PALERMO – Un tesoro in una discarica. Cento milioni del bottino di Vito Ciancimino sarebbero finiti in Romania, investiti nella gestione dell’impianto di Glina, a Bucarest, il più grande complesso europeo per il trattamento dei rifiuti.
Con l’accusa di riciclaggio sono indagati Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, e altre otto persone: Sergio Pileri, Raffaele Pietro Valente, Romano Tronci, Santa Sidoti, il rumeno Victor Dombrovski, Nunzio Rizzi, Gabrio Caraffini e Claudio Imbriani. Alcuni nomi sono già noti perché incrociati nelle inchieste giudiziarie sui Ciancimino. Altri vengono fuori per la prima volta, portandosi dietro un passato e un presente segnato da operazioni finanziarie e commerciali tutt’altro che cristalline. Tutti insieme, secondo l’accusa, avrebbero cercato di evitare che lo Stato mettesse le mani su una fetta consistente del tesoro di don Vito. La discarica rumena vale cento milioni di euro.
L’inchiesta è della Direzione distrettuale antimafia di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone, il magistrato che da procuratore aggiunto di Palermo mise la firma sulle indagini che portarono alla condanna di Massimo Ciancimino e al sequestro dei beni del figlio dell’ex sindaco. Gli accertamenti sono opera degli uomini agli ordini del generale del Noe, Vincenzo Paticchio, e del colonnello Sergio De Caprio, altra vecchia conoscenze delle cronache giudiziarie siciliane: si tratta del capitano Ultimo che arrestò Totò Riina. I carabinieri hanno eseguito perquisizioni in molte città italiane, fra cui Palermo, dove hanno fatto visita alla casa di Ciancimino jr.
La ricostruzione degli investigatori ci mette di fronte ad un intrigo internazionale di alta finanza che parte da Parma e Roma per finire in Svizzera e Romania. Gli indagati si sarebbero attivati per la vendita della Ecorec alla Ecovision International. La prova dell’affare sarebbe l’atto di intenti sottoscritto tra la satellite Ecovisione Managment, rappresentata da Bernard Maerevolet, e la Ecorec, rappresentata da Victor Dombrovschi. L’acquisto della società rumena doveva avvenire entro il 30 novembre prossimo. Caraffini e Imbriani, (il primo è un imprenditore umbro di recente arrestato per bancarotta fraudolenta e il secondo ha precedenti penali per truffa) si erano messi a caccia di finanziatori. La vendita della Ecorec avrebbe consentito di ripulire i soldi inizialmente investiti in Romania. Quei soldi sarebbero parte del tesoro di don Vito.
Le indagini della procura di Roma hanno preso le mosse da quelle di Palermo, costate la condanna a Massimo Ciancimino, al tributarista Gianni Lapis e all’avvocato Giorgio Ghiron. I pm palermitani Roberta Buzzolani e Lia Sava scoprirono che la Ecorec era in realtà la cassaforte di Ciancimino, dove sarebbero confluiti anche i soldi della vendita del gioiello di famiglia: il Gruppo Gas. Lo era una cassaforte privata e lo sarebbe tuttora a discapito di una compagine ufficiale così composta: Alzalea srl (82% del capitale), Dombrovski (15%), i fratelli Sergio e Giuseppe Pilieri (1%), S.C. Srl (1%). Ci sarebbero stati due tentativi di vendere la Ecorec. Una prima volta nell’estate del 2011 e un’altra sventata in questi giorni. “Con la regia di Massimo Ciancimino e Gianni Lapis, tramite una serie di riconosciuti prestanome (i fratelli Pileri dalla prima ora e Raffalele Valente in un secondo momento) – scrivono gli investigatori – sono state poste in essere una serie di operazioni finanziarie e fittizie cessioni di quote per proteggere il capitale dall’intervento dello Stato italiano”.
La conferma che la Ecorec sia ancora nella disponibilità di Massimo Ciancimino arriverebbe da un intreccio di recentissimi contatti. In particolare, Sergio Pileri avrebbe ricevuto ordini per la vendita da Romano Tronci durante un incontro avvenuto a Bologna il 9 maggio scorso. Molto impegnati nell’operazione sarebbero stati anche Valente e Rizzi, che è presidente della Ecovision International. Una e mail conferma i contatti in corso. Il 4 aprile scorso Valente scrive a Rizzi: “Le preciso innanzitutto che negli ultimi 12 mesi vi sono state delle variazioni nella compagine sociale che però non pregiudica quanto detto lo scorso anno. I soci di Ecorec si aspettano da lei e dai suoi soci: il tempo entro il quale deve essere definita la cessione (massimo 90 giorni). Preciso inoltre che i 10 milioni di Mwh di Biogas sono potenziali. Ma a Bucarest tutto sarà meglio e in modo più completo illustrato”.
Rizzi si sarebbe poi attivato per trovare altri finanziatori, tanto che a luglio scorso “aveva sintetizzato in un fondo svizzero o nella holding cinese Genertec le concrete alternative per una rapida soluzione della vendita”. In passato erano pure state avviate trattative con la italiana De Vizia Trasfer spa e il Credit Suisse. Il primo tentativo di vendita, però, era stato sospeso in attesa che a Palermo venisse archiviata l’indagine sul tesoro rumeno. La Procura aveva, infatti, chiesto l’archiviazione solo che il gip Piergiorgio Morosini ha disposto nuove indagini. Siamo al 16 dicembre scorso. Malgrado ciò le trattative per la vendita sarebbero riprese ed erano ormai prossime alla conclusione. Ad acquistare la Ecorec sarebbe stata la Ecovision International che poi, secondo i piani mandati a monte dalle indagini, avrebbe rivenduto la società, incassando una plus valenza.
I contatti di recente erano diventati frenetici. A luglio Rizzi chiedeva a Valente: “… allora quella cosa da vendere… è da vendere per …. o ad acquistare per il 15 settembre giusto?! Poi voi avete altre proposte giusto?!”. Valente: “Però non possiamo aspettare il quindici settembre, si chiude”. Rizzi: “No, non mi chiedere l’impossibile in un mondo dove nessuno ha soldi perché io sto cercando di essere positivo… ti dico… un potenziale acquisto, fra virgolette acquisto, deve intervenire al prezzo che abbiamo detto e concordato… cento… omissis”. Rizzi e Valente si sono incontrati a Roma l’8 e il 9 agosto. Un incontro seguito dalla telefonata di Rizzi a Caraffini: <Stamattina ero con Claudio, lui ti manderà una e mail: se ci sono le condizioni, come tu avevi detto, se la cosa ti interessa, potrebbe essere contrattualizzata anche prima di fine di questo mese parlo “operazione Romania”>. Il Claudio citato sarebbe Imbriani, in contatto con i vertici della Ecovision.
A questo punto tornano sulla scena Dombrowsski e Pileri, Tronci e la compagna Santa Sidoti. Sono i protagonisti di un nuovo giro di contatti. Pileri e Tronci si sono incontrati a Roma il 27 settembre scorso. All’indomani Massimo Ciancmino è andato a Millano dove ha incontrato la Sidoti che, a suo volta, il 29 settembre, parlando con Pileri al telefono, avrebbe fornito agli investigatori la chiave per chiudere il cerchio. “Non ce ne frega niente, ormai basta… è fatta e siamo a posto”, diceva riferendosi al rischio che l’intervento dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario dei beni di Ciancimino, potesse mandare all’aria l’affare. Un rischio evitato. L’atto di intenti, primo passo verso la vendita, era ormai stato siglato.
Sulla vicenda intervengono i legali di Ciancimino, gli avvocati Francesca Russo e Roberto D’Agostino. “Dalla lettura del decreto di perquisizione non emerge alcun ruolo, diretto o indiretto, di Massimo Ciancimino nella vicenda. Vicenda che, tra l’altro, sembra sia la stessa oggetto di indagini eseguite a Palermo e per le quali la Procura ha chiesto l’archiviazione. Ci sembra, dunque, che la presenza di Ciancimino serva a dare visibilità. Coincidenza vuole che tutto ciò accada alla vigilia del processo sulla cosiddetta trattativa nel quale Ciancimino è la principale fonte probatoria che ha consentito di far tornare la memoria a quanti, vertici istituzionali inclusi, l’avevano smarrita”.