“Tra sette giorni in Sicilia si svolgeranno elezioni molto importanti. Chi vincerà aumenterà le proprie possibilità di conquistare anche il governo del Paese”. Il refrain, ripetuto più volte da Milena Gabanelli durante il suo “Report”, dà la misura del livello d’attenzione dei media nazionali sulle urne siciliane che domenica eleggeranno il nuovo governatore. La puntata del programma domenicale di Rai Tre gira attorno agli atavici mali dell’Isola, come il precariato negli enti pubblici, offrendo il classico spaccato di una regione incapace di imparare dai propri errori e porvi rimedio.
A far notizia, come sempre, sono i numerosi indagati e condannati in lista per un posto all’Ars. La parentesi sugli aspiranti onorevoli alle prese con la giustizia è corposa e così sul banco degli imputati finiscono soprattutto coloro che avrebbero dovuto vigilare e fungere da garanti. In particolare tre dei dieci aspiranti alla poltrona più importante di Palazzo d’Orleans: Musumeci, Crocetta e Miccichè. Divisi negli schieramenti ma uniti da un unico filo rosso: l’aver fatto posto nelle proprie liste a condannati e indagati. A Musumeci vengono imputate le candidature di Rudy Maira, segretario regionale del Cantiere popolare e indagato a Caltanissetta per una vicenda di appalti pilotati, e Salvino Caputo, che ha ricevuto una condanna a due anni per tentato abuso d’ufficio e falso ideologico. Immancabile il riferimento all’ex presidente della Regione, Giuseppe Drago, condannato a tre anni per peculato e adesso di nuovo in campo con Cantiere popolare. Situazione analoga dalle parti del centrosinistra, dove l’Udc ha portato alla candidatura di Giuseppe Spata, condannato a un anno per abuso d’ufficio. Stessa accusa che viene rivolta all’ex sindaco di Alcamo, Giacomo Scala, comunque messo in campo dal Pd. Miccichè, invece, finisce nel mirino per la candidatura di Franco Mineo: rinviato a giudizio per intestazione fittizia di beni, usura, malversazione e peculato. Mineo è accusato di essere il prestanome di Angelo Galatolo, presunto boss dell’Acquasanta. Citato anche il caso di Riccardo Minardo (Partito dei siciliani), rinviato a giudizio per truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato. “Report” non risparmia neanche Cateno De Luca, candidato governatore di Rivoluzione Siciliana sotto processo per tentata concussione e abuso d’ufficio.
Arriva poi il capitolo degli sprechi e delle “specialità” che la Sicilia si concede: c’è l’esercito dei forestali, ridotto negli anni ma aumentato nelle ore di lavoro concesse dal governo regionale. Le telecamere della trasmissione Rai vanno fino a Godrano, paese con poco più di mille abitanti in provincia di Palermo, dove l’impiego in Forestale è la norma (compresi sindaco, vicesindaco e presidente del Consiglio comunale). Quello degli antincendio non è l’unico esercito finito sotto ai riflettori: c’è anche quello dei consulenti scelti dal governo Lombardo, senza dimenticare i tanti precari degli enti locali. Non manca, inoltre, il riferimento alle spese dell’Ars, che soltanto di recente hanno subito una piccola sforbiciata. Nel racconto di “Report”, inoltre, finisce anche quella spending review in salsa siciliana più volte sbandierata dal governo regionale e arenatasi in estate tra le secche di un Parlamento ormai in vacanza. Tutto questo mentre la riduzione da 90 a 70 degli eletti di Palazzo dei Normanni è ancora in discussione tra Camera e Senato e, nel migliore dei casi, entrerà in vigore soltanto nel 2017.