PALERMO – Presidente e direttore generale. In un colpo solo. Il nuovo (si fa per dire) paradosso del mondo della Formazione professionale siciliana è raccontato in una lunga lettera sottoscritta da quattro sigle sindacali e indirizzata al governatore Crocetta, all’assessore alla Formazione, Nelli Scilabra, alla procura della Corte dei conti e alla Finanza. Al centro della missiva l’albo regionale del personale docente e non docente dei corsi di formazione assunto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2008.
I sindacati (Asilfop, Cobas, Cub e Gli irriducibili della Fp in Sicilia) passano in esame quello che definiscono il “contenitore/albo”. “Sono inseriti 8338 nominativi così suddivisi. 63 direttori generali, 451 direttori, 2241 formatori, 952 tutor, 105 formatori-orientatori, 98 formatori-coordinatori, 984 responsabili dei processi, 3434 amministrativi e 10 che non hanno segnalato la loro categoria di appartenenza”.
I sindacati focalizzano la loro attenzione sulle “figure apicali” dei direttori generali, “che – scrivono – risulta il profilo professionale con lo stipendio più alto”. secondo i rappresentanti dei lavoratori “quello che salta subito all’occhio è che tantissimi direttori generali sono anche presidenti dell’ente di formazione di cui sono dipendenti. Addirittura – prosegue la nota – ci sono casi in cui ricoprono la mansione di presidente in un ente e direttore generale in un altro”.
I sindacati,dunque, sollevano un problema di “conflitto d’interessi”, perchè “è come se in un’azienda privata in cui esiste un consiglio d’amministrazione imposto dai soci, il presidente fosse pagato dai clienti dell’azienda e non dai proprietari. Il paradosso è che con fondi pubblici la Regione riconosce alle figure apicali la possibilità di percepire un emolumento mensile che dovrebbe essere posto a carico del consiglio d’amministrazione dell’ente e non della collettività”.
E il paradosso sta tutto nel rapporto che dovrebbe intercorrere, in un ente, tra il presidente e il direttore generale. Descritto così dai sindacati: “Sarebbe interessante conoscere chi ha nominato questi presidenti di Enti e/o amministratori e/o delegati e/o rappresentanti legali, chi ha deciso il loro inquadramente professionale ed economico, chi impartisce loro gli ordini di servizio, chi sottoscrivee la richiesta all’Inps di visita fiscale in caso di malattia, chi gli concede le ferie ed i permessi, chi valuta la loro prestazione lavorativa, chi gli contesta l’eventuale inosservanza di norme che regolano l’attività lavorativa, chi gli autorizza le prestazioni di lavoro straordinario e le missioni”.
Ma dietro agli esempi contradditori di direttori-presidenti, ecco anche spuntare la questione dei costi. I 63 direttori, spiegano i sindacati, costano alla Regione la stesa cifra che servirebbe, ad esempio, per finanziare il lavoro di un ente da oltre 150 dipendenti. “Il direttore generale di livello IX – si legge nel comunicato – percepisce uno stipendio mensile lordo di 3066,16 euro al netto di indennità varie (salario di anzianità, Peoi, straordinario, indennità di missione): moltiplicando per 63 direttori generali inseriti nell’albo raggiungiamo la cifra annuale di 2.511.185,02 euro che rappresentano quasi il finanziamento di un ente come il Ciofs Sicilia in cui lavorano 165 dipendenti! Ci è stato anche segnalato – denunciano poi i sindacati – che qualche ‘lavoratore indefesso’, appartenente a questa categoria di super direttori, ha percepito emolumenti mensili di 6mila euro e questo nel periodo in cui gran parte del personale si trovava in Cassa integrazione in deroga”. E il paradosso, così, veste anche gli abiti dell’ingiustizia.
Anche perché, spiegano le sigle, a volte i direttori generali spuntano pure in enti piccoli, che non necessiterebbero di questa figura. “Non si riesce a comprendere – proseguono infatti i sindacati – che enti che operano su base provinciale e molte volte con pochissime ore formative, abbiano in carico questa figura apicale. Tutto ciò a dimostrazione della mancanza assoluta dei controlli da parte dell’amministrazione regionale e della collusione di chi avrebbe dovuto denunciare queste gravissime inadempienze”.
Secondo i rappresentanti dei lavoratori, tra l’altro, questi intrecci sono “scientifici”: “In alcuni casi – spiegano infatti – si prefigura una sorte di cartello fra enti gestori dove esiste un intreccio di consiglieri che sono rappresentanti dell’ente X, dipendenti dell’ente Y, e nel consiglio di amministrazione dell’ente Y, quasi come un premio di fedeltà del politico che li ha inseriti per gestire in suo nome e per suo conto”.