PALERMO – Gettiti milionari, lotta all’evasione ma anche una rotazione anti-corruzione ancora al palo. L’arresto di quattro impiegati del settore Tributi del comune di Palermo, accusati di avere intascato tangenti in cambio di “sconti” sugli importi da pagare, provoca un piccolo terremoto a piazza Giulio Cesare. Un ramo dell’amministrazione assai delicato e a rischio corruzione, come messo nero su bianco anche dal piano triennale stilato da Palazzo delle Aquile in attuazione di una precisa disposizione di legge.
Un piano che assegna un indice di pericolosità a ogni ufficio dell’amministrazione comunale, ovvero un valore numerico che descrive quanto sia alto il rischio che girino mazzette: in una scala da 1 a 16, l’ufficio per la tassa sui rifiuti è il massimo della pericolosità, ovvero 16 e per giunta con coloro rosso. Piazza Pretoria avrebbe da diversi mesi dovuto attuare una rotazione di un terzo del personale in tutti i settori maggiormente a rischio (dall’Edilizia privata al Suap), ma questo spostamento di dipendenti e funzionari, ai Tributi, è ancora fermo: sono state firmate le disposizioni, ma non si è spostato ancora nessuno. E questo nonostante il Segretario generale, che è il responsabile del piano anti corruzione, abbia più volte sollecitato tutti gli uffici in ritardo a provvedere.
Ma cosa è questa tassa sui rifiuti? Fino al 2012 si chiamava Tarsu, nel 2013 si trasformò in Tares e oggi è diventata Tari: una girandola voluta dal legislatore nazionale che però non è solo nominale. Se infatti la Tarsu non doveva necessariamente coprire tutto il costo del servizio di raccolta dell’immondizia, e quindi il Comune poteva provvedere con risorse proprie o usarla per altro, da due anni a questa parte l’imposta deve coprire tutto (e solo) il costo, per intenderci, della Rap, ma anche di Palermo Ambiente. Nel 2011 Palazzo delle Aquile, di sola Tarsu, ha incassato 139 milioni, nel 2012, 142, nel 2013, 124 e nel 2014 prevede di intascarne 134. Oggi con la Tari, se prendiamo ad esempio una casa di 100 metri quadrati senza considerare agevolazioni e riduzioni, un single pagherà 272,41 euro; un nucleo di tre persone 351,14; un nucleo di cinque persone 367,97; un nucleo di sei persone o più 377,54. Sempre facendo riferimento ad un’area di 100 metri quadrati, uno stabilimento balneare pagherà 331,115 euro; uno studio professionale 794,74 euro; un negozio di abbigliamento 753,5 euro; un parrucchiere 1.051,1 euro; un ristorante 3.008 euro.
Il tutto va diviso per 288 mila contribuenti, anche se il vero problema del Comune è chi non paga o paga troppo poco, giocando per esempio sui metri quadrati. Qualche esempio? Riguardo alla Tares, per esempio, fino allo scorso luglio erano 109.701 le utenze che non avevano pagato nei tempi previsti: associazioni, chiese, ospedali, musei, banche, alberghi, case di cura, stabilimenti balneari, ristoranti, discoteche, cinema, teatri ma anche semplici cittadini. E la mappa dei morosi indica che in tutti i quartieri ci sono i furbetti, dal salotto buono alle periferie, senza troppe distinzioni di “censo”.
Una tassa che, col tempo, è diventata assai salata ed è comunque stata oggetto di polemiche e controversie. In molti ricorderanno gli aumenti voluti dall’amministrazione Cammarata, prima del 30% nel 2002 e poi del 75% nel 2006, ma anche la sentenza che costrinse il Comune nel 2010 a restituire 34 milioni di euro ai palermitani ma per la sola Tarsu del 2009: gli anni precedenti rimasero intatti, per sentenza del Tar.