Il mistero svelato e la triste conferma:|almeno in 7 sono rimasti in mare - Live Sicilia

Il mistero svelato e la triste conferma:|almeno in 7 sono rimasti in mare

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(dell’inviato Francesco Terracina, Ansa)

Si fa sempre più credibile l’ipotesi di un naufragio nel Canale di Sicilia, nonostante gli investigatori non abbiano ancora elementi certi per poterlo confermare. Quanto riferito ieri sera da alcuni degli 11 sopravvissuti, arrivati stremati nell’isola e condotti nel poliambulatorio, oggi viene raccontato dai medici e dagli operatori umanitari, e le circostanze questa volta sembrano coincidere.

La tragedia avrebbe coinvolto 7 persone (e non 11 come si era ipotizzato inizialmente), tra le quali una donna incinta e un bambino, figlio della migrante. Tutto questo mentre cresce la preoccupazione per 400 migranti, partiti dalla Libia su due imbarcazioni, di cui non si hanno più notizie da diversi giorni. La ricostruzione del naufragio fatta dalla Capitaneria di porto comincia dall’avvistamento, intorno alle 16 di martedì, di un peschereccio egiziano, intercettato da un aereo olandese della missione Frontex, a 35 miglia da Lampedusa, in acque internazionali.

L’aereo comunica agli uomini della Guardia costiera la presenza del natante, subito contattato via radio da Lampedusa. ”In un inglese stentato – dice il comandante Alessandro Nicastro – l’equipaggio del peschereccio ci ha detto che aveva a bordo cinque migranti che stavano male. La nostra area di competenza Sar (l’area di intervento e soccorso, ndr) non va oltre le 17 miglia dalla costa dell’isola, ma visto che c’era gente in precarie condizioni di salute, abbiamo mandato la nostra motovedetta Cp 301 nella zona, con a bordo un medico. Alle 20.45 di martedì i cinque sono arrivati in porto e trasferiti al poliambulatorio, da dove sono stati dimessi”.

Il giorno successivo, ieri, più o meno alla stessa ora, la nave Borsini della Marina militare incrocia un altro peschereccio egiziano, sempre a circa 35 miglia da Lampedusa. Pare che la barca sia rimasta ferma più a lungo nelle acque del Canale di Sicilia, perché impiegata nelle operazioni di recupero delle reti da pesca. Ma da quanto che si apprende da alcune fonti che hanno parlato con i migranti, il soccorso da parte dei due pescherecci sarebbe avvenuto contestualmente.

Si spiegherebbe così il ritardo di 24 ore per il secondo arrivo, che aveva creato un piccolo giallo lasciando pensare a una versione di comodo concordata per mascherare eventuali responsabilità da parte dei due motopesca egiziani. Il resto del racconto lo fa un medico del Poliambulatorio di Lampedusa, Giuseppe Strano, che ha visitato i migranti ricoverati e poi dimessi. Ne ricorda uno, in particolare, Mohamed, che per un’ora e mezza non ha aperto bocca: ”Era stremato – dice – infreddolito. Ma dopo le prime cure siamo riusciti a strappargli un sorriso”. Per lui il pericolo è scampato: è stato dimesso e portato nella ex base Loran dell’isola.

”Dalle parole di queste persone – dice ancora il medico – era evidente che qualcuno dei loro compagni di viaggio mancava all’appello, e da quello che abbiamo capito, anche un bambino”. Proprio il piccolo finito in mare insieme alla madre e al fratellino non ancora nato. Sui numeri (11 i naufraghi salvati, 7 i dispersi) non ci si può che attenere a quanto raccontato dai sopravvissuti, anche se tra i sanitari del poliambulatorio, tuttavia, c’è perfino chi ha orecchiato un’altra cifra, 35, che sarebbe il numero delle persone a bordo del barcone al momento della tragedia.

Di qui la cautela della Guardia Costiera, che in un primo momento aveva espresso scetticismo sulla veridicità del racconto fatto dagli immigrati, che hanno detto di provenire da Sudan e Gambia e di essere partiti dalla Libia per sfuggire alla guerra. Intanto Don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo che tiene i contatti con diversi profughi in fuga dalla Libia, torna a lanciare l’allarme: ”Da dieci giorni non abbiamo più notizie di un barcone con 335 migranti e da sabato scorso si sono interrotte le telefonate con altri 68 a bordo di un gommone. Bisogna intensificare le ricerche nel Mediterraneo, oltre 400 persone non possono scomparire nel nulla”.


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