PATERNO’ – Ucciso un boss. Salvatore Leanza era un colonnello della mafia paternese. Un grado acquisito durante i suoi anni in carcere, il suo nome compare in una relazione della Commissione parlamentare antimafia di circa dieci anni fa dove si scrive chiaramente che gli ex Alleruzzo oramai facevano riferimento a lui: “A Paternò gli ex affiliati al clan Alleruzzo si sarebbero ricompattati attorno alla figura di Salvatore Leanza, detenuto, condannato all’ergastolo, e a personaggio carismatici quali Domenico Filippo Assinata ed il figlio Salvatore, entrambi detenuti. I gruppi predetti – si legge ancora – sono collegati al ramo di Cosa Nostra catanese guidato dalla famiglia Santapaola. I Laudani – continua la relazione – possono contare sull’alleanza di un gruppo guidatao dal detenuto Vincenzo Morabito, i cui componenti formano il gruppo Morabito – Stimoli”.
Non è la prima volta che le redini di una famiglia vengono affidate a un uomo dietro le sbarre. Informative, faldoni di inchieste, ma anche chilometri di verbali dei collaboratori di giustizia dimostrano come il carcere per la criminalità organizzata non ha rappresentato (quasi) mai un ostacolo per mantenere il controllo su un territorio. E sarebbe successo – secondo le risultanze inserite nella relazione della Commissione Antimafia – anche questa volta con Salvatore Leanza, finito in gattabuia per una condanna all’ergastolo. L’accusa era omicidio.
Una geografia che si è modificata quella della mafia paternese storicamente in mano agli Alleruzzo. Nel 1987 succede qualcosa che ne cambierà le sorti radicalmente. Una donna viene uccisa: Lucia Anastasi, moglie di Zio Pippo Alleruzzo. Giuseppe Alleruzzo alla vista del sangue sull’uscio di casa prende una decisione storica: diventa un pentito, anche se poi ritratterà. Dalla sua collaborazione con la giustizia così come quella di un altro boss, alleato agli Alleruzzo, Giuseppe Pellegriti si apre un capitolo di cronaca giudiziaria importantissima. La giustizia da un colpo di mannaia fortissimo alla criminalità organizzata dei luoghi.
Per delineare bene gli scenari bisogna fare un salto agli anni ’70. All’omicidio da cui parte la lunga e sanguionosa faida tra clan che si conclude proprio con la morte della moglie del capomafia. Quel sangue che oggi ha ripreso a scorrere con il delitto di Salvatore Leanza, tra gli uomi di fiducia di Zio Pippo Alleruzzo.
Andiamo per ordine. Il 31 luglio 1975, in via Scala Vecchia di Paternò, sono assassinati i fratelli Angelo e Giuseppe Catena e rimane ferito un altro fratello, Orazio. E’ il giro di soldi sulle corse clandestine a far scoppiare la bomba: è si apre la guerra tra il gruppo ricondcuibile ai fratelli Catena, rilevato successivamente direttamente da Alleruzzo e quello riconducibile a Orazio Conigliello. Ed è proprio il secondo ad avere i rapporti con diversi mafiosi di livello: Salvatore Rapisarda, che nel 1979 è condannato per omicidio, Federico Antonio Morabito, detto Nino “Lima”, e Arena Vito, detto Vito “u piscaturi”.
E si inizia a sparare. Nel 1980 è ucciso Giuseppe Mazzaglia. Segue altro sangue e si superano anche i confini di Paternò. L’omicidio di Antonino Scalisi, personaggio di rilievo del panorama criminale adranita e molto legato ai Laudani di Catania, rappresenta il delitto per il predominio sul territorio. Gli avversari di Scalisi sono gli Alleruzzo di Paternò. A metà degli anni ’80, dunque, nasce a Paternò l’associazione per delinquere facente capo a Giuseppe Alleruzzo, pastore. Al suo fianco il cognato, Francesco Augusto Ferrera , cugino del capo di cosa nostra catanese Benedetto Santapaola. In questa fase di organizzazione Alleruzzo sceglie i suoi picciotti: pastori e pericolosi killer. Tra questi c’è proprio Salvatore Leanza, detto “Turi Padedda”.
Il sangue dei boss delinea i territori e le fazioni. La cosca Alleruzzo, Pellegriti, Gurgone domina su Paternò, Adrano e Biancavilla. Si specializzano nel traffico di droga. La decisione di Zio Pippo di collaborare, dopo l’uccisione della moglie e del figlio Santo, creano fratture interne e sembra profilarsi una nuova stagione di sangue per il controllo di Paternò. E’ necessario l’intervento delle “Famiglie” di Catania per tracciare una sorta di pax mafiosa tra le cosche contrapposte degli Alleruzzo – Pellegriti – Gurgone e Stimoli- Morabito.
Un patto oggi macchiato dal sangue di Turi Padedda, boss degli ex Alleruzzo, uomo di vertice del Clan Assinnata. Ora la domanda è se si tratta di una faida tra cosce rivali o di un regolamento di conti interno alla famiglia. Leanza era uscito da un anno dal carcere. In questi dodici mesi Turi, forse, ha commesso un errore che gli è costato la vita. I sicari non hanno voluto sbagliare: Leanza è stato centrato alla testa, una pallottola nel cranio. Gli inquirenti hanno serrato le fila per identificare killer e soprattutto mandante del delitto nel più breve tempo possibile. E la paura è che a Paternò si ripeta ciò che è avvenuto tra Biancavilla e Adrano all’inizio dell’anno, tre omicidi in pochi mesi; gli ultimi due in sole 48 ore.