PALERMO – “Poco o nulla” ha fatto la Regione per la prevenzione, per la pianificazione e la realizzazioni degli impianti e per incrementare la differenziata. La “sentenza” è del ministero dell’Ambiente che ha raccolto i dati forniti dalla stessa Regione e dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. E insieme al giudizio negativo, ecco anche i numeri impietosi: la raccolta differenziata in Sicilia è addirittura diminuita rispetto al 2012: oggi si ferma al 12,7 per cento. Nel resto d’Italia è giunta al 42,5 per cento.
Insomma, i numeri sono quelli di un fallimento. Evidente. Che ha come responsabili maggiori, sebbene mai citati esplicitamente nella relazione del Ministero, il governo Crocetta e i sindaci che si sono avvicendati in questi anni. Dal 2012 in poi, infatti, la situazione è peggiorata: dal 13,2 per cento di differenziata raccolta tre anni fa al 12,7 per cento rilevata al 2015.
Faraone: “Sicilia arretrata”
Una condizione di “arretratezza”, affonda il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, “referente” siciliano del governo Renzi: “La Sicilia – dice – può e deve essere una terra al passo con i tempi anche sul piano dello smaltimento dei rifiuti. E le mosse da intraprendere sono precise e quanto più simili a quello che avviene nel resto d’Italia”. E in particolare, si punta a un ammodernamento dell’Isola tramite “impianti di recupero energetico basati su tecnologie moderne e a zero emissioni. Gli inceneritori – dice Faraone – sono il trapassato remoto. Qui si tratta di rendere i rifiuti una risorsa: va potenziata la differenziata, riducendo il più possibile i rifiuti che vengono conferiti in discariche. Le discariche – prosegue – sono fuorilegge in tutta Europa, da noi sono praticamente il luogo esclusivo di smaltimento. Mentre in tutta Italia la differenziata è cresciuta esponenzialmente nel corso degli anni, da noi è scesa vorticosamente al 12,7%. È inconcepibile. Nei prossimi mesi la Sicilia ha davanti una sfida: aumentare di sei punti percentuali la raccolta differenziata, intraprendendo un trend di crescita che non si deve fermare”.
Il fallimento di Palermo e Catania
La situazione più grave, però, per motivi differenti, è proprio quella delle due più grandi città siciliane. Il dato peggiore è proprio quello di Palermo, dove la raccolta differenziata è ferma addirittura al 7,8 per cento. Quasi un sesto della media nazionale. Un nato che è rimasto intatto tra il 2014 e il 2015. L’unico capoluogo di provincia in cui è addirittura scesa la percentuale di raccolta differenziata è Catania: dal 16,8 per cento al 14,1 per cento. Pessimi anche i dati di Siracusa (7,9%), Messina (10,1%), Enna (10,8%). Migliori percentuali a Trapani (24,3%) e Caltanissetta (21,4%) ma pur sempre assai lontane dalla media nazionale.
“Più dirigenti che spazzini per strada”
Dati che riflettono un caos del settore. “Bisogna scardinare – dice Faraone – l’attuale governance. A che servono 27 Ato per un servizio inefficiente con le tariffe più alte d’Italia? La Sicilia – prosegue – si contraddistingue per un tasso d’evasione altissimo e per un servizio di raccolta e smaltimento pessimo. Entrambe le cose vanno capovolte: i cittadini devono pagare e il servizio deve funzionare al meglio. Bisogna andare verso un unico ente gestore, – aggiunge Faraone – che strutturi il settore in maniera strategica, uniforme e andando incontro alle esigenze degli utenti, ovvero calmierando le tariffe. I carrozzoni per i carrozzoni, per mantenere intatti i privilegi di pochi a danno di molti, non servono a nulla. Basta con i poltronifici. La nostra Regione ha più poltrone di dirigenti che spazzini per strada”. Tutti temi che il governo Renzi, del resto, ha messo nero su bianco nei giorni scorsi. Quando, cioè, di fronte alla richiesta del governatore Crocetta di una proroga allo stato di emergenza sui rifiuti ha posto tante e stringenti condizioni. “Il settore dei rifiuti in Sicilia .- dice oggi Faraone – ha adesso un piano chiaro e delineato di intervento. Un piano che risolve un’emergenza ormai atavica. È chiaro che comporta delle sfide ma siamo sicuri che l’isola sarà in grado di affrontarle e vincerle”.
Impianti al palo e discariche al limite
Ma al momento la Sicilia è nel caos. Un caos che va avanti da anni ormai. Già nel 2014, oltre un milione di tonnellate di rifiuti “sono state smaltite – scrive il Ministero – in deroga alle prescrizioni ricorrendo a forme speciali di gestione dei rifiuti attraverso ordinanze del Presidente della Regione”. La stessa per la quale Crocetta ha appunto chiesto la proroga che il Ministero per l’ambiente esaminerà nei prossimi giorni. E a complicare la situazione, l’incapacità della Regione di dotarsi di impianti moderni che riducono la stessa quota di rifiuti da portare nelle discariche sempre al limite. Discariche che, oggi, sono in grado “di garantire l’autosufficienza al massimo per i prossimi 9-12 mesi”. E così, servirebbero i cosiddetti “Tmb” (impianti di trattamento meccanico-biologico). Al momento in parte già realizzati sono solo quelli di Trapani e Bellolampo. Sono fermi invece, a causa di intoppi burocratici, quelli di Gela, di Enna e di Messina. Dovrà sorgerne un altro invece a Camporeale (verrà finanziato con oltre 22 milioni previsti col Patto per il Sud). “Sebbene la Regione stia lavorando alla realizzazione – annota però il Ministero dell’ambiente – e messa in esercizio degli impianti si è ancora molto lontani dal raggiungimento di questo obiettivo. La capacità residua di trattamento in discarica non garantisce l’autonomia regionale oltre i 9 mesi agli attuali livelli di smaltimento, e l’assenza di impianti di termovalorizzazione rende ancora più critica la situazione”. E sui termovalorizzatori, ecco il passaggio del Ministero che, di fatto, apre alla possibilità di rendere operativo il piano di Crocetta che ha parlato non di due, ma di cinque piccoli impianti. Nella relazione si parla infatti di “almeno due impianti di incenerimento”. Investimenti che avranno un senso, però, solo se la differenziata si avvicinerà ai livelli del resto d’Italia.