Ormai è diventato una sorta di fatto personale. Una questione d’onore, da lavare con il sangue. Da un lato l’assessore ai beni culturali Gaetano Armao, uomo forte del governo Lombardo, amministrativista tra i più ascoltati a livello nazionale. Dall’altro il settimanale L’Espresso che periodicamente lancia strali contro l’avvocato. L’ultimo, nel numero in edicola da oggi. La firma è sempre la stessa – quella di Lirio Abbate – il titolo non lascia adito a dubbi: “Ora Palermo ha il suo Re Mida”. L’incipit è ancora più esplicito: “Sostiene la cultura della legalità da diffondere tra i dipendenti della Regione siciliana ma allo stesso tempo l’assessore Gaetano Armao conclude affari personali con misteriose società britanniche”. Al centro della vicenda ci sarebbe la Pimlico Properties and Investiments limited, società – scrive l’Espresso – che sembra avere punti in comune con Armao a cominciare dal grande appartamento di Palermo del valore di oltre 2 milioni di euro in cui è residente l’assessore con la sua famiglia: “L’unità immobiliare – ha scoperto Abbate – è stata acquistata dalla società britannica che è pure azionista al 90 per cento della Ambrosetti consultants srl il cui unico amministratore è Emma Ambrosetti, 77 anni, madre di Gaetano Armao”. Il settimanale del gruppo Caracciolo si chiede se il governatore Lombardo fosse a conoscenza di questi retroscena “quando lo ha chiamato nella giunta affidandogli pure il delicato compito di gestire soldi pubblici”. Ma non svela quale sarebbe il conflitto d’interessi nel quale sarebbe incappato l’assessore. Che dal canto suo non vuole replicare. Ha già citato L’Espresso ed Abbate in sede civile (quasi mezzo milione di euro la cifra richiesta) per un articolo pubblicato qualche settimana fa nel quale alla lettera A di un alfabeto criminale redatto dal giornalista si faceva proprio il nome di Armao. L’assessore fa sapere anche che l’eventuale risarcimento lo devolverà in ambito familiare “facendo un favore allo stesso Lirio Abbate”. Un mistero che lascia trasparire un altro e ben più particolare conflitto d’interesse, forse più personale che professionale.
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