PALERMO – C’è un uomo appoggiato ad un muro che guarda le rovine della “sua” Vucciria. C’è un uomo che non abbassa lo sguardo e resta fermo ad osservare i resti di quella palazzina, crollata in prossimità della Loggia dei Catalani, un uomo che con i suoi fiori e i suoi dipinti aveva trasformato le pareti di quel rudere in un vero atto di accusa al degrado di Piazza Garraffello. C’è un uomo che si lascia andare ad un sorriso, e nonostante tutto, continua ad avere la forza di dire “vediamo come andrà”. Quell’uomo è Uwe Jaentsch, artista austriaco che da quattordici anni vive a Palermo. Al suo fianco c’è la sua compagna di vita e di viaggi, Costanza Lanza Di Scalea. Austriaco di nascita. Ma quando parla della città che lo ospita da tempo, Uwe, l’artista tanto amato alla Vucciria, dice “noi palermitani”.
Sagace l’ironia di Uwe, che guarda attonito uno dei quattro muri innalzati intorno alla piazza. “Noi palermitani siamo così, siamo creativi – stocca subito -. Dobbiamo tirar fuori la nostra arte. Così abbiamo ben pensato di alzare questi muri”. Uwe si guarda intorno e racconta la storia della Vucciria, di quella fontana al centro della piazza. Dei palazzi che la circondano. E di quello in cui vive, Palazzo Mazzarino, dove nel 2007 aveva creato la sua “Banca Nazion” per sottolineare che proprio quello, il cuore pulsante di Palermo, vero luogo di ritrovo di giovani e non, era una sorta di banca di Palermo. Di cui, però, non si capiva la grandezza e il valore. “Fino a tre giorni fa era stata la Banca della Vucciria – dice Uwe -. Oggi l’hanno murata, hanno trovato i fondi per farlo. Chissà dove”.
I vigili, però, dopo il crollo della palazzina, hanno smantellato l’opera. “Gliel’hanno smontata in poco più di mezz’ora – racconta Costanza con rabbia e tristezza -. L’hanno buttata a terra, senza neanche avvisarci. L’hanno distrutta. Mentre lì, proprio davanti a noi, sopra quelle macerie, continuano a restare porte e ferraglie evidentemente pericolose”. Ma chiedendo a Uwe come ha reagito allo smantellamento della sua “Banca”, risponde ridendo: “Bisogna chiedere a loro, agli abitanti della Vucciria, alle persone che ogni sera venivano qui a passare delle ore. Loro erano i clienti della Banca”. Ed è molta la gente che si avvicina a Uwe mentre si trova a ridosso della piazza. “Cos’è successo? Dov’è la nostra Banca?”, gli chiedono.
Uwe prende in mano un po’ di calce e guarda il muro su cui è appoggiato. “Mi sembra un’idea da boy-scout – commenta -. non di certo una grande trovata. Si chiude una piazza e si lasciano due accessi liberi. E’ pericoloso”. Poi sdrammatizza: “Almeno questi muretti crollano subito. Non bisogna aspettare chissà quanti secoli”. E un’idea lanciata lì, con la sua solita verve: “Eppure questa piazza potrebbe diventare un museo. Con questi muretti. Si paga un ingresso per vederne le rovine”.
Non è di certo la prima opera di Uwe che viene smantellata. E a parlarne è Costanza, che ricorda quel novembre 2006, in cui fu distrutta la “Cattedrale dei Rifiuti”, il museo en plein air del suo Uwe, a cui l’artista aveva lavorato per mesi assemblando stracci, elettrodomestici, mobili e oggetti di uso comune, e al cui posto, poi, rimasero dopo sacchetti e spazzatura ordinaria.
Uwe torna a parlare della sua arte come di un atto d’amore, “un succo mascolino, che, una volta andato via, si getta da un’altra parte, senza neanche guardarlo. Tanto che importa”. Allora lì, è colto da una forte emozione, da quella che cercava di nascondere. “Nella vita ci sono sempre due scelte – spiega -. O si piange o si ride. Se si decide di piangere non si va avanti. Non è un problema che riguarda solo piazza Garraffello. Palermo è una città molto vecchia. A parlare è la storia. Non c’è da vergognarsi, ma serve diplomazia per darsi realmente da fare per recuperarla. E allora vediamo come andrà. Cosa decideranno di fare”.
Un messaggio di speranza, infine. “Poteva succedere di peggio – conclude -. Potevano esserci decine di martiri. Non è successo di sabato. Siamo protetti. Palermo ci vuole bene”.