PALERMO – I dubbi sono emersi nel corso di una audizione in commissione bilancio all’Ars. E sono stati messi nero su bianco in una lettera che il presidente Vincenzo Vinciullo ha deciso di inviare al presidente della Regione Rosario Crocetta: nel bilancio giunto a Palazzo dei Normanni quasi duecento milioni sono “virtuali”, fasulli, inesistenti.
È questo l’esito di alcuni chiarimenti richiesti all’assessore all’Economia Alessandro Baccei, oggi presente nel corso delle varie audizioni a Palazzo dei Normanni. Il “buco” (sebbene non si possa tecnicamente utilizzare questo termine) è dovuto a due vicende assai diverse. Ma che rischiano di complicare fin dall’inizio il cammino che dovrebbe portare all’approvazione dell’ultima manovra finanziaria della legislatura.
Circa 165 milioni, infatti, non esistono ancora perché il presidente della Regione non ha formalizzato con la Presidenza del consiglio uno degli accordi compresi nella famosa intesa Stato-Regione: quello che prevede, in particolare, il riconoscimento delle entrate relative all’Iva proprio per quella cifra. Soldi che quindi non potranno essere sbloccati finché non si arriverà a quella firma, curiosamente non ancora giunta, nonostante l’accordo risalga all’estate scorsa e nonostante si stesse provando, nei mesi scorsi, ad approvare velocemente la manovra, salvo poi scongiurare questa operazione che si sarebbe tradotta in un autogol, e ricorrere invece all’esercizio provvisorio.
Dei 165 milioni, circa 90 sono iscritti direttamente in bilancio. Altri 70 milioni invece dovrebbero andare alle ex Province. L’accordo c’è. Ma senza quella firma, i deputati non possono approvare la manovra, salvo ricevere rassicurazioni dallo stesso governatore, che dovrebbe assumersi la responsabilità di quella “promessa”.
Ombre, che si aggiungono ad altre. Mancherebbe in bilancio, infatti, anche la certezza di poter contare su una posta che oscilla tra i 20 e 25 milioni di euro. Questa è legata a un’operazione prevista in Finanziaria: quella che dovrebbe portare la Regione al riacquisto dei beni ceduti, tra mille polemiche, tanti anni fa e nei quali la Regione è rientrata solo in affitto. L’operazione prevista nella legge di stabilità, dicevamo, prevede l’intervento del Fondo pensioni: è questo, tramite i soldi delle pensioni dei dipendenti pubblici, appunto, che dovrà costituire un Fondo nel quale confluirebbero gli immobili. Una mossa conveniente per la pubblica amministrazione, che riacquisterebbe gli edifici a un prezzo assai più basso rispetto al valore di quando li ha ceduti, potrebbe contare su un rendimento del Fondo maggiore rispetto a quello standard, e risparmierebbe ovviamente anche le spese per gli affitti.
Quegli immobili, oggi, appartengono alla Regione per una quota del 35 per cento. La cessione, quindi, dovrebbe portare nelle casse di Palazzo d’Orleans una cifra attorno ai venti milioni. Cosa c’è che non va in questo caso? Semplice: l’operazione può avvenire solo dopo il parere del Civ (il Comitato di indirizzo e vigilanza) del Fondo Pensioni, un organismo del quale, oltre ai rappresentanti della Regione, dovrebbero far parte ad esempio i sindacati. Ma quel comitato non è ancora stato nominato. Senza quello, niente cessione. Niente soldi. Quei venti, venticinque milioni virtuali che si aggiungono ai 165 milioni di Iva “fasulli”.