Sono giorni tristi per la Sanità siciliana. L’affaire della Chirurgia toracica dell’ospedale Civico – una storia di presunta malasanità – ha generato smarrimento. Smarriti gli sguardi di chi cerca riparo. Smarrito l’animo di chi è coinvolto. Smarriti i corpi di molti sofferenti in cerca di cure. Come se non si potesse più guardare al sistema senza averne paura. Questo è l’effetto immediato.
Le accuse, ancora da provare, riguardano tanto di terribilmente presunto che è stato messo in fila durante l’ormai celebre puntata de ‘Le Iene’. Serve tutta la verità, lo abbiamo già scritto.
Ma l’attesa rischia di corrodere e demolire. Quando arriveranno i pronunciamenti terzi, a suffragare o a smentire, potrebbe essere già tardi. Il dottore Renato Costa, parlando con il nostro giornale, ha sottolineato la preoccupazione di chi teme: “che questa vicenda diventi un altro passaggio per screditare la Sanità pubblica che già soffre, rompendo il patto di fiducia”.
La Regione si è mossa con celerità e senso dell’opportunità, nominando una Commissione. Il ministero della Salute ha attivato i Nas.
La Procura di Palermo sin dal 2022 – come ha scritto il nostro Riccardo Lo Verso – ha aperto un’indagine dopo che il chirurgo toracico Francesco Caronia ha denunciato la presunta mala gestio del reparto dell’ospedale Civico in cui lavorava. L’inchiesta, su richiesta degli stessi pubblici ministeri, è stata archiviata. La vicenda, però, non è definitivamente chiusa. Ci saranno sicuramente nuovi sviluppi. (QUI il riepilogo dell’aspetto giudiziario).
In mezzo ci siamo noi, con le nostre domande rivolte a coloro che indossano un camice bianco. In mezzo ci sono i medici che, mentre si aspettano le risposte necessarie, vivono la situazione surreale di essere accomunati a un cosiddetto (e presunto) ‘reparto degli orrori’, secondo il rito di un tribunale social, con le sue sentenze inappellabili. In mezzo ci sono tanti coscienziosi professionisti con il loro turbamento che è il nostro.
Piccola annotazione soggettiva: sto ricevendo i messaggi e le telefonate di dottoresse e dottori che esprimono una indicibile amarezza. Tutti difendono la reputazione dei colleghi, pur non avendo nessun legame con la cronaca, né accesso a informazioni originarie. Li conoscono, chiedono prudenza e mettono la mano sul fuoco con una forza che oltrepassa, nei toni, un possibile richiamo della corporazione.
Sono i giorni dello smarrimento per una comunità di persone – quelli che curano e quelli che ricevono la cura – che condividono una relazione obbligatoria. Facciamo parte dello stesso dolore e della stessa speranza, come anche questa storia, con la sua sofferenza diffusa, dimostra. Forse, dovremmo ricordarcelo più spesso.
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