PALERMO – Quali sono i rapporti fra il gruppo che fa capo a Salvatore Ponte e gli Sbeglia? Ruota attorno a questo interrogativo il futuro dell’inchiesta che ha portato all’arresto di tre persone e al commissariamento delle società che gestiscono gli alberghi Astoria Palace, Garibaldi e Vecchio Borgo.
E gli investigatori lo scrivono a chiare lettere: “Dopo l’arresto del padre, Marcello Sbeglia è il prosecutore degli interessi che la Cedam aveva raggiunto con il gruppo Ponte sin dagli inizi degli anni 2000, probabilmente fondato su un accordo societario occulto ma certamente forte della posizione che il padre (Francesco Paolo Sbeglia ndr) aveva conseguito all’interno dell’organizzazione mafiosa”. Ed ancora: “Ci sono molti punti da chiarire, tra questi senz’altro la falsa dichiarazione di passività fittizie della Ponte finalizzata a fare conseguire, pressoché ininterrottamente per quattro anni, flusso continuo di denaro allo Sbeglia per quasi 400 mila euro”.
I finanzieri della Valutaria hanno fatto lo screening di parte degli affari delle società di Salvatore Ponte. Tutto inizia nel 2010 quando viene sequestrato il patrimonio di Francesco Paolo Sbeglia. Il costruttore è stato condannato definitivamente per riciclaggio e in appello a 8 anni e mezzo per mafia e intestazione fittizia di beni. Del suo patrimonio faceva parte anche la Cedam, ceduta ai figli Marcello e Francesco. L’amministratore giudiziario studia i bilanci dell’impresa. Vengono fuori gli intrecci economici con il gruppo Ponte. In particolare, la Cedam aveva comprato per 1 milione e 900 mila euro il 65% di un immobile in via Emerico Amari, quello che oggi ospita l’hotel Garibaldi, stipulando un mutuo bancario per 3 milioni e mezzo di euro. Lo stesso giorno dell’acquisto la Cedam affittava l’immobile alla F. Ponte. L’amministratore scopre che in realtà, come risulta dalle passività della Cedam, l’immobile sarebbe stato pagato con i soldi provenienti dalle società Vigidas e Ponte spa, entrambe riconducibili alla nota famiglia di albergatori che fa capo a Salvatore Ponte. Non solo, i Ponte avrebbero abbuonato alla Cedam un debito di un milione di euro e si sarebbero pure rivolti alla Costruire Srl degli Sbeglia per ristrutturare il palazzo. Da qui l’affermazione degli investigatori che si sarebbe trattato di un’operazione vantaggiosa “solo” per gli Sbeglia. E il conseguente interrogativo: perché mai i Ponte avrebbero dovuto accollarsi una similae operazione?
Il 23 gennaio 2013 i finanzieri nel corso di una perquisizione trovano un accordo preliminare firmato da Daniele Di Domenico, Giuliana e Salvatore Ponte da una parte e Francesco Paolo Sbeglia dall’altro. Un documento del 2004 in cui veniva messo nero su bianco l’affare che sarebbe andato in porto nel 2009 per la vendita dell’edificio di via Emerico Amari. Nello stesso anno i Ponte affidano la manutenzione dell’hotel Garibaldi alla Cedam. Un rapporto di lavoro in due anni frutta agli Sbeglia circa 80 mila euro e che si interrompe quando Francesco Paolo, Marcello e Francesco Sbeglia vengono arrestati. Siamo nel 2010, nei giorni dell’operazione “Mafia e appalti”. A quel punto subentra la ditta di Salvatore Brusca che fino al 2013 ha incassato 150 mila euro.
Brusca oggi viene considerato un prestanome di Marcello Sbeglia che, una volta tornato libero, attraverso di lui, avrebbe gestito i suoi affari per aggirare la scure del sequestro. Dalle indagini emergerebbe che Brusca è tutt’altro che un imprenditore in affari. Nonostante il contratto di manutenzione con l’albergo è costretto a chiedere a Marcello Sbeglia piccoli prestiti di denaro, anche via sms: “Marcello ti trovi 50 euro… vedi se hai dieci euro sono senza un centesimo”. E così quando il gruppo Ponte paga la manutenzione a Brusca i finanzieri registrano i contatti telefonici fra quest’ultimo e Sbeglia, lo filmano mentre entra ripetutamente all’Astoria Palace di via Montepellegrino e pure mentre preleva al bancomat con le carte prepagate intestate a Brusca. D’altra parte, sostengono l’aggiunto Vittorio Teresi e il sostituto Gaetano Paci, quei soldi erano suoi.
Come emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche. Ad esempio quella in cui Sbeglia contesta a Brusca che “non ci sono soldi. Voglio sapere com’è che mancano mille euro Totò… tu lunedì vieni con me in banca e vediamo chi si è preso questi mille euro… sei un pezzo di merda…”. Così come è sempre Sbeglia a spiegare a Brusca che “ci dobbiamo vedere… dobbiamo fare entro stasera un preventivo urgente”. Al vaglio degli investigatori ci sarebbe la posizione di altre persone che avrebebro paercipato alle operazioni finanziarie. A loro Sbeglia si sarebbero rivolti per sapere come creare una società e restare nell’ombra. Fin qui ciò che emerso e che potrebbe essere, dicono gli investigatori, il cavallo di Troia per scoprire nuovi intrecci economici.
Una tesi smentita da una memoria presentata un anno fa, quando ricevette l’avviso di garanzia, da Daniele Di Domenico, all’epoca dei fatti legale rappresentante della F. Ponte. Nelle sei pagine rassegnate ai pm dagli avvocati Vincenzo Lo Re e Mario Bellavista, Di Domenico, sosteneva che “a fronte di un esborso finanziario di 2.480.000 euro, tutto recuperabile negli affitti a venire (con interessi a carico Cedam), oltre a fare ottenere al gruppo la gestione alberghiera trentennale ad un canone fissato allora in euro 361.000 euro, senza possibilità nel tempo di variazioni in aumento, forniva una garanzia ipotecaria che garantiva il gruppo Ponte contro qualsiasi inadempimento della controparte”. Altro che accordo svantaggioso. E per rafforzare la propria tesi, Di Domenico snocciolava altri numeri: “Per effetto di tutte le operazioni la F. Ponte spa ha ottenuto un pagamento di 18.788 a trimestre, cioè 6.262 al mese, che diviso per 30 giorni e 71 camere, comporta per la Ponte un esborso attuale per l’affitto per camera, di euro 2,93 a fronte di un incasso medio di euro 90 per camera occupata”.