Il grande bluff dei Fondi europei | Ecco la spesa “ad alto rischio” - Live Sicilia

Il grande bluff dei Fondi europei | Ecco la spesa “ad alto rischio”

Per riuscire a spendere in tempo le risorse comunitarie il governo sta usando l’escamotage dei cosiddetti “retrospettivi”: vengono spostate sulla spesa europea somme inizialmente stanziate dallo Stato per progetti già conclusi. Ma sia la Corte dei Conti che la Commissione europea hanno messo in guardia: “Un azzardo che non creerà né occupazione, né ricchezza”.

I soldi della Regione
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PALERMO – Per la Corte dei conti si tratta di una procedura “ad alto rischio”. Ma il governo Crocetta ha deciso di azzardare. Si chiama “spesa retrospettiva” ed è un escamotage utile ad alzare la percentuale della spesa di Fondi europei. Un “trucchetto” non illegale che serve per accelerare l’impegno delle somme. Una accelerazione, però, che rischia di tradursi in un autogol: quelle spese infatti potrebbero non essere certificate dall’Ue. E comunque manifestano “l’incapacità di programmare l’utilizzo delle risorse comunitarie”. Parola dei magistrati contabili, in occasione dell’ultimo giudizio di parifica.

Eppure, solo negli ultimi dieci giorni del 2015, il governo ha preparato i documenti per spendere in questo modo la bellezza di un miliardo e mezzo di euro del Fesr, il più ricco piano operativo comunitario. Centocinquantamila euro al giorno di spesa “ad alto rischio”. Una cifra enorme, se solo si pensa che questa rappresenta più di un terzo dell’intero Fesr (che ammonta a circa 4,3 miliardi di euro). Somme, quelle che il governo Crocetta vuole spendere con questo escamotage inizialmente stanziate dallo Stato o dalla Regione per progetti già conclusi o vicini alla conclusione. Che verranno pagati dall’Europa. Forse.

Perché come dicevamo le incognite su questa operazione sono tante. Si tratta di uno strumento legittimo e ammesso dagli stesso organismi comunitari. Che però hanno fissato dei paletti molto stretti affinché questi progetti nati in altra sede possano essere compatibili con i Piani operativi dell’Unione europea. E i dubbi sono proprio qui. Perché, nonostante il governo, nelle sue delibere affermi il rispetto di questi parametri, non tutto è così cristallino. Come del resto emerge dall’allarme lanciato ripetutamente e anche in occasione dell’ultimo giudizio di parifica dalla Corte dei conti.

“Le Sezioni riunite – si legge in quel documento – fanno presente che, sebbene non si rinvengano, nell’ambito della normativa europea, disposizioni che esplicitamente vietino l’assistenza retrospettiva, purtuttavia la Commissione Europea qualifichi tale procedura come ‘ad alto rischio’, sia per il possibile mancato rispetto delle pertinenti regole della normativa europea e nazionale, sia in quanto si riferisce ad interventi, spesso avviati e realizzati, privi di una specifica correlazione con gli obiettivi del programma”.

È la stessa Commissione europea, insomma, ad “avvisare”: quella operazione è un azzardo. Giustificato, evidentemente, dall’incapacità in questo caso della Regione siciliana di programmare in tempo utile la spesa di questi fondi. E la censura “politica” dei magistrati contabili è evidente nel passaggio del giudizio di parifica in cui “si rileva come il ricorso a tali strumenti, che si traducono esclusivamente in una ‘reimputazione contabile’ di progetti certificabili perché coerenti con la linea d’intervento, celi, nei fatti, una generale carenza di progettualità, rivelando una sostanziale incapacità ad incrementare la spesa comunitaria con progetti originariamente inseriti nel programma. Si deve altresì segnalare – aggiunge la Corte – come, in tali ipotesi, non si verifichi l’atteso effetto benefico per l’economia, consistente nell’aumento della spesa pubblica idonea ad incrementare, seppure nel breve periodo, l’occupazione e la crescita reddituale dell’economia siciliana”. In breve: questa spesa non solo manifesta l’incapacità politica dei governi siciliani (quello in carica e quello passato) nella spesa dei Fondi 2007-2013, ma anche l’inutilità di questi progetti nell’ottica di una crescita dell’occupazione e della ricchezza. Si tratta, infatti, di interventi che non fanno altro che sostituire il “committente”: dallo Stato all’Europa.

Affinché questi interventi possano essere “trasferiti” sulla spesa europea, però, era necessario che facessero parte di un “Accordo quadro” già esistente o di un atto integrativo all’accordo. E infatti, tra il 21 dicembre e l’ultimo dell’anno, una dozzina di atti integrativi sono stati approvati dalla giunta di Crocetta. Nessuna programmazione, insomma. Ma una corsa all’ultimo respiro per salvare il salvabile.

Insomma, i “grandi successi” rivendicati da Crocetta nella spesa dei Fondi comunitari sono tutti qui. In un legittimo “trucchetto”. Un bluff. Assai rischioso, dicevamo. Così come precisato dalla Commissione europea. E nel miliardo e mezzo “a rischio” c’è davvero di tutto. Ad esempio 137 milioni di euro per l’edilizia scolastica in istituti di tutte le province siciliane, più di mezzo miliardo (per la maggior parte stanziato in un primo momento dal Ministero degli Interni) per l’assistenza dei migranti, 36 milioni per l’accordo “Energia” (ci sono anche 1,9 miliardi inizialmente previsti dall’Ars che diventeranno spesa europea), 381 milioni per l’informatizzazione, 36 milioni per il finanziamento di una trentina di progetti sulla riqualificazione delle città, 23 milioni per la creazione di infrastrutture sportive in zone degradate, 11,6 milioni per la gestione del servizio idrico, 50 milioni per il trasporto marittimo, 13,6 milioni (inizialmente stanziati da Enav) per il trasporto aereo, altri cinquanta per il trasporto ferroviario. E ancora, verranno “spostati” sulla spesa europea circa 175 milioni stanziati per gli ospedali siciliani (tra gli altri interventi, la costruzione del nuovo ospedale di Ragusa e del nuovo polo di Enna) e altri 7,4 milioni per il recupero di alcuni edifici da adibire a residenze universitarie per gli studenti di Agrigento, Ragusa e Caltanissetta. Tutte spese “ad alto rischio”. Potrebbero infatti non essere riconosciute dall’Europa. Lo dice l’Europa stessa.


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