CATANIA – “I rumori che sente sono i muratori che sistemano casa: nella mia vita non ci sono solo le campagne elettorali”. Raffaele Stancanelli, tra i fondatori del fu “Diventerà bellissima”, fresco candidato salviniano in corsa per la riconferma all’Europarlamento ci riceve nel suo studio di casa.
Prima di accendere il registratore arriva una richiesta che è quasi la misura delle tante parole non dette in questi mesi: “Riusciamo a parlare di temi o dobbiamo per forza soffermarci sulle polemiche della politica?”.
Partiamo intanto dalla gente e dagli elettori: come sta andando?
“Riscontro grande affetto e avvicinamento di tanti amici. Le mie campagne elettorali sono fatte contattando tutti uno per uno. E sì, avverto molta fiducia”.
Eppure si avverte anche un clima di disaffezione nei confronti di questa tornata elettorale.
“È vero. Ed accade essenzialmente perchè l’Europa non è sentita: e questo avviene per colpa della politica che non ha mai fatto comprendere come il 70% della legislazione italiana parta da Bruxelles ed incida direttamente sul nostro ordinamento giuridico. E, allora, ecco che si crea questo clima di disaffezione”.
E come si abbatte questo muro di quasi indifferenza?
“Facendo comprendere quanto è importante l’Europa. Ma mi lasci dire anche che all’Europa va fatto capire che non può imporre alle vite degli italiani e dei siciliani le astruse vie del politicamente corretto”.
E lei che per cinque è stato un rappresentante del nostro Paese, che ruolo ha l’Italia nello scacchiere del parlamento europeo?
“Siamo uno dei Paesi fondatori. Ma devo dire che il nostro peso politico non è un peso politico enorme”.
Ci aiuti a capire il perchè.
“Beh, perchè negli anni non si è compresa l’importanza dell’Europa. Cosa che invece Germania, Francia e Spagna non hanno trascurato ed hanno lavorato più a contatto con le strutture europee avendo oggi un peso determinante”.
Senta, ma lei avrebbe immaginato appena cinque anni fa di non essere candidato con il suo precedente partito di FdI?
“No. E non lo immaginavo nemmeno un anno fa, mica cinque anni fa”.
In cuor suo c’è il rammarico per il modo in cui è finita? Chissà magari a anche a causa di qualche incomprensione?
“Nessuna incomprensione, anche perchè l’incomprensione c’è quando si parla ed in questo caso non si è proprio potuto parlare. A quel punto, decisi, com’è ben noto, al Congresso del novembre scorso di non ricandidarmi più perchè ero diventato un peso”.
Perchè si è verificata questa situazione?
“Libero di non credermi: ma non lo so”.
Invece, alla fine, qualcuno con lei ha parlato e fu Salvini.
“Dopo che decisi di non candidarmi più, ma avrei preferito farlo perché ritengo di aver fatto davvero un buon lavoro nelle due commissioni nelle quali lavoravo, cominciarono i corteggiamenti politici. Tra questi, quello dell’onorevole Salvini che ha avuto pubblicamente parole d’apprezzamento nei miei confronti. Ci siamo incontrati e confrontati su tante cose: soprattutto su un partito come la Lega che era divenuto nazionale e attento alle problematiche del Sud. Ed a quel punto ho deciso di continuare”.
Chi sono i suoi principali sostenitori all’interno della Lega?
“Io, intanto, ho i miei sostenitori che mi hanno sempre seguito nelle mie scelte. E poi devo dire che tutta la classe dirigente della Lega in Sicilia si muove all’unisono e mi fanno sentire un candidato forte e questo non può che farmi piacere”.
Dal suo “osservatorio estero” che idea si è fatto del percorso fatto dal governo regionale?
“La Sicilia, a mio avviso, dovrebbe incidere maggiormente nel suo rapporto con l’Europa. Le porto un esempio. Io ho tentato, ma non ci sono riuscito, di far comprendere che la presenza delle strutture siciliane a Bruxelles è indispensabile. Immagini che altre regioni come il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto hanno strutture pesanti che incidono quotidianamente con i parlamentari e le commissioni”.
Ma la Regione ha già dei locali a Bruxelles.
“La Sicilia ha i locali ma non ha dipendenti a Bruxelles e questa è una carenza che ho sottolineato tante volte. Purtroppo non c’è mai stata la volontà o la capacità di rafforzare queste strutture: non basta avere un dipendente e tener aperta, quando è aperta, la sede di rappresentanza della Regione siciliana. C’è bisogno di strutture e dirigenti per potere parlare e incidere”.
Eppure anche l’Europa appare avere numerose lacune.
“Certo. L’Europa, per esempio, è totalmente assente sui temi di politica estera. Ci sono ventisette politiche estere diverse: è di questo che ci si dovrebbe occupare. E non imporre balzelli o idee strane per esempio sull’agricoltura o la pesca. Quante battaglie si devono portare avanti per far comprendere che una cosa è la nostra agricoltura e un’altra è l’agricoltura del nord”.
Mi dice quale personalità politica, al di là degli steccati di partito, incarna il futuro della Sicilia?
“Non ho la palla di vetro. Come lei sa, a me è sempre piaciuto essere un punto di riferimento per mettere d’accordo il centrodestra. Io ho sempre lavorato per smussare gli angoli. Se sarò rieletto, e ci sono buone probabilità, mi adopererò non soltanto a svolgere il mio lavoro di europarlamentare per il quale si deve studiare molto e creare rapporti ma, questa volta, non mi assenterò dall’impegno politico più attivo. E darò la mia mano affinché dalla Sicilia esca fuori una classe dirigente che non crei scompensi. Io sono un uomo di destra ma che ha sempre coltivato il confronto con tutti”.
Per ultimo, lei che sindaco di Catania lo è stato: che giudizio mi dà del sindaco Trantino?
“Non sono nessuno per esprimere un giudizio. La situazione di Catania non è una situazione semplice, si è sempre a contatto con le difficoltà. Cose con le quali ho fatto i conti per cinque anni”.
Nessun giudizio ma una sua impressione?
“Tutti conoscono Enrico Trantino. È una persona perbene”.