CATANIA – “La verità di fondo è che non si vuole fare il rinnovo perché significa il blocco della procedura con cui si fa l’aumento di capitale all’aeroporto di Catania. Una cosa sbagliatissima. E non sono l’unico a pensarla così. Io ho sempre detto che Fontanarossa va venduto. E quando si fa un aumento di capitale è per far fuori gli azionisti presenti. E senza dargli una lira”.
La dichiarazione di Pietro Agen sulla costituenda SuperCamera di Catania, Siracusa e Ragusa è il punto più semplice da cui partire per spiegare non il secondo round di una guerra che vede – ancora e da anni – contrapposte la “cordata” di Confindustria con quella di Confcommercio, ma una serie continua di scontri che, se fossero nella trama un film si direbbero all’ultimo sangue, mentre in questo caso calza meglio all’ultima azione, intesa non nell’accezione di fatto quanto di titolo in borsa.
La settimana scorsa trenta sigle datoriali, con Confindustria in testa, hanno sollevato dubbi e incertezze sulla legittimità dell’operato del commissario ad acta che si sta occupando del procedimento su incarico del Mise. Alfio Pagliaro. Illegittimità che potrebbero minare i risultati dell’attribuzione dei seggi una volta completata l’apertura dei plichi da parte della commissione incaricata e composta da sette persone.
“L’arbitro che abbiamo adesso – aveva dichiarato Gianninoto, vice presidente della CCIAA di Siracusa – ha impostato la partita con regole che non sono quelle dovute rispetto alla competizione che c’è in campo. Due mesi fa noi abbiamo rinnovato il Consiglio di Siracusa, così come sarebbe dovuto accadere a Catania. Lì abbiamo completato tutto senza neanche un ricorso. Qui siamo partiti e già ci sono ricorsi e intoppi per mancanza di trasparenza e correttezza dell’iter di rinnovo”.
A queste accuse che le trenta sigle datoriali avevano mosso contro Pagliaro sono seguite, oggi, le repliche della Confcommercio che ha puntato il dito, in modo chiaro e inequivocabile, sulla vicenda della costituenda SuperCamera perché un suo eventuale blocco servirebbe come controllo sulla Sac. “Un “affaire” da centinaia di milioni di euro” lo ha definito Sandro Romano consigliere camerale e presidente di Confcommercio Siracusa.
“Delegittimando l’operato di Pagliaro, si sta tentando – si legge nella nota di Confcommercio – di allungare i tempi per arrivare al rinnovo dei vertici della SAC, la società di gestione dell’aeroporto di Catania, senza aver costituito prima la nuova Camera di Commercio del Sud Est, il cui Consiglio controllerebbe il 62,5% della società aeroportuale mantenendo all’interno della SAC una rappresentanza importante essendo la maggior azionista. Quindi, le categorie che dovrebbero essere chiamate a guidare il nuovo organismo camerale guiderebbero la stessa SAC”.
Ma non c’è solo questo. Secondo Pietro Agen c’è di più: “L’aeroporto di Catania è il penultimo d’Italia, solo uno ha fatto peggio di noi e nell’anno dell’Expo crolliamo nei passeggeri! Arrivo a pensare che l’abbiano fatto apposta” proprio per agevolare “quell’aumento del capitale del 30% delle quote Sac che lascerebbero a bocca asciutta gli azionisti presenti. Il dato di agosto – continua Agen – portava Fontanarossa a un -8%, la mia proiezione di fine anno è una chiusura a -3%. Tutto questo mentre l’aeroporto di Palermo registra un lusinghiero +11”.
Sono anni che la vicenda dell’aeroporto di Catania (e di Comiso) esce fuori ogni volta che si parla di Camera di Commercio e forse è proprio per questo che le procedure di accorpamento (sono quattro in totale: Palermo con Enna, Trapani e Agrigento con Caltanissetta, Catania e Siracusa con Ragusa e Messina che corre da sola) che stanno interessando le altre provincie proseguono lisce come l’olio. Nessuna delle altre prevede la gestione di un bocconcino così gustoso come il 62,5% delle quote di una società come la Sac e per di più già quotata in borsa. È sbagliato parlare di potere? Di certo non lo è nella sua gestione e in questo è di nuovo Agen che delinea i termini: “Noi non abbiamo mai detto che non vogliamo dialogare con gli altri. Perché hanno rifiutato? Perché in un accordo si presuppone una condivisione del potere. Chi invece in un gruppo pretende di avere tutto non può dialogare con gli altri.
“Io ho fatto il presidente camerale e la prima cosa che ho fatto è stato nominare un presidente dell’aeroporto di Confindustria. Sono stato il primo presidente camerale che non è stato presidente dell’aeroporto. Questo è la nostra visione del metodo di governo che altri non condividono”. A quelle 30 associazioni che “ritengono di rappresentare le prime 30 della provincia, potremmo rispondere – continua Agen – che le nostre sono 54. Loro ne contano dieci in ogni provincia, noi 18. Qui da noi è rappresentato tutto il mondo del commercio, dell’agricoltura, la stragrande maggioranza dei servizi, dei trasporti e dell’artigianato. E aggiungo che delle loro dieci, le quattro della Cooperazione (Confcooperative, Lega Cooperative, Agc, Unicoop) tutte insieme concorrono per un solo posto”.
Ora il punto è se la procedura di costituzione è a rischio di essere interrotta oppure no. E qui sembrano tutti concordi in un “no” preciso. Dice no Agen che non capisce come mai la stessa identica procedura portata avanti, e conclusa, trenta giorni fa a Messina dallo stesso commissario non vada più bene a Catania con le stesse organizzazioni datoriali. Ma dice no anche il commissario Pagliaro “o la completo io o qualcun altro” e sottolinea anche “che sulla procedura di Messina già consegnata alla Regione nessuno ha sollevato alcuna obiezione”.
Intanto in questi cinque giorni diverse cose sono cambiate. Dall’alba al tramonto. Giusto il 10 dicembre, giorno della conferenza di Confindustria, da un lato, e dell’incontro fra i tre segretari di Catania Siracusa e Ragusa, dall’altro, le accuse di illegittimità sono raddoppiate. La mattina i tre segretari (Arezzo di Ragusa, Pagliaro di Catania e Cappellani di Siracusa) hanno firmato un verbale in cui si sanciva la procedura senza sollevare alcuna eccezione, salvo poi uno dei tre – Cappellani – appena tornato in sede ha cambiato idea e inviato una nota (prot. 4528/2015) in cui scrive: “si precisa che la presa visione dell’organizzazione (…) lascia inalterata la posizione di ferma censura della scrivente Camera di Commercio di Siracusa in ordine a profili di illegittimità delle determinazioni assunte da codesto Commissario (…)”. “Un paradosso. Chissà a quale pressione è stato sottoposto il povero segretario – ha commentato Pagliaro – per aver cambiato idea dalla mattina alla sera”.
Pagliaro forse se Catania avesse completato il rinnovo del Consiglio camerale, come ha fatto Siracusa prima del decreto del Mise, adesso le cose sarebbero diverse?
“Siracusa non ha rinnovato nulla. Aveva avviato – risponde Pagliaro – le procedure a giugno, ma per legge, una volta avviato l’accorpamento delle tre Camere è stato bloccato”. Un blocco che potrebbe comportare il commissariamento da parte della Regione già dal 21 dicembre, data in cui scadono i sei mesi di prorogatio successivi alla scadenza.
“Ora io dico, in un clima come quello siciliano, di grandi sospetti di infiltrazioni di grandi paure, in cui si stanno portando avanti ben quattro rinnovi camerali – conclude Agen – sarebbe utile che le Prefetture si facessero garanti mandando un organismo di controllo che verifichi tutti i rinnovi camerali. Noi non avremmo nulla in contrario, perché non abbiamo nulla da temere. Anzi ci sentiremmo più tutelati, perché noi le preoccupazioni le abbiamo pesanti. Aspettiamo di vedere i numeri. Anche perché in questi anni di crisi dovrebbero essere davvero poche le organizzazioni che hanno aumentato i loro numeri”.
Ad ascoltare entrambe le parti, i punti cardine per una soap opera di successo ci sono tutti: potere, denaro, politica e di certo pure passione. E visto che è ambientata in Sicilia, mancherebbe solo un rimando a coppola e lupara, per completare i punti fondamentali della trama.