C’eravamo appena liberati della straripante presenza mediatica e politica di un premier troppo spesso – e contro ogni buon senso – definito “grande comunicatore”, ed ecco che l’ultimo (al momento) scandalo siciliano torna a far nascere l’equazione che inopinatamente associa la comunicazione al malaffare. Tornano a galla faccendieri, mazzette, puttane, idioti, sciacalli, profittatori, politici, corruzione a tinghitè. Il tutto ancora una volta associato al mondo della comunicazione.
Berlusca, come minimo, aveva fatto l’intrattenitore e il cantante, aveva inventato palinsesti osé e strategie televisive d’assalto, aveva riciclato le sue megaconcessionarie pubblicitarie per costruire simulacri di forze politiche. E tutti pensavano che questa famigerata ‘comunicazione’ non fosse altro che astuto e oscuro imbroglio, mondo patinato dell’immagine senza costrutto e senza contenuto, finzione e menzogna. Con ciò, finivano nell’ombra le centinaia e centinaia di grafici, giornalisti e cronisti, creativi, copy e ghost writer, web manager, scrittori per le aziende e le istituzioni, redattori che quotidianamente, in ogni parte del mondo civile, praticano la comunicazione vera: non solo quella che usano aziende e brand d’ogni forma e natura per far conoscere le proprie offerte commerciali, ma anche e soprattutto quella che serve a enti e servizi pubblici per aprire le proprie porte ai cittadini, promuovere idee e territori, diffondere valori, stimolare a buone pratiche, costruire e rafforzare relazioni. La comunicazione serve a fare comunità, mica a fottere la gente.
E ora siamo tornati al punto di partenza. Per giunta in una terra come la Sicilia dove, a parte i soliti quattro furboni del quartierone, ci sono bravissimi comunicatori: nei giornali, nelle agenzie, nelle aziende, nelle istituzioni, negli studi free lance, nei bugigattoli dei ragazzini smanettoni, nelle università. Per carità, che si facciano sentire, rivendicando la loro professionalità, la loro etica, la loro profonda voglia di cambiare. La comunicazione uccide le iene, ma anche gli immancabili gattopardi.