AGRIGENTO – L’immobile costruito non era in zona vincolata: il Tar ha condannato la Soprintendenza di Agrigento. Ecco i particolari.
La costruzione non vincolata
Un signore, R.F. con regolare concessione edilizia, tra il 2004 ed il 2006 costruiva nel Comune di Santo Stefano di Quisquina un fabbricato adibito a civile abitazione. Successivamente al completamento dei lavori, con l’adozione del Piano paesaggistico della provincia di Agrigento, l’area in cui sorge l’immobile è stata sottoposta a tutela paesaggistica.
Al fine di completare la copertura del fabbricato, il signor R.F., in ragione del vincolo introdotto dal Piano Paesaggistico inoltrava alla Soprintendenza di Agrigento la richiesta di nulla osta.
Il provvedimento della Soprintendenza
La Soprintendenza, tuttavia, rigettava la richiesta, isostenendo che l’immobile fosse stato realizzato all’interno della fascia di rispetto di 150 metri dal fiume Magazzolo tutelata per legge e in assenza di una preventiva autorizzazione da parte della stessa Soprintendenza.
Oltretutto, la Soprintendenza affermava che non poteva essere rilasciata alcuna autorizzazione in sanatoria.
A questo punto, il proprietario della casa, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino, Vincenzo Airò e Mario La Loggia impugnava il provvedimento di diniego della Soprintendenza innanzi al TAR Palermo, chiedendone l’annullamento, previa la sospensione.
Il ricorso al Tar
In particolare, gli avvocarti Rubino, Airò e La Loggia deducevano in giudizio l’erroneità dell’assunto della Soprintendenza di Agrigento, in quanto, nel caso di specie, il corso d’acqua posto in prossimità del fabbricato non era affatto il fiume Magazzolo, ma un corso d’acqua minore, senza alcuna denominazione, non inserito nell’elenco dei fiumi, torrenti o corsi d’acqua iscritti in appositi elenchi.
Pertanto, il corso d’acqua non poteva ritenersi sottoposto a tutela paesaggistica, al momento della realizzazione del fabbricato e prima dell’entrata in vigore del Piano paesaggistico.
L’ordinanza del Tar
Con ordinanza cautelare il Tar Palermo disponeva la verifica dei luoghi, confermando le tesi sostenute dai legali e accertando che il corso d’acqua in questione, oltre a non essere il noto Magazzolo, è realtà un canale artificiale interamente coperto e privo di qualsiasi valenza paesaggistica.
Il TAR-Palermo, aderendo alle conclusioni del verificatore, ha ritenuto fondate le argomentazioni difensive sostenute dagli avvocati, ritenendo comprovato che l’immobile all’epoca della sua realizzazione non ricadeva in area sottoposta a vincolo paesaggistico tutelato per legge.
Con la stessa pronuncia, il TAR ha condannato la Soprintendenza anche al pagamento delle spese di giudizio e verificazione.