PALERMO – Dal barcone della speranza ad una vita nuova. Un’ esistenza adesso segnata da un episodio di violenza terribile, che lo costringe a lottare su un lettino di ospedale per continuare a seguire le sue passioni. Yusupha Susso è arrivato dal Gambia soltanto con un bagaglio, quello dei propri sogni. Era ancora minorenne quando ha raggiunto la Sicilia. Oggi ha 21 anni, e dopo aver trascorso un periodo di tempo nel centro di accoglienza di San Giuseppe Jato è stato trasferito in un’altra comunità a Palermo.
Nel frattempo si è circondato di amici, si è integrato, ha dato spazio a progetti, ambizioni, passioni. Ha intravisto il suo futuro e si è riempito di entusiasmo, come tutti i ragazzi della sua età. Sabato però la sua strada si è incrociata con quella di un uomo armato di pistola. E’ caduto a terra, ferito e sanguinante. I suoi genitori sono lontani, tutti gli affetti sono rimasti in quel paese in cui risiede il suo cuore. Hanno saputo di quello che è accaduto e presto un familiare lo raggiungerà in ospedale. Chi lo conosce spera di rivedere aperti i suoi occhi, di sentirlo di nuovo cantare. Già, perché Yusupha ama la musica ed è un cantante.
La voglia di vivere del 21enne emerge dalle parole di chi ha trascorso al suo fianco gli ultimi tre anni. Da quelle di Sergio Petrona Baviera, che dedica un post su Facebook al giovane gambiano: “Il mio amico è una persona eccezionale. E’ arrivato in Italia con enorme coraggio dopo aver attraversato l’Africa del nord e avere lavorato per un po’ di tempo anche in Libia. Nella sua vita è già stato muratore, minatore, cuoco, falegname. E cantante. Sì, è un grandissimo cantante. Qui a Palermo dopo la terza media ha scelto l’Istituto Alberghiero. Quando viveva in Gambia e poi in Mali era già in possesso di una cultura eccezionale, di quelle che non si imparano a scuola. Il mio amico è un jali, un cantante nomade. La sua famiglia gira per l’Africa occidentale suonando la kora e cantando. Ma quando ci siamo conosciuti mi ha detto che è felice di essere in Italia. È felice perché qui ha potuto finalmente studiare. E ama studiare. Nonostante lavori già come mediatore per le lingue che parla, che sono già cinque, lui vuole studiare. Sono qui che scrivo e il mio amico è in coma. Gli hanno sparato alla testa. Sono in comunità e tutte le volte che suona il citofono spero di sentire cantare. Perché lui canta anche al citofono”.
E, proprio sabato, Yusupha tornava da una partita di calcio. A raccontarlo è Bijou Nzirirane, responsabile immigrati della Cgil di Palermo: “Assieme agli altri due amici aveva giocato a calcio a Monreale per un torneo per la legalità organizzato dall’associazione nazionale polizia di Stato. Una “amichevole per la Legalità”, sul campo della Conca d’Oro, tra la squadra degli Universitari Stranieri e la neonata Asd Extra formata da giovani migranti. Ora è stato arrestato il colpevole, e l’aggressione è stata inquadrata nella giusta luce. Ma volevo intervenire anche per fare emergere il profilo vero del ragazzo e per chiedere che quando si parla di immigrati bisogna farlo nella maniera più chiara possibile, per evitare di mettere inutilmente paura alla gente e fomentare altre reazioni”.
“Non è la prima volta che i ragazzi della nostra comunità vengono presi di mira – dice Ibrahim Kobena, suo connazionale, responsabile degli studenti universitari stranieri -. Con Yusupha abbiamo partecipato a Bruxelles a luglio a un progetto di scambio per la commissione europea per l’integrazione, assieme a immigrati di altri Paesi. Siamo stati assieme per 25 giorni. Sabato eravamo in campo insieme”. Soltanto poche ore prima di quell’incontro, di quell’assalto da parte del branco di Ballarò, dove Yusupha ha rischiato di morire.