27 Gennaio 2017, 19:26
3 min di lettura
CATANIA – “Questo movimento è un grande bluff“. A parlare è il Vice Presidente vicario dell’Ars, Antonio Venturino, “grillino pentito” e coautore di un libro sui pentastellati dal titolo piuttosto eloquente: “Misteri buffi. Il Movimento Cinque Stelle raccontato dal primo grillino pentito”. Politica e teatro (chiaro è il riferimento all’opera di Dari Fo) si fondono e si confondono nel libro scritto a quattro mani dal giornalista Concetto Prestifilippo e Antonio Venturino che, non a caso, di mestiere faceva l’attore prima di approdare all’Ars. Il tono surreale del racconto svela il “dietro le quinte” del Movimento Cinque Stelle, dall’ assenza di una struttura organizzativa al “ruolo padronale” del leader che comunica soltanto con pochi adepti. “Una bugia mediatica”, secondo Venturino, eletto tra le fila del movimento e poi espulso dai vertici, attirandosi gli strali di tanti militanti. “Hanno fatto passare la mia espulsione per un mio scorretto comportamento sulla rendicontazione, ma le cose non stanno esattamente così”, puntualizza il deputato.
Il deputato, oggi espressione del partito socialista, non risparmia stoccate agli ex compagni di viaggio. “La mia espulsione nasce da un rapporto fortemente incrinato tra me e Giancarlo Cancelleri che, probabilmente, non vedeva l’ora di liberarsi di chi come me cercava di affrontare il discorso in chiave più politica”, argomenta Venturino. “Io proposi di accettare il decreto Monti anche al ribasso per uscire fuori da una rendicontazione che portava il movimento a entrare quasi nella tua vita privata”, racconta il deputato che per mesi è stato tempestato di sms da chi voleva sapere tutto delle sue spese, benzina inclusa. Il ragionamento di Venturino alla fine non viene accolto, ma c’è un però . Il riferimento è a ben altre spese, quelle per lo staff del movimento all’Ars: “Il gruppo più pagato dell’Assemblea regionale, che costa quasi cinquecento mila euro”.
Un doppiopesismo che mal si coniuga con le parole d’ordine urlate nelle piazze all’indirizzo della casta. Come il celebre slogan “uno vale uno”. “C’è chi vale uno, chi vale di più, poi ci sono i Cacelleri che valgono di più”, attacca Venturino. “Se uno vale uno che motivo hai di fare eleggere anche tua sorella o di non fare salire Pippo Monaco, espressione dell’entroterra, scegliendo il seggio di Caltanissetta e non quello di Palermo o Catania?”, si chiede. Prestifilippo e Venturino raccontano diversi retroscena che riguardano una truppa di neofiti, più preoccupata per l’utilizzo di un’auto blu per un importante incontro istituzionale che dei temi del consesso, una compagine spesso ossessionata dal complottismo sulle “macchinazioni giornalistiche”. Ma spiega Prestifilippo: “Dietro la scenografia non c’è nulla”. Venturino boccia il movimento anche in termini di “trasparenza” in materia di “democrazia digitale”. “Stiamo parlando di una piattaforma usata a uso e consumo di chi la apre e magari velocemente la chiude; io stesso non riuscivo mai ad entrare nel sito e a un altro noto esponente pentastellato furono cambiati username e password e non riuscì a entrare: c’è una gestione molto particolare del Web, ad personam”, svela.
Sul palcoscenico digitale pentastellato si assisterebbe, dunque, a una commedia. Ma se Atene piange, Sparta non ride. Prestifilippo e Venturino parlano anche della rivoluzione crocettiana fallita, passando dal ruolo ingombrante del senatore Beppe Lumia e consegnano ai lettori uno spaccato del Palazzo che, restando in tema teatrale, è una sorta di grande palcoscenico. O meglio, un “tragedia che sfocia in farsa”. Un affresco del palazzo del potere siciliano, che potrebbe finire proprio nelle mani della truppa pentastellata. Ma questo è un copione ancora tutto da scrivere.
Pubblicato il
27 Gennaio 2017, 19:26