PALERMO– A mezzogiorno scatta l’ora d’aria. La trivella che lavora fin dalla mattina si ferma e il quartiere si rilassa, le conversazioni tornano normali, i volumi delle televisioni si abbassano. Nel pomeriggio, ancora qualche ora di rumore prima che torni il silenzio. In via Emerico Amari il tempo è scandito dai lavori per l’anello ferroviario, il grande cantiere che ha sigillato la via nel tratto che va dal porto a via Scordia. Ci sono le ore di pace e quelle in cui le vibrazioni fanno tremare tutto. Ma c’è soprattutto un prima e un dopo l’arrivo del cantiere, che si è preso la zona quasi tre anni fa e ancora non accenna ad andarsene.
“Il problema è che hanno calato dall’alto quest’opera come se fosse nel deserto, senza considerare l’impatto su chi la vive ogni giorno”. Francesco Raffa, produttore e venditore di ceramiche, ha un negozio al centro della zona transennata per i lavori ed è il presidente dell’associazione Cantieri Amari, che raccoglie trenta persone e rivendica i diritti dei negozianti della via. Raffa sta pensando di aprire un altro punto vendita in via Roma, perché vive con la paura di dover chiudere il negozio aperto dai suoi genitori quasi quarant’anni fa: “Stiamo morendo e altri stanno per morire”. Le stesse parole sono ripetute, con poche variazioni, da tutto il quartiere: “In ogni altro paese si sarebbero valutati, tra i costi dell’opera, anche quelli di indennizzo per i commercianti – dice Fabrizio Mineo, ottico – invece qui hanno iniziato a costruire sopra le nostre teste”.
Il cantiere nella zona quattro di via Emerico Amari è solo una parte del progetto più grande dell’anello ferroviario di Palermo, opera da più di centocinquanta milioni di euro con cui si vogliono collegare le stazioni di Notarbartolo, Giachery e Imperatore Federico con il porto e il centro città, passando da piazza Politeama. Approvato nel 2006, il progetto nel 2007 è stato appaltato alla società catanese Tecnis. Dopo qualche anno di lavoro sulle varianti di progetto i lavori sono partiti ufficialmente nel settembre dello stesso anno. La durata prevista era di 1095 giorni dalla data di consegna, ma oggi le stime più ottimistiche vedono la fine dei lavori non prima del 2019, dunque con due anni e mezzo di ritardo. Un’agonia che sta prendendo il quartiere per sfinimento: “Un disagio di qualche mese sarebbe stato sopportabile – dice Mario Cardinale, barbiere – con questi lavori che vanno avanti da anni invece la clientela si è ridotta e qui riusciamo a malapena a coprire gli affitti e le altre spese”.
La strada è stata chiusa in una gabbia. “Quando sono comparse le paratie è come se ci avessero disconnesso da ogni cosa – dice Arturo Rizzo, titolare di uno storico negozio di stampa fotografica – dall’altra parte della strada hanno chiuso delle attività, ma se non ce lo avessero detto noi non lo avremmo mai saputo, perché da qui non vediamo altro che questa barriera”. Le barriere separano la zona dalla città e la rendono invisibile, causando problemi di sicurezza. Dopo una certa ora il quartiere si svuota e rimanere espone a rischi: “Io chiudo prima, perché qui alle sette di sera si svuota tutto – dice Fabrizio Mineo – se entrasse qualcuno a rapinarmi non lo vedrebbe nessuno dalla strada, né io potrei chiamare i soccorsi”.
Ma il problema più grande è il danno commerciale. Per le attività di via Emerico Amari il cantiere ha significato un’emorragia di clienti che non si è ancora fermata, una palla al piede economica che ha aggiunto alle normali dinamiche della concorrenza e del mercato i problemi di liquidità e di credibilità con i fornitori. Il paradosso è quello di una zona centrale tagliata fuori, anche a causa degli scarsi parcheggi nelle vicinanze. Nunzio Ganci, titolare dell’osteria Posada, ha perso quasi il 70 per cento di introiti: “I clienti vengono una volta e poi non tornano, perché non riescono a raggiungerci e fermarsi – dice Ganci – e il turismo non passa più da qui. Eppure questo sarebbe il salotto di Palermo, e potremmo intercettare, per esempio, i turisti delle navi da crociera”. Ai problemi commerciali l’amministrazione ha risposto di recente promettendo un taglio delle imposte comunali, ma nessuno, qui, ci crede davvero: “Sa troppo di mossa elettorale, e siamo troppo grandi per crederci”, dice ancora Arturo Rizzo, che poi sottolinea che comunque il taglio delle tasse è una misura minima, che non ripagherà di tutti i danni causati finora dai lavori.
Dall’apertura dei cantieri dell’anello ferroviario hanno chiuso tredici attività commerciali, di cui sette solo nella zona quattro di via Emerico Amari. Il tutto nella grande lentezza dei lavori, bloccati, secondo il ministero dei Trasporti, dal mancato assegnamento delle aree di cantiere da parte del Comune, che avrebbe dovuto transennare aree molto più grandi di quelle che poi sono state concesse. Ma a pesare sono stati anche i problemi legali della Tecnis, restituita da poco ai suoi proprietari dopo che un’inchiesta della procura di Catania aveva portato al commissariamento giudiziario, e persino i problemi con i pagamenti degli operai, che in qualche caso hanno fermato i lavori perché non ricevevano gli stipendi.
Unica eccezione della zona, il ristorante di Susanna Wu, che ha aperto appena un mese prima dell’arrivo dei cantieri. Wu non può raccontare di come sarebbe andata senza le paratie, anche se spera che vadano via al più presto. Il suo modo di reagire, però, è stato lavorare ancora di più: “Le persone ci vengono a trovare perché siamo molto conosciuti su internet – dice Wu – e quando qualcuno non è riuscito a trovarci io sono andata a raggiungere i clienti per portarli qui”. Wu ha deciso di accettare la presenza dei cantieri, è scettica sulla capacità della politica di darle risposte: “Abbiamo parlato con tutti, ma la sola cosa che possiamo fare è aspettare che finisca”.
Negli ultimi giorni a Palazzo delle Aquile si è respirato un cauto ottimismo circa l’anello ferroviario, di cui finalmente, con il ritorno di Tecnis ai proprietari, si intravvede un traguardo. La chiusura della zona quattro di via Emerico Amari è stata prorogata fino a maggio, quando dovrebbe essere liberata e i lavori dovrebbero passare alla tratta più vicina a via Roma. Ma i commercianti non condividono l’ottimismo: la riapertura è stata rimandata due volte, e dopo anni di promesse attendono sfiduciati di essere liberati dalla gabbia.