Si registra giustamente, con le immancabili polemiche, una certa attenzione sull’ultima rimodulazione della giunta comunale di Palermo decisa dal sindaco Leoluca Orlando. Precisamente s’è trattato di un allargamento (in forza di una legge approvata dall’Ars nel 2019 che porta da 8 a 11 gli assessori nelle città con più di 500.000 abitanti, a Catania da 8 si passa a 10) con l’aggiunta di tre assessori, gli ex Emilio Arcuri e Sergio Marino tornati in sella e il giovane ventottenne laureato in Giurisprudenza ed esperto in Affari internazionali Paolo Petralia, con la conseguente riassegnazione delle deleghe.
Valgono in proposito tutti i giudizi che vogliamo, negativi, positivi o indifferenti, ma posso dire che personalmente la questione non mi appassiona? Emerge intanto una lacrimevole evidenza: l’apertura ai partiti, in giunta e nelle “partecipate”, non è servita assolutamente a nulla sul piano del miglioramento dei servizi per il semplice motivo che la politica, triste ammetterlo, respira l’aria viziata del Palazzo e non sceglie le migliori professionalità disponibili, divide il potere in base al pacchetto dei voti diretti o indiretti dei pretendenti, alle tessere e alle correnti d’appartenenza. No, rimpasti, allagamenti e rimodulazioni non appassionavano allora e non appassionano adesso, pure per ulteriori motivi. Tenterò di spiegarli.
Ovviamente il governo cittadino, sindaco in testa, è di fondamentale importanza come di fondamentale importanza sono le qualità e le capacità degli assessori. E qui le opinioni sono molteplici. Chi contesta a morire Orlando e la sua giunta, chi lo sostiene guardando ai guai del passato e temendo un dopo ben più critico e preoccupante se consideriamo il penoso quadro politico siciliano e locale. Il punto è un altro: allo stato attuale basta fermarsi a un esame del sindaco e dei singoli assessori? La mia impressione è che non basti, senza togliere a costoro, nel bene e nel male, il primato in termini di responsabilità, perché per amministrare una grande città come Palermo occorrono, a parità di rilievo, anche un laborioso Consiglio comunale, un’efficiente burocrazia e un moderno e attrezzato Corpo di Polizia municipale.
Se giustificabili appaiono, al di là di indiscutibili meriti, alcune severe censure indirizzate all’amministrazione comunale – sicuramente difetta di una strategia del quotidiano provocando la sensazione di una città non governata – dobbiamo al contempo riconoscere che abbiamo un Consiglio comunale lento, litigioso, occupato in scontri e mediazioni estenuanti, poco sollecito ad assicurare gli atti generali, di bilancio e programmatori con la velocità imposta dalle urgenze della città e dagli interessi legittimi in attesa di soddisfazione di singoli e categorie. Regolamenti che riguardano ad esempio l’urbanistica, il commercio, la pubblicità, gli stessi lavori d’aula faticano ad essere approvati – non raramente soggetti a incredibili ripensamenti – oppure stazionano a lungo nei cassetti o nella fase dei lavori preparatori. Ciò ha delle ricadute negative su un’economia già sofferente e sul regolare svolgimento delle attività, perfino istituzionali.
La macchina burocratica comunale. Non è un mistero, funziona male per diverse cause: personale ormai insufficiente specialmente nelle qualifiche apicali e tecniche, anziano anagraficamente, imprigionato in complicate e farraginose procedure, alle prese con le richieste pressanti del cittadino senza disporre degli strumenti per provvedere tempestivamente. Tale situazione, non riferibile soltanto a Palermo, dipende dal continuo diminuire delle risorse finanziarie e dal blocco dei concorsi con l’assenza di giovani motivati, in possesso di nuove conoscenze tecnologiche e informatiche, del diritto comunitario, delle relazioni internazionali. Senza una rivoluzione burocratica non avremo mai le risposte adeguate ai bisogni delle famiglie, dei professionisti, degli imprenditori e il know-how indispensabile per attirare investitori e utilizzare i fondi comunitari. In ultimo la polizia municipale.
È l’ennesima volta che torno sullo spinoso problema, perché è un problema. Premessa: siamo convinti che il grado di inciviltà di parecchi palermitani incide notevolmente sul grado di vivibilità a Palermo? Sennò stiamo parlando di aria fritta. Da buon camminatore sono stanco di assistere continuamente ai mille episodi di inciviltà offerti giornalmente da panormiti di vario tipo, donne e uomini, ricchi e poveri, con Suv o con utilitarie, a piedi, in moto o in bicicletta.
Sono stanco della sporcizia gratuita che si aggiunge agli zoppicanti servizi di raccolta della Rap, stanco della maleducazione sugli autobus, in strada, sui marciapiedi. Si aggiunga l’abusivismo in generale, l’illegalità diffusa (sebbene vi siano città in Italia assai più insicure), la piccola criminalità con minorenni sbandati, inquinamento, contraffazioni alimentari, vandalismo a danno di beni pubblici, emergenza cimiteriale, movida selvaggia, ecc. Purtroppo, facciamocene una ragione, Palermo ha bisogno di un VISIBILE, capillare e costante impiego di vigili urbani, in sinergia con le forze dell’ordine, per controllare, prevenire e sanzionare. Sognare una auto-promozione culturale del palermitano è velleitarismo allo stato puro. Ricordate mesi fa il vicesindaco Fabio Giambrone “nascosto” dentro un auto pronto a piombare, coadiuvato ovviamente dai “caschi bianchi”, sugli incivili che conferivano rifiuti fuori orario, addirittura provenienti da paesi confinanti? Meritorio e apprezzabile, gli va riconosciuta la passione e la fatica delle ripetute sveglie all’alba, però terribilmente anomalo. Segno inequivocabile che a Palermo l’ordinarietà dei controlli e delle sanzioni non esiste o esiste parzialmente. Nessuna accusa ai vertici di via Dogali, sia chiaro, carenza di organico, età media degli operatori molto alta, insufficienza dei mezzi e le numerose incombenze da assolvere sono argomenti testardi, d’accordo, ma così si va a sbattere e riteniamo che il sindaco Orlando debba porre tra le priorità il potenziamento del Corpo, anche per non essere incolpato di cose che non dipendono da lui o dai suoi assessori. In conclusione, facile e inutile schierarsi tra gli amici o i nemici della contentezza, soprattutto in vista delle elezioni, impegnativo ma utile assumersi le proprie responsabilità a seconda del ruolo rivestito nelle istituzioni, nella burocrazia o da semplici cittadini.