Questa è una storia con ampia facoltà di replica. Intanto va raccontata per come prende le mosse dai social, in attesa di nuove e possibili puntate. La storia di una foto importantissima, conficcata come un chiodo nel dolente immaginario collettivo, e dei suoi usi.
Scrive su Facebook Tony Gentile, fotografo che non ha bisogno di presentazioni, a corredo di una vignetta di Vauro, pure lui provvisto di un curriculum poderoso: “Chi mi conosce bene sa quanto sia stanco di trattare quest’argomento e in effetti ci ho pensato tanto prima di esternare il mio parere su questa ulteriore questione. Certo potrei semplificare con una battuta “non esistono più i vignettisti di una volta” se si arriva a realizzare una vignetta usando una fotografia ma non sono più neanche in vena di battute. Considerato che il Signor Vauro non ha avuto il tempo di chiamarmi per chiedermi la possibilità di utilizzare la mia foto per una sua vignetta intuisco che sia molto impegnato ma una cosa vorrei però chiedergli: ma sul serio vende il disegno originale? Spero sia solo un refuso venuto fuori in automatico sulla sua pagina instagram. Altrimenti una spiegazione me la dovrebbe dare veramente”.
La vignetta in questione, ripresa da Gentile, che qui mostriamo nella pagina social del post, è, come si vede, imperniata proprio su quella foto storica che lo stesso fotografo scattò a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che rappresenta un’icona immortale, perché racconta, in uno scatto, l’amicizia dei giusti soffocata nel sangue, in un tempo crudele.
“Sono stanco e rassegnato – dice Tony Gentile a LiveSicilia.it -. Come ho detto, nemmeno volevo scrivere, perché sembra che debba essere sempre io ad apparire. Dalle verifiche che ho fatto, almeno, quella vignetta non è effettivamente in vendita. Se qualcuno usa la mia foto per una commemorazione pubblica, non ho niente da ridire. Qui, però, è diverso”.
Il fotografo, qualche anno fa, aveva già parlato con noi, raccontando il suo disappunto: ” “Sì, quella foto ha segnato un’epoca e l’ho scattata io. Ma con il giornalismo ho chiuso. Ho cercato di narrare gli eventi con la mia macchina fotografica. Ho girato il mondo. Ho conosciuto tantissime persone. Non me ne pento, è vero, ma ho chiuso, perché non è più possibile affrontare il mio lavoro con serenità”.