PALERMO – È il 4 ottobre scorso. Francesco Paolo Lo Iacono è seduto davanti al pubblico ministero Giulia Beux e ai poliziotti della sezione antidroga della squadra mobile che lo hanno arrestato in estate.
Conferma le dichiarazioni rese a luglio sullo spaccio degli stupefacenti nella zona della Zisa, a Palermo, e poi tocca la delicatissima vicenda dell’omicidio di Enzo Fragalà.
Lo Iacono aveva già chiesto di parlare con i magistrati. Poi ha fatto marcia indietro perché “avevo ricevuto minacce negli ultimi colloqui… ora ho capito che sia una cosa normale collaborare con la giustizia e dare un’occasione migliore per la mia vita e della mia famiglia ”.
Quindi si dice di nuovo pronto a raccontare tutto. Seguono decine di pagine di omissis. Ed ecco il passaggio in cui le sue dichiarazioni si concentrano sull’omicidio Fragalà: “…. quando lavoravo da Bobbuccio, parliamo del 2010, un sera mi chiama Bobbuccio, cioè Salvo Battaglia, e mi dice di portare dei caffè in via San Gregorio 3, una traversa dentro il mercato del Capo”.
“Bobbuccio” è un noto bar che si trova all’inizio di via Volturno: “Mi apriva Salvo e sentivo parlare di dare una lezione al loro avvocato. Ho visto Gregorio Di Giovanni insieme ad Ingrassia (sulla presenza di Ingrassia successivamente Lo Iacono non avrà analoghe certezze, ndr), che lo diceva Di Giovanni e c’erano altre persone”.
Secondo l’accusa, tra i mafiosi, liberi e detenuti, covava il malcontento per l’avvocato sbirro. Sbirro perché i clienti di Fragalà facevano ammissioni nei processi e rendevano interrogatori che mettevano nei guai i boss. Sbirro perché il penalista non aveva esitato, per difendere al meglio un suo assistito, a rendere pubblica la corrispondenza della moglie di un padrino della vecchia mafia. E così il clan mafioso di Porta Nuova avrebbe deciso organizzare una punizione a colpi di bastone, che diventò un massacro sotto lo studio legale di via Nicolò Turrisi.
Quindi aggiunge che “ho paura per la mia incolumità perché c’è con me, in carcere, in questa sezione, Antonino Siracusa (si tratta di Antonino Siragusa, ndr) ed è quello che, diciamo, è stato dell’omicidio Fragalà ed io conosco sia lui, che la sua famiglia”.
Il pm Beux raccoglie le dichiarazioni, ma l’8 ottobre a interrogare Lo Iacono ci sono i pm Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli, titolari dell’inchiesta e del processo sull’omicidio Fragalà. Il dichiarante ritorna sull’episodio dell’appartamento: “… sento buttare queste voci, riconosco la voce di Gregorio Di Giovanni, io lo conosco veniva spesso al bar, molto amico di Bobbuccio… ho sentito dire ‘voglio dare una lezione a quest’avvocato’… gli do i caffè e me ne vado mentre vado per chiudere la porta ho sentito che si parlava dell’avvocato Fragalà…”.
Il racconto prosegue nel periodo in cui Lo Iacono viene trasferito “da Pagliarelli al carcere di Velletri, ho incontrato Antonino Siragusa che è imputato nel processo dell’avvocato Fragalà… si confidava con un certo Sebastiano Pagano, che è un ex collaboratore di giustizia. Si mettevano dentro la cella a parlare… l’aveva in particolare con un certo Chiarello perché dice che l’ha tradito perché non doveva fare i nomi di questi due ragazzi Cocco e… Castronovo, cioè si erano messi d’accordo Chiarello con il Siragusa di non fare questi nomi nel processo… e parlava e diceva che era un traditore… ma nell’omicidio c’erano, lui ha detto…. l’ha tradito per questo perché pensava che non faceva questi due nomi… lui si appoggia su Gregorio Di Giovanni… che se si pentisse si saprebbe la verità dell’omicidio”.
Se sono vere le dichiarazioni di Lo Iacono ci sarebbe stato un accordo fra Chiarello, il primo pentito che ha riaperto il caso Fragalà, e Siragusa che ha deciso successivamente di collaborare con i magistrati che lo ritengono un depistatore. Siragusa in molti passaggi ha smentito proprio le dichiarazioni di Chiarello
Lo Iacono sostiene di avere sentito Siragusa parlare del delitto in una seconda occasione con “Giancarlo Giugno che è il vicino di cella… dice me l’ha messo nel sedere… che ha parlato prima lui, che dovevo parlare prima io…”.
Di Paolo Cocco e Francesco Castronovo Siragusa avrebbe detto che “c’erano e dopo si sono messi in macchina con lui… ho sentito pure che ha buttato la mazza dentro al contenitore dove buttano le bottiglie di plastica… il cassonetto ha preso fuoco… che hanno sequestrato il giubbotto che lui ha usato quella sera”.
Infine Lo Iacono dice di avere raccolto altre confidenze “da Sebastiano Pagano” e cioè che “Cocco e Castronovo tenevano e Ingrassia e lui (riferito a Siragusa, ndr) colpivano”. I nuovi verbali sono stati depositati al processo per l’omicidio Fragalà, alla vigilia della requisitoria dei pubblici ministeri. E Lo Iacono riferisce pure di un testimone che avrebbe assistito ai dialoghi in carcere,: Angelo Izzo, il cosiddetto mostro del Circeo.