Il caso Tutino e il tempismo del Pd | Partito e Crocetta sulla stessa barca - Live Sicilia

Il caso Tutino e il tempismo del Pd | Partito e Crocetta sulla stessa barca

Il Partito democratico, dopo mesi di “tira e molla”, di minacce e ultimatum, di decaloghi e possibili sfiducie, ha scelto di dare “una svolta” al rapporto tra il partito, appunto, e il governatore, legando tuttavia il proprio destino a quello dell'ex sindaco di Gela in un momento tutt'altro che sereno.

Dopo il giallo intercettazioni
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“Da adesso in poi il Pd si assume tutte le responsabilità di questo governo”. Che tempismo. Che mossa. Il partito democratico, dopo mesi di “tira e molla”, di minacce e ultimatum, di decaloghi e possibili sfiducie, di accuse al governatore e ai suoi assessori, ha scelto di dare “una svolta” al rapporto tra il partito, appunto, e Crocetta. Giusto il tempo di leggere le frasi attribuite al primario Matteo Tutino. E la reazione di Lucia Borsellino: “Vergogna”. Una svolta ribadita ieri da Fausto Raciti, dopo le smentite della Procura. Ma prima delle nuove intercettazioni rivelate da Livesicilia, che gettano un’ombra politica vastissima su un governatore che gestiva le cose della Sanità insieme al primario finito in carcere proprio per le attività che si svolgevano a Villa Sofia.

Che tempismo. E che mossa. Considerato anche il fatto che i democratici entrano in giunta proprio dalla porta più stretta e insidiosa: quella della Sanità varcata al contrario da Lucia, che ha lasciato quell’assessorato “per ragioni di ordine etico e morale”. Adesso chiare anche ai bambini.

E dire che sarebbe bastata una telefonata. Una chiacchierata con l’assessore dimissionario. Per farsi spiegare, magari, ciò che il presidente della Regione, anche in occasione delle direzione regionale del partito, non ha potuto, saputo o voluto spiegare: quali fossero, cioè, i motivi “morali ed etici” che avevano spinto Lucia Borsellino a quel polemico addio, a quella lettera con un chiaro e articolato riferimento alla vicenda di Villa Sofia, con un evidente “invito” al governatore verso scelte responsabili. Un elegante riferimento, probabilmente, a quello che accadeva in quell”ospedale e che si era mostrato all’assessore in tutta la.sua cinica realtà.

Eppure, la direzione regionale del partito di una settimana fa, nasceva proprio per quel motivo. Per chiedere spiegazioni al presidente non solo sull’addio di Lucia, ma anche su quello, forse un po’ sottovalutato a causa degli eventi che si sono susseguiti, di Nino Caleca, che aveva segnalato il rischio di un “pericoloso ritorno al passato”.

Tutto dimenticato. Il problema è stato messo sotto il tappeto. La “questione morale” – che pure dovrebbe essere tanto cara ai democratici – è diventata una semplice questione politica. Una questione di posti in giunta. La svolta ha finito per gettare alle spalle il vero problema. Quello dei rapporti tra i medici di Villa Sofia e il presidente della Regione. Dimenticato, all’improvviso. “A noi spetta occuparci di politica che deve restare divisa dalle questioni giudiziarie” ha ribadito Raciti. Come se delle battaglie sulle questioni giudiziarie appunto, quell’area politica non avesse fatto, in Sicilia come nel resto d’Italia, la propria “cifra”. L’elemento che la distingueva dal resto.

Una amnesia che era emersa chiaramente dalle prime parole “ufficiali” del Pd, dopo la pubblicazione delle indiscrezioni de L’Espresso. È stato proprio il neo assessore alla Salute Baldo Gucciardi a dichiarare: “Pur nell’assoluto rispetto delle indagini dell’autorità giudiziaria, è di tutta evidenza che le parole pronunciate dal dottor Tutino e riportate oggi da organi di stampa lo rendono, fra l’altro, incompatibile con qualsiasi rapporto giuridico e professionale con un’Azienda sanitaria pubblica. Il direttore generale dell’Azienda Villa Sofia-Cervello svolga le tempestive verifiche del caso e ponga immediatamente in essere i provvedimenti consequenziali”. Quello che appare “evidente” al Pd, insomma, è l’incompatibilità tra Tutino e un’azienda pubblica. Una dichiarazione che, al netto della buona fede, appare sotto certi aspetti paradossale e che verrà travolta dalla valanga di prese di posizione anche queste connotate da un apprezzabile tempismo (vedi la reazione furente di Davide Faraone). Tutta una recita. Perché al di là dell’intercettazione smentita dalla Procura, già sull’incarico di primario a Tutino erano emersi enormi dubbi, mentre un procedimento disciplinare a suo carico – hanno fatto emergere gli inquirenti – è stato per anni insabbiato. Anni in cui quel Tutino era medico personale del presidente della Regione. Un rapporto così stretto da consentire – qualora le indiscrezioni de l’Espresso trovassero conferma ufficiale – al medico di esprimersi in quel modo con il governatore. Di sentirsi, cioè, nella condizione di spingersi a tanto. E qualora quelle frasi si rivelassero una bufala, ecco quelle di Livesicilia. Persino più chiare, dal punto di vista politico. Una confidenza, del resto, emersa anche in altre occasioni, come raccontato senza rossore dallo stesso Crocetta. Tutino, la mattina dell’arresto, avrebbe chiamato al telefono proprio il governatore che lo avrebbe liquidato: “Cercati un altro avvocato”. Ma l’aneddoto altro non è che una ulteriore prova di quel rapporto, di quella amicizia.

Gucciardi, Raciti e il Pd, così, dimenticano la luna e si limitano a guardare il dito. Puntando al primario. Lo stesso che rassicurava il dirigente generale Giacomo Sampieri, anche questo un fedelissimo di Crocetta e anche lui indagato, che il presidente non avrebbe mai permesso che i due medici fossero separati: in gioco c’è troppa roba si, ricordano a vicenda. E che chiedeva di intervenire su Lucia Borsellino per evitare che il manager “restasse a spasso”.

Miserabili questioni lasciate in sospeso. Sommerse dal dozzinale deodorante della retorica. La retorica della “svolta”, della “responsabilità”, del rilancio del governo, sposata anche dall’Udc. Una retorica che adesso i dirigenti del Pd con difficoltà e imbarazzo (il governatore disertera’, per evitare le contestazioni) proveranno a sfoderare in questi giorni. Presentandosi alle commemorazioni di via D’Amelio col “peccato originale” di avere per anni sostenuto – con in prima fila gli esponenti di una antimafia sempre più svuotata di credibilità – un presidente indagato per mafia come Raffaele Lombardo. E adesso, anche quelle frasi. Quei rapporti e quella confidenza. Che ha suggerito quelle, amare, di Lucia Borsellino, rivolte al primario certo, ma anche e soprattutto per il presidente. Quello col quale il Pd, pochi giorni fa, ha deciso di collaborare “ufficialmente”. Prendendosi proprio l’assessorato di Lucia. E mettendo così la propria firma in calce al disastro. Che tempismo. E che mossa.


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