanno stabilito che l’intervento è stato eseguito correttamente. Non era compito loro quello di scegliere la cannula.
“Nessuno però ha risposto alla richiesta di conciliazione e a questo punto è iniziata la causa civile finalizzata a stabilire l’entità del risarcimento dei danni – spiega l’avvocato Burgio – essendo ormai accertata giudizialmente la responsabilità dei sanitari e della struttura. La causa è fissata per il prossimo mese di maggio 2020”. L’esito però non è scontato. Adesso si apre un nuovo capitolo civile dove i medici potranno fare valere le loro ragioni che hanno sempre sostenuto.
“Si tratta di una valutazione preliminare – replica l’avvocato Zancla – suscettibile di essere rivista in sede di giudizio e già in questa fase è stata esclusa una responsabilità diretta dei cardiochirurghi”.
Il poliziotto ha reagito. È stata dura svestire la divisa. La vita di un trapiantato è complicata, ma ha deciso di non mollare, assistito dalla moglie e dai figli. E così è iniziato il suo impegno per divulgare, soprattutto fra i ragazzi delle scuole, la cultura della donazione. La sua storia, racconta, è la dimostrazione che un gesto d’amore può salvare una vita. Al momento, però, anche questo impegno ha ricevuto una battuta d’arresto. Chi vive nelle sue condizione non può correre il rischio di ammalarsi per il Coronavirus.